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Tutti gli effetti indesiderati del Test INVALSI

è giusto mantenere un sano scetticismo sull’utilizzo di indicatori quantitativi su questioni cosi delicate

28/05/2011
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l'Unità

Giuseppe A. Veltri RICERCATORE

Di recente, Marco Simoni ha scritto su queste pagine in difesa dell’esercizio della valutazione delle scuole italiane al fine di intervenire dove necessario. Se da un lato sono d’accordo con il principio e non ritengo fondate gli attacchi al sistema dei test Invalsi sulla base di questioni di privacy, dall’altro è giusto mantenere un sano scetticismo sull’utilizzo di indicatori quantitativi su questioni cosi delicate. Questo perché i test per la valutazione delle scuole hanno una storia travagliata. Non si tratta solo di una questione di misurazione ma anche degli effetti non voluti che una misurazione può avere. Nel 1976 Donald Campbell, uno scienziato sociale sperimentale e autore di numerosi studi di metodologia, formulò quella che poi è stata ribattezzata come la «legge di Campbell ». Più che di una legge si tratta di un messaggio di precauzione indirizzato a chi utilizza indicatori quantitativi per prendere delle decisioni. Secondo Campbell, più un indicatore quantitativo sociale è utilizzato per prendere una decisione sociale e vincolante più esso è soggetto alle pressioni di corruzione da parte degli agenti coinvolti avendo come conseguenza che l’indicatore corromperà il fenomeno stesso che intendeva monitorare. L’esempio citato da Campbell è quello dell’uso dei test di valutazione per studenti utilizzati per giudicare la validità della loro scuola. Una rappresentazione narrativa della distorsione che questi test hanno prodotto è presente nella bellissima e molto realistica serie televisiva americana «The Wire». In alcuni episodi, un giovane insegnante in una scuola statale marginale viene introdotto al sistema dell’istruire gli studenti affinché possano passare il test senza preoccuparsi del resto delle attività educative. Tutte le risorse della scuola si concentrano sull’ottenere un buon risultato sacrificando le altre esigenze e il benessere degli studenti. Il messaggio che viene dalla lezione di Campbell è chiaro. Quando si ha a che fare degli indicatori quantitativi che devono monitorare un dato fenomeno sociale e allo stesso tempo esserne la base di valutazione delle attività di unsoggetto (individuale o collettivo), bisognerà tenere in considerazione il comportamento strategico del soggetto. La legge di Campbell, quindi, non è altro che l’espressione di una «corsa agli armamenti» tra i valutati e i valutatori, dove i dati quantitativi sono oggetto di manipolazioni per via della loro opacità e compressione di questioni spesso complesse. Fossi un genitore, uninsegnante o uno studente mi preoccuperei di soprattutto di questo aspetto.
 


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