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Un condensatore che non intimorisce più nessuno

La fisica alla prova della maturità. Per la prima volta compare nella prova scritta, tuttavia vi sono stati precedenti.

21/06/2019
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il manifesto

di Andrea Capocci

Alla fine, il mostro non era poi così brutto. La prova scritta di matematica e fisica, la prima nella storia recente della maturità liceale, si è rivelata piuttosto prevedibile. Certo, misurarsi con una prova sul programma degli ultimi tre anni in due materie tra le più temibili non era una passeggiata. Ma gli esperti del ministero che hanno preparato le prove scritte stavolta hanno frenato la loro immaginazione: ai classici esercizi di matematica del quinto anno (studi di funzione, una spruzzata di calcolo delle probabilità, un pizzico di geometria analitica) sono stati aggiunti quesiti di fisica piuttosto semplici, in cui la memorizzazione delle formule si è rivelata più utile del ragionamento. Niente a che vedere con le ultime maturità scientifiche, che se non altro brillavano per inventiva: la «bici a ruote quadrate» del 2017 è ancora nella memoria di insegnanti e alunni come una macchina leggendaria degna di Harry Potter o Leonardo da Vinci.
In realtà la presenza della fisica alla maturità era stata largamente anticipata e, un po’ come lo spread, il suo destino si è legato ai saliscendi dei governi. Due anni fa, la fisica all’esame di stato doveva rappresentare il vessillo del nuovismo della «buona scuola» renziana. Molti docenti, soprattutto quelli laureati in matematica, non apprezzarono e proprio alla rottura con il mondo della scuola fu imputato il declino della leadership di Renzi.
Perciò, l’arrivo della paciosa Valeria Fedeli al ministero coincise con un rapido dietrofront acchiappa-consensi: via la fisica dalla maturità, nonostante le simulazioni già svolte. Il ministro leghista Bussetti ha scelto, se possibile, una posizione ancor più cerchiobottista: sì alla fisica all’esame di stato, ma insieme alla matematica e senza creare troppo disturbo agli insegnanti. I quali, per la verità, sono apparsi molto meno in difficoltà dei ministri. Anche perché sono cambiati pure loro, nel frattempo. Fino a qualche decennio fa in cattedra c’erano sopratutto laureati (più spesso laureate) in matematica, spesso con poca dimestichezza con la relatività di Einstein o le equazioni di Maxwell, mentre per i fisici, lo sbocco naturale era la carriera accademica.
Oggi, complici i tagli e la dilagante precarietà della ricerca scientifica, sono aumentati docenti laureati in fisica. E un condensatore alla maturità non fa più paura a nessuno.


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