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Notizie, commenti e indiscrezioni sul mondo della scuola. La newsletter settimanale di Tuttoscuola, la rivista per insegnanti, genitori e studenti. https://www.tuttoscuola.com...
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N. 80, 9 dicembre 2002
SOMMARIO
1. Moratti e Tremonti non si parlano. E intanto il decreto taglia.
2. Gli effetti dirompenti dei tagli di Tremonti
3. Gli irriducibili dello spoils system/1
4. Gli irriducibili dello spoils system/2
5. Anticipi: cosa succedera' per il prossimo anno?
6. A scuola a luglio? L'ipotesi accademica di Bertagna
7. A gennaio andranno in pensione circa 10 mila docenti
8. Italia e Ocse: i titoli di studio che non rendono
9. Insegnanti di sostegno: quando la legge e' ipocrita
10. Crisi della scuola. Per il "Secolo d'Italia" la colpa e' dei prof
sessantottini
11. Un convegno nazionale dello SDI
1. Moratti e Tremonti non si parlano. E intanto il decreto taglia.
Tagli alle spese per il funzionamento amministrativo delle scuole (e
dello stesso ministero dell'istruzione, che avra' difficolta' a pagare
persino le "missioni" dei suoi funzionari); soldi in meno anche per la
sicurezza degli istituti e per i capitoli piu' orientati verso la
logica dell'investimento in qualita' e innovazione: le spese per la
formazione dei docenti, e quelle per la formazione tecnica superiore,
per l'obbligo formativo e l'educazione degli adulti.
Ecco sul piatto le principali conseguenze del decreto taglia-spese
gia' approvato dal Governo e che ora diventa realta' contabile per la
scuola.
Ma e' mai possibile - si domanda l'addetto ai lavori del mondo
scolastico - che nel Consiglio dei ministri che ha dato il via libera
al decreto taglia-spese e durante la sua approvazione in Parlamento
nessun ministro o sottosegretario abbia valutato con prontezza le
conseguenze della misura? E che nessuno da viale Trastevere abbia
avvertito l'esigenza di attivarsi per rappresentare al ministero
dell'economia i "guasti" che avrebbe prodotto il decreto sul
funzionamento della scuola?
La comunicazione in Consiglio dei ministri non deve essere facile.
Anzi, nel caso dei ministri Tremonti e Moratti, sembra proprio che non
ci sia. Vero che il DM pubblicato lo scorso 29 novembre era in
sostanza un atto dovuto: resta tuttavia singolare che tra i due
ministri non ci sia stato, prima di quella data, un confronto di
merito sulle sue dirette conseguenze, in particolare sulle specifiche
voci da "tagliare".
E' vero che anche altri ministeri hanno ricevuti drastici tagli, a
partire dallo stesso ministero dell'economia guidato da Tremonti
(3.635 milioni di euro sul totale di 9.890), seguito dal ministero
della difesa (1.166) e poi dal Miur (1.034). Mal comune mezzo gaudio?
Nient'affatto. La rigidita' del bilancio dell'istruzione, fatto quasi
per intero di spese correnti e obbligatorie (in gran parte stipendi),
rende pesantissimo il vincolo imposto dal Tesoro.
Il coro di proteste che ne e' scaturito ha indotto il Governo -
secondo quanto dichiarato dal ministro Giovanardi - a ritornare sulla
questione. Mercoledi' prossimo il Consiglio dei ministri dovrebbe
discutere delle voci di bilancio che non possono essere toccate, e non
e' escluso che la "bomba-istruzione" possa trovare una risposta nella
Finanziaria. C'e' da augurarselo vivamente.
2. Gli effetti dirompenti dei tagli di Tremonti
Ma quali sono gli effetti dei tagli decisi dal ministro Tremonti
(decreto 29 novembre 2002, attuativo del decreto legge 194/2002) sul
bilancio di questo esercizio 2002? La scuola se ne sta gradualmente, e
con crescente preoccupazione, rendendo conto.
Tagli che valgono complessivamente in termini di impegni 805,4 milioni
di euro e in termini di pagamenti 1.034,5 milioni di euro (oltre
duemila miliardi delle vecchie lire). E non si tratta di riduzione
delle previsioni di finanziamento per il prossimo anno, per cui ci
sarebbe modo di prepararsi e assestare le previsioni, ma di interventi
sulla gestione del 2002 in chiusura, su risorse gia' assegnate ma non
ancora accreditate, cioe' annunciate ma non trasferite alle scuole.
In molti casi il ministero aveva gia' accreditato i finanziamenti in
base ai vari capitoli del bilancio, ma il decreto Tremonti ha
congelato tutto sulle tesorerie provinciali. Somme che le istituzioni
scolastiche per lo piu' avevano gia' impegnato, con acquisti gia'
fatturati.
I fornitori dovranno ora attendere il prossimo anno (a meno di azioni
legali), e le scuole dovranno fare variazioni di bilancio con qualche
problema di pareggio.
I guai peggiori riguardano forse il settore privato: le scuole
paritarie, a cui poche settimane fa, dopo una lunga attesa, erano
stati assicurati gli stanziamenti dovuti per effetto della legge sulla
parita', si vedono privare di un finanziamento vitale per la loro
sopravvivenza.
Un dirigente della Fism, l'associazione delle scuole materne, ha
stimato in circa 24 milioni di vecchie lire per sezione il
taglio-Tremonti, con effetti pesantissimi sul bilancio e sul pagamento
degli stipendi degli insegnanti, a questo punto da gennaio a rischio.
Una situazione critica non attenuata - se non in prospettiva -
dall'emendamento in Finanziaria proposto dalla Commissione bilancio
per un bonus per le famiglie (anche in forma di credito d'imposta) che
iscrivono i figli a scuole paritarie, che produrrebbe effetti per la
scuole, Tremonti permettendo, tra un anno e piu'. Una misura figlia di
un impegno elettorale della Casa delle liberta', attuata peraltro in
un contesto ben lontano per la scuola da quello prospettato un anno e
mezzo fa (tre "i" e via dicendo).
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3. Gli irriducibili dello spoils system/1
Sembrava gia' affidata agli archivi la storia dei direttori generali
degli uffici scolastici regionali rimossi dal loro incarico per
effetto della legge Frattini. Ma non e' cosi'.
A riaccendere le polveri e' stato questa volta Giorgio Rembado,
presidente dell'Anp che nella relazione congressuale (
https://www.tuttoscuola.com/ts_news_80-1.doc ) dell'Associazione ha
parlato di "rimozione sulla base della tessera, anziche' a seguito
della verifica delle capacita' dirigenziali", evidenziando l'effetto
di precarizzazione che si e' riversato ora sui direttori generali del
MIUR nominati per soli cinque mesi.
Intanto i direttori generali rimossi non sono rimasti inerti. Bruno
Forte, gia' direttore del Friuli Venezia Giulia (ed ex presidente
dell'Aimc), ha lasciato del tutto l'amministrazione scolastica per
occuparsi di questioni formative per la Regione friulana. Gli altri,
forse in attesa di qualche nuova prospettiva, hanno deciso di
ricorrere contro il decreto del ministro che li ha collocati a
disposizione per studio e ricerche.
Ma quali possibilita' di successo hanno questi "irriducibili dello
spoils system"?
4. Gli irriducibili dello spoils system/2
Esclusa la possibilita' di ottenere, per ovvii motivi, un risultato
positivo in sede di conciliazione obbligatoria, i ricorrenti non
possono sperare nella sospensiva del provvedimento di mancata
conferma, che non rientra tra i poteri del giudice del lavoro.
Punterebbero invece a ottenere il risarcimento patrimoniale per il
danno subito a causa del mancato rispetto da parte
dell'amministrazione del contratto bilaterale di durata quinquennale.
A proposito, il ministro Moratti, che in varie occasioni ha sostenuto
la necessita' di eliminare gli sprechi, come concilia quest'obiettivo
con l'aver disposto spese per incarichi di studio che comportano un
maggior onere di almeno un milione e mezzo di euro? Seguira' questa
logica anche riguardo allo spoils system che si appresta ad attuare
per i dirigenti di seconda fascia?
Rispetto ai vuoti di organico che si registrano nella dirigenza
amministrativa e tecnica apparirebbe auspicabile il ricorso alla
selezione ordinaria, come ha piu' volte detto lo stesso Presidente
della Repubblica (si veda anche TuttoscuolaNEWS n.75 del 6 novembre).
E che su questo tema stia salendo nel Paese l'attenzione lo dimostrano
le recenti dichiarazioni di personaggi autorevoli come Giuseppe De
Rita, che ha parlato con preoccupazione del diffondersi di "una
cultura di corte" e Luca di Montezemolo, secondo il quale "mai come in
questo momento siamo di fronte a una crisi di classe dirigente del
nostro paese".
5. Anticipi: cosa succedera' per il prossimo anno?
Mancano poche settimane all'apertura delle iscrizioni per l'anno
scolastico 2003-2004, prevista a gennaio. E con le iscrizioni ritorna
il ritornello: anticipo si', o anticipo no? A quale modello di scuola
ci si potra' iscrivere, alla nuova scuola della Moratti o a quella
attuale?
Una cosa e' probabile: al disegno di legge di riforma gia' passato al
Senato e ora all'esame della Camera verranno introdotti emendamenti e
ci sara' bisogno di un successivo passaggio al Senato. In ogni modo
non sara' approvato in tempo utile per le prossime iscrizioni
scolastiche. I genitori che puntano sull'anticipo di iscrizione non
potranno percio' contare sulla legge e, quindi, non potranno avanzare
richiesta. A gennaio.
Ma se la legge, come tutto fa pensare (devolution permettendo), sara'
approvata nei prossimi mesi, un primo effetto applicativo sara'
proprio nella possibilita' di iscriversi in anticipo alla scuola
dell'infanzia o alla prima classe elementare.
I finanziamenti per questa operazione - a meno di modifiche da parte
di Montecitorio - sono gia' previsti nel disegno di legge, compreso il
2003-04. Potranno quindi essere assunti nuovi insegnanti da assegnare
alle classi costituite per effetto dell'eventuale aumento di iscritti.
La riforma nel suo complesso puo' anche ritardare l'avvio, ma
l'anticipo di iscrizione puo' invece avvenire ugualmente, perche' e'
di fatto indipendente. Con tutta probabilita' il MIUR potra' riaprire
entro settembre 2003 le iscrizioni per gli anticipatari e consentire,
questa volta come accoglimento di un diritto sancito dalla legge,
l'ammissione anticipata alla frequenza di chi compie tre o sei anni
entro il 28 febbraio 2004.
Per la cronaca, nelle 251 istituzioni scolastiche che stanno
attualmente sperimentando la riforma, gli anticipi sono stati circa
2.700 tra infanzia e prima elementare, pari a circa l'11% degli
iscritti alle classi sperimentali. E a proposito di sperimentazione,
uno degli aspetti sui quali e' bene che si soffermi il monitoraggio in
corso, e' su come stanno interagendo gli enti locali coinvolti: in
questo senso, con la devolution gia' alla prima approvazione
parlamentare, il progetto sperimentale puo' rappresentare un test
molto importante.
6. A scuola a luglio? L'ipotesi accademica di Bertagna
Il calendario delle attivita' scolastiche potrebbe essere anticipato
all'inizio di settembre e prolungato fino a luglio inoltrato.
L'ipotesi, per quanto accademica, non e' nostra, ma e' formulata - lo
sottolineiamo, a titolo privato - dal prof. Giuseppe Bertagna,
consulente di punta del ministro Moratti in materia di riforma.
Capiamoci: le "Indicazioni" nazionali per la scuola dell'infanzia,
dell'elementare e della scuola media (quest'ultime nelle bozze
circolate) definiscono gli orari di lezione, ma non prendono in
considerazione il calendario scolastico.
Solamente per la scuola dell'infanzia, dalla comparazione tra monte
ore annue definite nelle Indicazioni (1000, 1300, 1660 oppure 1800) e
ipotesi organizzative, si deduce che, pur non esplicitata, c'e' un
quantificazione di 40 settimane di attivita' (cfr. TuttoscuolaNEWS n.
76 dell'11 novembre). Il che comporterebbe un anticipo e/o un
prolungamento dell'attuale calendario delle attivita' dall'inizio di
settembre a luglio inoltrato.
Lo stesso Bertagna non ha detto nulla, nella sua qualita' di
consulente ministeriale, sulla questione calendario scolastico. Ma a
titolo privato, in "Voce della scuola 2003", a cura di G. Cerini e M.
Spinosi, editrice Tecnodid, pag. 247, il prof. Bertagna si esprime
chiaramente sull'argomento affermando che ".puo' essere
produttivo..distribuire gli almeno 200 giorni di scuola nei quali
svolgere le ore annuali obbligatorie . non da settembre ai primi di
giugno, ma da settembre alla meta' di luglio. In questa maniera ogni
istituzione scolastica . potra' distribuire il monte ore annuale delle
lezioni in base alle esigenze di apprendimento degli allievi, ai
risultati finali da raggiungere e alle esigenze avanzate dalle
famiglie e dal territorio.".
Se una simile proposta venisse accolta, modificherebbe piani e
abitudini di vita delle famiglie e degli stessi insegnanti;
inciderebbe anche sull'organizzazione e sui costi dei servizi (mensa,
trasporti, supplenze) a carico degli enti locali. Anche se questa non
e' una proposta del ministero, sarebbe comunque interessante sapere
cosa ne pensano tutti gli interessati.
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7. A gennaio andranno in pensione circa 10 mila docenti
Un record negativo che non si verificava da decenni nella scuola:
secondo le stime del ministero dell'istruzione, dovrebbero essere solo
9.851 gli insegnanti che andranno in pensione dal prossimo anno.
Di questi, 3.338 lasceranno il servizio per raggiunti limiti di eta'
(65 anni) e non dovranno nemmeno presentare domanda di pensionamento,
a meno che, volendo rimanere in servizio per altri due anni, non
presentino apposita richiesta entro il 10 gennaio prossimo; termine
fissato anche per presentare eventuale domanda di pensione per chi ha
almeno 35 anni di anzianita' contributiva e non meno di 57 anni di
eta'.
Quei quasi 10 mila docenti pensionati sono la conferma di un trend al
ribasso che dura da almeno cinque anni, da quando cioe' nel 97/98
uscirono dall'ultima "finestra" prevista dalla riforma pensionistica
34.134 insegnanti.
Dal 2004-2005 i pensionamenti - se nel frattempo non vi saranno
riforme - torneranno a crescere, secondo le previsioni del MIUR:
saranno 11 mila nel 2004 e piu' di16 mila l'anno dopo.
Se il ridotto numero di pensionati della scuola puo' far piacere al
ministero dell'Economia, che avra' meno pensioni da pagare, lascia
pero' un po' delusi gli iscritti delle graduatorie permanenti che dai
posti lasciati liberi possono sperare nell'immissione in ruolo.
8. Italia e Ocse: i titoli di studio che non rendono
La differenza di stipendio tra laureati e diplomati in Italia e' la
piu' bassa tra i principali Paesi dell'Ocse. Ed e' sempre l'Italia a
far registrare anche la piu' alta differenza retributiva tra chi ha il
diploma e chi non ce l'ha.
Lo afferma il 36° Rapporto del Censis sulla situazione sociale del
Paese 2002, presentato venerdi' scorso, che qualcuno ha gia' chiamato
quello "della stagnazione" (
https://www.tuttoscuola.com/ts_news_80-2.doc ).
L'Ocse ha comparato, in ciascun Paese, le retribuzioni medie
complessive dei diplomati con quelle dei laureati, rilevandone la
differenza percentuale. L'Italia e' il Paese nel quale la differenza
retributiva e' piu' bassa: gli stipendi dei laureati sono il 27% piu'
alti di quelli dei diplomati. All'estremo opposto ci sono i laureati
USA con una differenza in piu' rispetto ai diplomati, pari al 72%.
La stessa comparazione e' stata fatta tra stipendi dei lavoratori
diplomati e quelli dei non diplomati. L'Italia si caratterizza
nuovamente in negativo rispetto agli altri Paesi dell'Ocse. Il non
diplomato, mediamente, percepisce infatti solo il 58% della
retribuzione di un diplomato.
In questo caso, all'estremo opposto c'e' la Svezia con una differenza
pari a 89 contro 100.
Si puo' trarre una conclusione, forse un po' sommaria ma
significativa: il diploma, in termini di costo/benefici, rende meglio
di qualsiasi altro titolo di studio utilizzato per il lavoro dagli
italiani tra i 25 e i 64 anni.
La differenza della retribuzione del diplomato rispetto a chi non ha
neanche quello e' di tutta evidenza, mentre nei confronti del laureato
il diplomato non sta poi tanto male. Viene da chiedersi: quel 27% in
piu' a favore di chi ha la laurea ripaga adeguatamente l'investimento
in costi e in tempi per laurearsi?
9. Insegnanti di sostegno: quando la legge e' ipocrita
A scanso di equivoci, vogliamo essere chiari: un docente di sostegno
ogni 138 alunni iscritti e' un criterio ipocrita che non regge piu'.
Riepiloghiamo la storia e spieghiamo perche'. Alcuni anni fa i posti
di sostegno per alunni handicappati venivano assegnati in modo
difforme sul territorio nazionale: vi era chi si atteneva quasi
scrupolosamente al rapporto 1 a 4 (un docente ogni 4 alunni portatori
di handicap) e chi aumentava questa condizione minima con integrazioni
debitamente documentate. La sperequazione tra provincia e provincia
era evidente.
Si decise di fissare un tetto uguale per tutti: un insegnante ogni 138
alunni frequentanti scuole statali in ciascuna provincia. Inoltre, per
non trasformare quel parametro (un mix tra statistico, politico e
contrattuale) in una specie di dogma, si consenti' una deroga
eccezionale in presenza di casi particolarmente gravi, nominando su
quei posti - per evitarne la stabilita' - docenti non di ruolo.
Quel che poi e' avvenuto lo sappiamo tutti: la deroga e' andata
crescendo di anno in anno, al punto che oggi su tre posti di sostegno
uno e' "provvisorio" in deroga, coperto da docente non di ruolo (con
compromissione della continuita' e della qualita' del servizio
educativo di sostegno).
Quest'anno gli alunni delle scuole italiane sono 7.629.950 che,
secondo il rapporto di 1 docente ogni 138 alunni, avrebbero dovuto
determinare automaticamente un organico di 55.289 sostegni.
Il MIUR, forse per contenere l'effetto deroga, ha limitato l'organico
del sostegno a soli 49.738 docenti, pari a 5.551 in meno di quel che
risulterebbe applicando il parametro, tutto virtuale, di 1 a 138. Ma
questo non e' bastato a contenere l'effetto deroga, visto che
complessivamente i docenti di sostegno sono diventati 74.626, un terzo
dei quali (24.888) appunto in deroga (
https://www.tuttoscuola.com/ts_news_80-3.doc ).
Il MIUR, dopo aver accusato le ASL di emettere certificazioni facili
che favoriscono la deroga, ha deciso di calmierare per legge la
"patologia", incaricando i direttori regionali di fungere da
sentinelle nell'autorizzazione dei posti fuori quota.
Domanda: e se si modificasse anche l'inapplicato e ipocrita
parametro-tabu' "1 a 138"?
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10. Crisi della scuola. Per il "Secolo d'Italia" la colpa e' dei prof
sessantottini
La linea di AN sulla politica scolastica appare talvolta ondeggiante,
tra atteggiamenti di conservatorismo responsabile e di efficientismo
minimalista da una parte e improvvise accelerazioni identitarie
dall'altra, come nel caso delle polemiche sulla storia, sui libri di
testo e sulle ipotesi di nuovi programmi elaborate dal Ministero in
vista dell'attuazione della riforma Moratti.
Ora il "Secolo d'Italia", che e' il quotidiano di riferimento di AN, e
non una qualsiasi testata indipendente che ospita le libere
"esternazioni" dei suoi lettori, apre un nuovo fronte, chiedendo che
l'"attenzione del governo, e in particolare del ministro della
Pubblica istruzione" (che peraltro non si chiama piu' cosi') si
"accentri" sugli insegnanti, che essendo "disgraziatamente in gran
parte di matrice sessantottina sono assai poco adatti ad educare.
Adatti, piuttosto, a diseducare". Testuale.
Lo spunto e' stato fornito a Luciano Garibaldi, che firma l'articolo,
da un editoriale di Gaspare Barbiellini Amidei, che pochi giorni prima
aveva lamentato, sul "Corriere della Sera", il fatto che in Italia si
studia troppo e male (ma sulla base di cifre inesatte: nella scuola
media italiana le lezioni durano 1000 ore, e non 1100). Troppe ore, e
in cattiva compagnia, sembra dire Garibaldi, perche' gli insegnanti
sessantottini "diseducano".
Se le parole hanno un senso, la sortita del "Secolo d'Italia" potrebbe
preludere ad una campagna per la rieducazione di massa degli
insegnanti. Oppure, in alternativa, per una forte riduzione
dell'orario: cosi' si potrebbe licenziare un congruo numero di
"sessantottini". Ci sbagliamo?
11. Un convegno nazionale dello SDI
I gruppi parlamentari dello SDI organizzano a Roma alla Residenza di
Ripetta (via di Ripetta 231, ore 10.30 del 14 dicembre 2002) una
giornata di dibattito sul tema "Scuola pubblica: diritto di
precedenza". La relazione introduttiva sara' tenuta dalla senatrice
Maria Rosaria Manieri, responsabile scuola dello SDI.
Il convegno fornira' l'occasione per misurare il grado di convergenza
trasversale su temi politicamente controversi come quello del doppio
canale (liceale e professionale) e del federalismo scolastico. Al
dibattito parteciperanno Giuseppe Bertagna, Luciano Benadusi, preside
della facolta' di Sociologia della Sapienza di Roma, Enzo Marzo,
Attilio Oliva, l'ex ministro Angelo Piazza e anche Benedetto
Vertecchi, gia' presidente del CEDE e ascoltato consigliere dei
ministri Berlinguer e De Mauro.
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