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Terra: Senza risorse, qualità e futuro. La scuola della Gelmini non ha domani

PROTESTA Aumentano gli iscritti e diminuiscono i docenti. La Flc Cgil denuncia la miopia del governo.

01/10/2009
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Rossella Anitori

Ridotta all’osso. La scuola che è appena iniziata è molto diversa da quella a cui eravamo ormai abituati. A fronte di un aumento degli iscritti i contenuti disciplinari sono stati ridotti e il corpo insegnante è stato ridimensionato. A farne le spese è la qualità dell’offerta didattica, gli studenti diversamente abili, la sicurezza degli edifici scolastici e un esercito di professionisti, messi alla porta. Quest’anno sono stati tagliati 52.271 posti di lavoro, ripartiti tra docenti (42.104) e personale Ata (15.167). E siamo solo all’inizio. La legge 133/08 ha, infatti, definito per la scuola statale un piano triennale di tagli di oltre 130mila posti. Un provvedimento che non ha precedenti nella storia della Repubblica e che allontana l’Italia dal resto dell’Europa. Negli altri Paesi, d’altronde, l’istruzione è considerata volano di sviluppo.

«Quella italiana è una scuola minima - non ha dubbi il segretario generale Flc Cgil Mimmo Pantaleo -, incapace di farsi carico della crescente complessità sociale e culturale della nostra società». Rispetto allo scorso anno il numero degli iscritti è aumentato: sono circa 8.000 gli studenti in più seduti dietro un banco. «La politica scolastica del governo è miope - dice Pantaleo -, taglia mentre il numero delle persone a cui va garantita un’istruzione cresce». Un atteggiamento indifferente dunque, anacronistico e poco lungimirante. A differenza degli altri Paesi l’Italia non vede nella formazione e nella ricerca un mezzo per uscire dalla crisi. «La precarietà produce precarietà», denuncia Pantaleo. Non si tratta solo di numeri, ma di persone e delle loro famiglie che non avranno più un lavoro né uno stipendio.

«I precari vanno impiegati in maniera produttiva - suggerisce il segretario generale della Flc Cgil -. Le mancanze del sistema scolastico sono tante: servono corsi di recupero, sostegno agli studenti diversamente abili, mediatori per i ragazzi stranieri e programmi per combattere la dispersione scolastica». I tagli vanno dunque messi in discussione, per mantenere un’offerta formativa di qualità e per non perdere il prezioso patrimonio di esperienze accumulato durante gli anni del precariato. Il giudizio della Flc Cgil, che ha contribuito a mettere a nudo le problematiche della scuola con un dossier, presentato ieri a Corso Italia, è negativo su tutta la linea. I provvedimenti annunciati e in via di adozione per una parte dei precari licenziati sono «confusi e del tutto insufficienti» ad affrontare e risolvere un fenomeno di dimensione epocale. Sono «iniqui» perché rivolti solo ad alcune tipologie di precari, «sulla base di criteri definiti a posteriori e di accordi con alcune regioni».

I bilanci delle scuole sono stati «privati» dei fondi per il funzionamento didattico e amministrativo e, ad oggi, non sono stati ancora ripristinati. «A distanza di due mesi - dice Pantaleo - le scuole non hanno ancora ricevuto neanche quelle poche migliaia di euro annunciate dal ministro Gelmini nell’incontro con i sindacati del 4 agosto». Sottrarre alle scuole questi fondi significa impedirne il funzionamento. Ci sono scuole che rischiano il pignoramento di beni, come computer, arredi e attrezzature di laboratorio, essenziali alle attività didattiche e altre che, a seguito della pesantissima riduzione del personale ausiliario, non possono proprio andare avanti. In Molise, Campania, Calabria e Toscana ci sono istituti che non riescono ad assicurare la puntuale apertura del mattino né la chiusura del pomeriggio, altre costrette a ridurre l’orario delle lezioni. I genitori comprano la carta igienica e la cancelleria. Non era mai successo. Oggi è il presente.


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