Terremoto, gli scienziati precari a guardia della fragile Italia
In Italia anche i guardiani dei terremoti, scienziati di elevatissima professionalità, sono a tempo determinato. A dimostrarlo sono i dati forniti da un gruppo di lavoratori dell’Ingv (Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia) l’unico ente di ricerca dimenticato nell’ondata di stabilizzazioni che fu del governo Prodi (Finanziaria 2007/2008). Da quel momento è cresciuta la necessità di incamerare personale proveniente dall’altrettanto incerto mondo universitario. Oggi, su quasi mille lavoratori, il 30% è precario. Anche da più di dieci anni. Chi può, dopo che lo Stato ha investito anche sino a 500mila euro per la formazione di uno dei propri scienziati senza fornire certezze per il futuro, se ne va all’estero ad ingrossare le fila della «concorrenza». Chi resta continua a lavorare a testa bassa, certamente non strapagato, con il sogno di una stabilizzazione e nella speranza che l’Italia si renda conto che senza valorizzare la ricerca- quella con la «erre» maiuscola - non si progredisce culturalmente ed economicamente.
I terremoti e la prevenzione
Nella mente di tutti, con prepotenza, si stagliano da mesi le immagini devastanti dei terremoti. Le cronache mettono in risalto gli sforzi sovrumani dei soccorritori, lo scoramento delle amministrazioni, lo strazio del lutto, e non si ci sofferma quasi mai sul vero cuore del problema. Ovvero sulla necessità che il Paese cambi passo in tema di prevenzione. E’ in questo ambito dovrebbe mettere in campo tutte le risorse possibili affinchè chi si occupa d studiare i fenomeni naturali (compresi il monitoraggio vulcanico e ambientale) con l’insostituibile lavoro di monitoraggio e ricerca, possa offrire spunti di riflessione, elementi risolutivi per una gestione migliore del territorio da parte del governo centrale e di quelli locali, così da minimizzare l’impatto delle emergenze.
Precari Ingv, lo scenario italiano
Al primo grado delle catena di montaggio del nostro fragile Stivale ci sono sicuramente loro: i guardiani di terremoti che lavorano sempre più intensamente negli ultimi anni, da quando (almeno dal sisma aquilano del 2009) l’Italia ha preso maggiore consapevolezza del fenomeno. Al prezzo di centinaia di vittime, e con il controcanto di una informazione che ci fa vivere tutto in diretta. Oggi è scontato, per chi vive a Bolzano, sbirciare su Twitter e accorgersi che la terra si è mossa in Sicilia. Ma spesso dimentichiamo come i dati che sempre più spesso compulsiamo dai nostri smartphone siano il frutto di un lavoro non solo meccanico, ma soprattutto umano. E’ la missione, questa, dell’Ingv, il più grande ente europeo che si occupa di ricerca in Geofisica e Vulcanologia, con importanti sedi a Milano, Bologna, Pisa, Napoli, Catania e Palermo oltre al quartier generale di Roma. In tutto vi lavorano 936 persone, per una percentuale di precari mediamente al 30%, con punte del 40 nella sede di Bologna, o del 64% proprio a L’Aquila, dove su 17 persone, 11 sono a tempo determinato. Tra le sedi italiane, quella con minor precariato è Napoli: 114 persone con solo 13 a scadenza, vale a dire l’11,4%. A Palermo, invece, su 56 impiegati, ci sono 13 persone a tempo determinato oltre a 6 assegnisti: in tutto 19 precari pari al 33%. Anche Roma conferma la tendenza: 525 addetti con ben 116 precari (117 assunti a tempo determinato e 49 assegnisti) a formare la platea del 31,6% di lavoratori il cui contratto è sempre in scadenza.
Ora anche il monitoraggio tsunami
Geologi, fisici, ingegneri, chimici e scienziati della terra: la rosa delle discipline in cui vengono annoverati sia il titolare dell’assegno di ricerca sia il contratto a tempo determinato vero e proprio, ci porta ad un saldo finale poco consono all’importanza che Ingv riveste. Ancor più oggi che ha arricchito le proprie responsabilità con una nuova postazione per il monitoraggio tsunami, attiva ufficialmente da gennaio 2017, e che vigila sull’intero bacino Mediterraneo. L’ente ha una serie di compiti importantissimi, collaborando in convenzione con la Protezione civile e collaborando con molti ministeri: Ambiente, Difesa, Affari esteri e Pubblica Istruzione. Non solo sorveglianza sismica e vulcanica ‘h24’, ma qualcosa di più, comprese didattica e divulgazione. La situazione assai peculiare rispecchia lo stato dell’arte della ricerca italiana: «Siamo al limite sindacale, servono più finanziamenti», dice all’unisono la piccola rappresentanza dei precari della sede romana di via Vigna Murata. «E nonostante tutto - dicono ancora i precari romani - si riesce a fare ricerca di alto livello».
Precari anche da 15 anni
Come spiega il fisico Stefano Corradini:«Oggi ci troviamo duecento persone precarie a tempo determinato, la metà dei quali ha più di dieci di anzianità, gli altri anche con 15 anni di servizio». E’ un fenomeno, quello del precariato nell’Ingv, che non vuole far rumore, misconosciuto anche per via dell’encomiabile fair play dei suoi scienziati. «Quando c’è un terremoto - sottolinea Elena - improvvisamente l’opinione pubblica si ricorda di avere un ente importante come questo. Non ci piace cavalcare l’onda della tragedia per ricordare che lavoriamo molto o siamo in difficoltà». Ma da quando è scoppiata l’emergenza, il super lavoro aggiuntivo della sala sismica è stato garantito proprio da loro, da quanti di anno in anno (se non per periodo più brevi) vivono con la spada di Damocle del precariato. «Per la turnazione aggiuntiva richiesta su base volontaria, proprio a seguito della sequenza sismica iniziata il 24 agosto per la quale abbiamo localizzato 50mila terremoti negli ultimi mesi, il 42% dei turni aggiuntivi è stato coperto da precari», ricorda Alessandra un’altra lavoratrice precaria».
Meno fondi, più lavoro
A rendere ancora più emblematica la situazione dell’istituto e dei suoi lavoratori, è l’andamento dei finanziamenti pubblici messi a disposizione nel tempo: «Negli ultimi nove anni- spiega Corradini - il finanziamento della Protezione Civile è diminuito di dieci milioni di euro, passando da venti a dieci. Si è dimezzato. Costante invece il finanziamento del Foe ( Fondo ordinario enti), per circa 55 milioni di euro. Ma il personale - spiega Corradini - sta aumentando. E questo perchè è cresciuta la necessità di studiare i fenomeni naturali e ambientali. Senza dimenticare che è aumentata la mole di attività per il Dipartimento della Protezione civile sono aumentati. Pensiamo solo alla nuova postazione per l’allerta tsunami». Una situazione paradossale, sulla quale la classe dirigente del Paese dovrebbe iniziare ad interrogarsi profondamente.