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Tfr, stop alla ritenuta degli statali

Il Consiglio dei ministri si adegua a quanto stabilito dalla Corte Costituzionale. VIA LIBERA ALLA RESTITUZIONE DEL 2,5% DELLA LIQUIDAZIONE AI DIPENDENTI PUBBLICI ASSUNTI PRIMA DEL 2001

27/10/2012
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La Stampa

FRANCESCO GRIGNETTI ROMA

Il palazzo della Consulta a Roma, sede della Corte Costituzionale

Tremonti era stato impietoso, con le sue ultime Finanziarie. Tra le altre cose, aveva colpito le liquidazioni dei pubblici dipendenti, prevedendo una “rivalsa” a carico dei dipendenti pari al 2,5% della base contributiva. In pratica Tremonti aveva cambiato d’autorità i conteggi del Tfr. E ogni dipendente pubblico ci rimetteva in media 1000 euro. È intervenuta però la Corte Costituzionale, qualche giorno fa, a dichiarare illegittima questa norma.

Ieri il governo ne ha dovuto prendere atto, licenziando un decreto legge e annunciando un prossimo dpcm (un decreto della presidenza del consiglio dei ministri) che riguarderà la restituzione delle somme trattenute ai dipendenti, come magistrati e alti dirigenti ministeriali, che s’erano visti trattenere il 5% o il 10% dello stipendio a seconda se il lordo superava i 90 o i 150mila euro. Quest’ultimo dpcm è atteso nel giro di due o tre mesi al massimo; prevederà una spesa di circa 300 milioni di euro e sarà finanziato con tagli ai ministeri.

Il decreto legge dà attuazione a quanto prescrive la sentenza 223 della Consulta, la quale ha cancellato, come detto, il taglio nei conteggi delle liquidazioni. La soluzione del governo Monti è il ritorno per i dipendenti pubblici interessati (ossia tutti quelli assunti prima del 2001) al cosiddetto Trattamento di Fine Servizio, che indubbiamente prevedeva conteggi migliori di quelli attuali del Trattamento di Fine Rapporto. E intanto qualche amministrazione (ad esempio il Dipartimento della pubblica sicurezza, ma anche Arma dei carabinieri e Gdf) aveva già annunciato con circolari che a partire da novembre si sarebbe tornati all’antico.

Ristabilendo le norme precedenti, insomma, lo Stato restituirà a suoi dipendenti quanto è stato tolto dal gennaio 2011 a oggi. Al momento di andare in pensione, la liquidazione sarà calcolata come se quel taglio non fosse mai avvenuto. Ed è stato stimato che questo ripristino delle vecchie norme costerà 3,8 miliardi al bilancio dello Stato. Ciò non significa però che il governo dovrà trovare su due piedi l’intera cifra: la gran parte della restituzione è un problema del futuro. Anche se poi esiste un problema fiscale, a cascata, di non facile risoluzione, perché l’imponibile di questi lavoratori era stato decurtato ingiustamente e se ora dev’essere sospesa la “rivalsa”, a restituirla cambierebbero anche i conteggi delle imposte del 2011 e 2012.

La Cgil, che non aveva mai digerito quell’intervento di Tremonti, ieri non ha mancato di polemizzare. «I tecnici che allora decisero il provvedimento sulla trattenuta del Tfr per i dipendenti pubblici sono gli stessi che adesso sono costretti a fare marcia indietro. Possibile quindi che «questi tecnici rimangono, ora come allora, sempre al loro posto?», si chiede il responsabile dei Servizi pubblici della Cgil nazionale, Michele Gentile. «Quando nel 2010 si fece l’operazione sul trattamento di fine servizio dei dipendenti pubblici, giudicato recentemente incostituzionale dalla Corte costituzionale, dicemmo allora che era frettolosa, sommaria, superficiale e di dubbia legittimità», ricorda. E ora? «I tecnici che allora la compilarono, giudicandola legittima, sono gli stessi che oggi sono costretti ad una clamorosa retromarcia, provvedendo alla sua cancellazione. Occorre leggere bene il decreto legge varato in tutta fretta dal governo ma con tutta evidenza appare una autocritica ad una norma sbagliata. Ma la domanda è: possibile che i tecnici, ora come allora, rimangono sempre al loro posto?».

 


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