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Tre lezioni dal crollo dell'edificio all'Università Federico II di Napoli

Il commento di Domenico Pantaleo, Segretario Generale FLC CGIL, sull'HuffPost.

10/12/2015
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L'Huffington Post

I media, a ragione, titolano che a Napoli si è sfiorata la tragedia con il crollo del 9 dicembre di parte della Facoltà di Veterinaria dell'Università Federico II. Per un puro colpo di fortuna, le avvisaglie del cedimento delle strutture portanti dell'edificio sono state avvertite da un custode alle 5 del mattino, che così ha potuto diramare l'allarme e salvare, probabilmente, molte vite umane, perché il crollo definitivo si è poi verificato attorno alle 13.30.

Ciò che è noto è che il crollo è stato determinato dalla particolarità del sottosuolo di Napoli, una sorta di groviera, più volte denunciata dai geologi. Il presidente dell'ordine dei geologi, dopo il crollo a Veterinaria, denuncia: "È solo l'ultimo episodio di dissesto idrogeologico ed evidenzia quanto siamo ancora distanti da una vera pianificazione in materia di difesa del suolo e di gestione delle emergenze. I geologi conoscono bene la fragilità e le insidie del territorio napoletano - aggiunge - dove si sommano gli effetti dovuti alla miriade di cavità realizzate dall'uomo (per il prelievo di materiale tufaceo) all'inesistente manutenzione delle reti e delle condotte sotterranee e, non ultimo, all'abusivismo edilizio".

Se la denuncia dei geologi è vera, il crollo di Napoli assume il valore di una tragedia annunciata, evitata, grazie al cielo, ma annunciata. Quali lezioni possiamo trarre da questa vicenda? Ne elenco almeno tre, che cerco di articolare qui brevemente. La prima lezione: la tutela del patrimonio edilizio pubblico, e in particolare la messa in sicurezza degli edifici scolastici e universitari, non può essere affidata alla sorte, buona o cattiva. La denuncia dei geologi, ma in diversa misura, di ingegneri e di tanti specialisti, sull'assetto idrogeologico dell'Italia va presa con estrema serietà, dal governo e da tutte le istituzioni locali alle quali è affidata la responsabilità dei controlli e delle misure di prevenzione. La vicenda di Napoli insegna che quando vi è omissione dei controlli sulla struttura idrogeologica del Paese qualcosa di grave, qualche evento tragico, può accadere, da un momento all'altro. Vi è dunque una correlazione stretta tra la sciatteria e la superficialità con cui nel corso degli anni è stata affrontata la questione dell'assetto idrogeologico e le conseguenze devastanti su parte del patrimonio edilizio pubblico. Pertanto, non possiamo più far finta di nulla, e inaugurare finalmente una politica di investimenti pubblici massicci per il risanamento dell'assetto idrogeologico del Paese e con esso del patrimonio edilizio scolastico e universitario. Non possiamo permetterci catastrofi e tragedie per lassismo, o peggio per ragioni di bilancio. Questa è una priorità fondamentale.

La seconda lezione: fatte le debite differenze, questa vicenda ricorda quella del crollo della Casa dello studente durante il terremoto che colpì l'Aquila nella notte del 6 aprile del 2009, in cui morirono otto ragazzi e altri rimasero gravemente feriti. Il processo di primo grado contro tecnici e funzionari ha emesso una sentenza molto chiara di condanna per omicidio colposo plurimo e disastro colposo. Il legale delle 22 famiglie delle vittime, a commento della sentenza, Wania Della Vigna, disse: "La condanna degli imputati ha dimostrato che gli studenti non furono vittime del terremoto, che non fu evento eccezionale, ma di negligenza e superficialità". Quante di queste vicende possono accadere in Italia, per una o per l'altra ragione? Speriamo nessuna, ma supponiamo che potenzialmente e realisticamente ne potrebbero accadere altre, e in qualunque zona d'Italia. Perché qui entriamo nella grande questione italiana, una vera e propria zona d'ombra, quella del controllo sugli appalti e sui subappalti in materia di edilizia pubblica. La storia insegna che all'origine di tante tragedie vi è la rapacità di tante aziende che pretendono di fare profitti abbattendo i costi (le gare al massimo ribasso, ad esempio, andrebbero abolite tutte) con una drastica riduzione della qualità dei materiali di costruzione. Sembra una questione tecnica, ma non lo è, perché dentro questi profitti si annida anche e soprattutto gran parte del sistema corruttivo nazionale. L'intreccio tra sistema degli appalti, corruzione e mancata vigilanza su costruzioni e ristrutturazioni è all'origine di tante tragedie. È il caso non solo di aprire un dibattito pubblico, ma anche di agire legislativamente.

La terza lezione: tempo fa, il premier Renzi aveva annunciato, con squilli di tromba e grancassa mediatica, che avrebbe messo al centro della sua azione di governo l'edilizia scolastica, con più investimenti pubblici e più impegni. Temiamo, purtroppo, che si sia trattato di mera propaganda, perché le risorse investite nel piano per l'edilizia scolastica sono ancora del tutto insufficienti per mettere in sicurezza tutti gli edifici, e addirittura per l'edilizia universitaria si è scelta, con l'articolo 33 di questa legge Stabilità, la restituzione dei fondi per la ristrutturazione degli edifici non spesi nel 2014. È evidente che si tratti di un articolo da cancellare subito, per restituire agli Atenei le risorse necessarie per garantire sicurezza a studenti e a lavoratori universitari, alle loro famiglie, e a noi tutti. Invece, andrebbe assunto il consiglio che perviene proprio dal presidente dell'Ordine dei geologi: "Non possiamo non denunciare l'assenza di provvedimenti legislativi che impongano l'adozione del Fascicolo del fabbricato, l'unico strumento che potrebbe farci conoscere il reale stato di salute degli edifici, l'equivalente del libretto pediatrico per un bambino, il posto cioè dove vengono segnati i controlli e i monitoraggi, le malattie e le cure, le ricadute, ecc., tra l'altro fondamentale in un paese ad elevato rischio sismico come l'Italia". E se intanto partissimo da qui?


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