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Tuttoscuola: Ben 200 mila docenti cambiano sede. Con buona pace della continuità didattica

Il 19,4% di docenti è precario e il 12,8% sono docenti trasferiti da altra sede: 32,2% in tutto a livello nazionale

11/09/2007
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Tuttoscuola

Ma come si arriva a numeri così elevati? I conti sono presto fatti. Il 19,4% di docenti è precario e il 12,8% sono docenti trasferiti da altra sede: 32,2% in tutto a livello nazionale (nella scuola media; alle superiori si arriva al 31,3%). Ma ci sono province nelle quali si supera addirittura il 50% (Isernia 54,2%, La Spezia 52,2% sempre alla media, con il 49,3% alle superiori).
Quel 19% e più di docenti precari è formato da supplenti, nominati di anno in anno, quasi sempre su scuole diverse. L’anno scorso, come risulta dal "1° Rapporto sulla qualità nella scuola" di Tuttoscuola, che ha elaborato dati del Ministero della PI, era supplente annuo o fino al termine delle attività il 19,4% nella scuola media, il 20,3% nelle superiori, il 9% nella scuola primaria e dell’infanzia. Maestre, professori (ma vale anche per il personale amministrativo) costretti a girovagare tra le classi della provincia, o anche fuori, per anni.
Quest’anno quella percentuale si riduce un po’ grazie alle prime immissioni in ruolo del piano pluriennale, ma la sostanza non cambia perché in cattedra, almeno per ora, arriveranno nuovi docenti.
A questi precari o ex-precari si aggiungono i docenti che si avvalgono della possibilità offerta dalla normativa in vigore sulla mobilità interna di chiedere di essere trasferiti: 1 su 10, ogni anno.
Una girandola frenetica di movimenti territoriali (da sede a sede) e professionali (da cattedra a cattedra, da ruolo a ruolo) che caratterizza l’elefantiaco sistema di istruzione: nel complesso un esercito di oltre 200 mila docenti (ai quali si aggiungono circa 100 mila persone tra il personale tecnico-amministrativo), che ogni anno si sposta su e giù per l’Italia, si potrebbe dire "da poppa a prua e da prua a poppa".
Difficile immaginare un’azienda, o un comparto industriale o di servizi, con un "turnover" di personale così elevato. Fenomeno tanto più preoccupante se si considera che "il prodotto" in questione non riguarda beni o servizi, ma la formazione dei ragazzi, che si realizza giorno per giorno anche nel rapporto docente-discente.


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