ItaliaOggi
Carlo Forte e Alessandra Ricciardi
Chiamata diretta a piacere o con regole tassative. Intorno a questi estremi si svolge oggi a viale Trastevere l'incontro politico tra i rappresentanti dei sindacati e del ministero dell'istruzione. Le organizzazioni sindacali insistono sulla necessità di introdurre regole tassative che prevengano arbitri ed uso eccessivo di criteri basati sul mero gradimento personale nella scelta dei docenti da parte dei dirigenti scolastici.
L'amministrazione, invece, ribadisce la necessità di garantire l'autonomia di scelta dei dirigenti scolastici in base all'offerta formativa delle propria scuola e a fronte dei curriculum dei candidati. Senza punteggi e graduatorie. La posta in gioco è molto alta: il sereno avvio dell'anno scolastico con i docenti in cattedra e senza strascichi a livello di contenzioso. E andrebbe risolta al tavolo negoziale. Perché nel contratto sulla mobilità è previsto che la materia debba essere regolata con un contratto integrativo. Più precisamente, con una sequenza contrattuale. La questione riguarda non solo la mobilità annuale, ma anche e soprattutto l'assegnazione agli ambiti dei neoimmessi in ruolo e dei soprannumerari. La legge 107, in materia di chiamata diretta parla di «proposte», ma in realtà si tratta di nomine di durata triennale. Perché il docente fatto oggetto della proposta non ha titolo a rifiutarla. A meno che non ne abbia ricevuta anche un'altra, contemporaneamente. Nel qual caso ha titolo a scegliere tra le due. I sindacati ritengono che la materia andrebbe regolata tramite la previa assegnazione di punteggi e con la compilazione di graduatorie: una sorta di concorso per titoli. L'amministrazione, invece, è ferma sul criterio dell'ultimam parola da parte del dirigente scolastico. Se dovesse prevalere la tesi dell'amministrazione, i dirigenti risulterebbero esposti al rischio della responsabilità penale. Ipotesi impossibile a verificarsi se l'intera materia venisse contrattualizzata, accogliendo la tesi dei sindacati, visto che la responsabilità penale, scatta solo quando vengano violate le norme di legge e non per i meri inadempimenti contrattuali.
Oggettivizzare la scelta della scuola servirebbe, tra l'altro, anche ad assicurare l'imparzialità e il buon andamento della scuola. In verità, al Miur fanno notare come il «problema» della scelta sarà assai limitato: dai 50 mila ai 70 mila, tra neossaunti e docenti della mobilità che finiscono su ambito e non su scuola. Per molte classi di concorso, poi, il preside dovrà accogliere le autocandidature che saranno appena sufficienti a coprire il fabbisogno. L'ipotesi di scelta, dunque, sarà residuale, neanche una decina di prof per un istituto di medie dimensioni. I criteri di scelta hanno senso, a questo punto, ma senza annullare ogni margine di autonomia del dirigente. Della chiamata diretta voluta da Matteo Renzi a quel punto resterebbe poco.