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Turn over all'università. Il nuovo sistema premia l'ex ateneo della Carrozza

Più assunzioni al Nord, protesta il Centro Sud

22/10/2013
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La Stampa

Metà degli atenei italiani sono sul piede di guerra e gridano all’ingiustizia, l’altra metà festeggia e pensa alle assunzioni che potrà finalmente fare. È il risultato del Decreto Ministeriale approvato pochi giorni fa che ripartisce le risorse derivanti dai pensionamenti di ciascuna università, tenendo conto del vincolo del 20% al turn-over introdotto dal governo Monti nella spending review (per ogni 10 pensionati, due nuove assunzioni). Il decreto usa le risorse provenienti da tutte le università prelevando una quota consistente di risorse da alcune (in buona parte del Centro-Sud) per finanziare assunzioni di altre università (generalmente del Nord). Gli effetti sono riassunti in uno studio di Beniamino CappellettiMontano, ricercatore in scienze matematiche e informatiche dell’università di Cagliari, pubblicato ieri sul sito di informazione scientifica «Roars». Primo in classifica per risorse ottenute è il Sant’Anna di Pisa, dove Maria Chiara Carrozza era rettore prima di essere nominata ministra dell’Istruzione. Lo scorso anno i pensionamenti totali del Sant’Anna hanno prodotto 2,25 punti organico, e ora questa università si ritrova con 4,79 punti organico. Insomma, un turn-over del 212%, in tempi nei quali il turn-over in tutto il pubblico impiego (compresi università ed enti di ricerca) è al 20%. Il Sant’Anna, ogni 10 pensionati, ne potrà assumere più del doppio, 21, caso unico in tutta la pubblica amministrazione. In realtà le cifre del Sant’Anna sono molto evidenti in termini percentuali meno in valori assoluti perché si applicano su numeri non particolarmente alti. Diverso è il caso, ad esempio, del Politecnico di Milano che calcola l’ottimo risultato del 73% di turn over su una platea di professori molto più ampia. Ma fra i premiati ci sono la Normale di Pisa, Roma Tre, Parma, Bologna, Cà Foscari, il Politecnico di Torino e alcune università meridionali come Catanzaro, Sannio e Basilicata. A queste università vengono destinate risorse sottratte dai pensionamenti delle università meno fortunate che si ritrovano così con un turn-over ben al di sotto del 20%, e quindi con nuove assunzioni quasi azzerate. Tra gli atenei più «depredati » ci sono Roma La Sapienza, Napoli Federico II e Bari. Quest’ultima si è vista sottrarre ben 11 punti organico che in teoria dovrebbero equivalere a 22 nuovi ricercatori e che invece della decina di assunzioni che si aspettava di fare dovrà accontentarsi della metà. È la legge del merito, sostiene ilministero. Infatti tra i favoriti dalle nuove regole ci sono di sicuro i migliori atenei italiani ma nel frattempo gli altri protestano perché non vedono riconosciuti gli sforzi per risanare la situazione, che pure ci sono stati. Il Miur ricorda, comunque, di aver sbloccato per il 2014 il turnover dei ricercatori che sarà del 50%. Quest’anno però va così. In base ai criteri previsti nella spending review voluta dal governo Monti lo scorso agosto non esistono più i pensionamenti della Sapienza o di Milano Bicocca o diCa’ Foscari ma un unico data base di pensionamenti del sistema universitario italiano a cui attingere assegnando punti organico extra agli atenei con più alto valore di Isef, un indice calcolato in base all’indebitamento, alle spese per personale, le tasse universitarie e le cessazioni, a cui corrisponde un’eguale decurtazione di punti organico agli altri atenei (anche se questi ultimi sono anch’essi “atenei virtuosi”). Soprattutto non esiste più il tetto massimo previsto fino all’anno scorso che prevedeva che gli extra non potessero comunque andare oltre il 50% di quelli provenienti dai pensionamenti di quell’ateneo. Da quest’anno nessun filtro, nessuna protezione: chi è forte diventa più forte, chi è debole resta debole.


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