«Un secondo concorso in primavera e un bando ogni due anni»
Il sottosegretario all’Istruzione Marco Rossi Doria anticipa il lavoro sulla scuola: «Niente paura per gli insegnanti precari che perderanno il concorso: manterranno comunque il posto in graduatoria».
«La novità è che si torna ai concorsi in cui si vince o si perde. Rassicuro però sulle paure più diffuse: se sono precario e perdo, mantengo comunque il posto in graduatoria. L’idea è di dare una nuova occasione di concorso ogni due anni». Così il sottosegretario all’Istruzione Marco Rossi Doria a tempi.it. Che anticipa anche un’altra buona notizia per gli insegnanti: «Stiamo lavorando per realizzare un secondo concorso in primavera al quale potranno partecipare coloro che nel frattempo avranno terminato il Tfa».
Dopo 13 anni viene bandito per il 2013 un nuovo concorso per insegnanti. Le cifre che si leggono sui giornali sono queste: su 21 mila posti, 11.892 saranno assegnati tramite il concorso, i restanti attraverso le vecchie graduatorie. In più entro l’1 settembre 2012, 21 mila nuove persone saranno assunte: il 50 per cento scelto dalle graduatorie ad esaurimento per i supplenti e l’altro 50 per cento dalle graduatorie dei vecchi concorsi. Conferma?
Le cifre che posso confermare sono quelle relative al numero di assunzioni autorizzate dal Consiglio dei ministri. Sappiamo poi che la norma (legge n.124/99) prevede che il 50 per cento dei posti vengano banditi a concorso e il restante venga attinto dalle graduatorie. Ora i nostri uffici stanno lavorando per definire ogni dettaglio, dalla suddivisione di questi posti dal punto di vista territoriale, dell’ordine di scuola e della classe di concorso. Dobbiamo fare presto e bene.
La Flc-Cgil, attraverso il suo segretario generale, Pantaleo, chiede «chiarezza sulle modalità e i destinatari del bando per evitare che questo reclutamento avvenga a scapito dei precari»: come state lavorando al ministero per tutelare i precari?
C’è grande attenzione e rispetto verso i tantissimi insegnanti precari che da anni consentono alle scuole di lavorare e che sanno fare bene e con grande professionalità il loro mestiere. Noi questa situazione l’abbiamo ereditata. L’intento del ministro Profumo è quello di impostare le cose in modo che vada a regime un nuovo sistema di reclutamento periodico, regolare, senza nuove liste d’attesa. Voglio dire con grande chiarezza che al concorso potranno accedere tutti gli abilitati all’insegnamento, dunque anche i precari iscritti in graduatoria. La vera novità è che si torna a concorsi in cui si vince o si perde. È una svolta molto positiva. Comunque, possiamo rassicurare sulle paure più diffuse: se sono precario e perdo, mantengo comunque il posto in graduatoria. L’idea è di dare una nuova occasione di concorso ogni due anni e di esaurire le graduatorie nel giro di qualche anno ancora. Dunque non soltanto non stiamo danneggiando i precari, ma stiamo dando loro opportunità in più attraverso un concorso.
Mariastella Gelminiha accolto bene la notizia, aggiungendo però che forse si sarebbe potuto attendere la conclusione del primo ciclo di Tfa, per consentire anche a loro di partecipare al concorso. Cosa risponde?
Stiamo lavorando per realizzare un secondo concorso in primavera al quale potranno partecipare anche coloro che supereranno questo primo Tfa. La tempistica ce lo consente. Non avremmo potuto, invece, esentare dal requisito dell’abilitazione una parte dei candidati. Accolgo comunque la preoccupazione che arriva da più parti e soprattutto da moltissimi ragazzi: dare garanzie ai ventenni che si laureano di abilitarsi e di partecipare a un concorso. Questo è essenziale per garantire anche le nuove generazioni e consentire loro di accedere a scuola presto: io sono entrato in classe a 21 anni e so bene quanto conti non solo l’esperienza, ma anche l’entusiasmo e la freschezza in questo mestiere complesso. Dobbiamo riuscire a mescolare esperienze, età e storie di vita diverse nei gruppi docenti dei prossimi anni. Teniamo presente, comunque, che anche con il primo concorso previsto in autunno potranno partecipare candidati che si sono abilitati con le Ssis, che hanno magari 30-35 anni. Una bella boccata d’ossigeno, visto che l’età media dei nostri docenti è attualmente ferma oltre i 50 anni.
Si è molto discusso, nell’ambiente della scuola, del reclutamento diretto. Come giudica questa opzione?
È una discussione che esiste e che spesso è stata travolta da un po’ troppo furore ideologico, in un senso e nell’altro. Come dimostra la scelta del ministro Profumo sui concorsi, non è assolutamente all’ordine del giorno di questo governo. Siamo di passaggio, restano pochi mesi e sulla scuola si è legiferato anche troppo negli ultimi vent’anni. Ora siamo concentrati sulla riparazione dei guasti maggiori per dare stabilità al sistema-scuola. Sono molto contento del fatto che questo nostro approccio abbia trovato riscontri positivi nelle forze politiche, che oggi riescono più che in altre fasi a ragionare insieme a noi sul merito delle questioni, sottraendo un po’ il tema educativo alla lotta politica e partitica. I passi in avanti avvenuti in Parlamento, che hanno portato a un primo accordo sulla proposta di legge sulla governance, dimostrino una ritrovata capacità di dialogo fra le forze politiche.
Il ministro Profumo ha stanziato 14 milioni di euro solo per il 2012 per finanziare gli Istituti di formazione secondaria: può darci qualche dato sugli Its, e spiegarci perché è importante e “strategico” il finanziamento di una formazione alternativa a quella universitaria classica?
Il lavoro di rilancio degli Its che il ministro Profumo ha svolto, insieme alla mia collega Elena Ugolini, ha grande importanza, anche perché è ormai da diversi anni che c’è consenso unanime e trasversale sul ruolo di questi istituti superiori. Elena ha svolto un lavoro di mappatura delle filiere produttive dei vari territori, si sta cercando di legare la rete degli Its al sistema delle imprese e dell’artigianato. È qualcosa di strategico, perché può aiutare, tra le altre cose, a colmare i divari tra Nord e Sud dal punto di vista della formazione professionale. Anche la lotta alla dispersione scolastica ne può trarre giovamento. L’Italia da questo punto di vista è un po’ particolare: ha interiorizzato molto tempo fa la convinzione della nobiltà del sapere teorico-umanistico e non riesce ancora del tutto a liberarsi da questa visione. Personalmente, io da anni penso molto diversamente e mi sono molto occupato del “saper fare” che è essenziale per ogni Paese che voglia crescere. Portare il “saper fare” in tutte le scuole italiane, avere scuole in cui si impara tanto e seriamente in laboratorio e “in situazione”, dare agli studenti occasione di imparare un mestiere e specializzarsi sono tutte cose che arricchiscono la cultura di un Paese. Ecco perché gli Its sono un tassello importante ed ecco perché a mio avviso l’operazione avrà successo.
da TEMPI