Tempi duri per un futuro sostenibile del tempo pieno
Arturo Ghinelli
Dopo oltre 35 anni dalla sua istituzione,la legge 820 è del 1971,e 40 dalla sua ideazione,”Lettera a una professoressa”è del 1967,il Tempo Pieno avrà maturato il diritto ad esistere come uno dei possibili modi di essere della scuola elementare(molto simile del resto a quello della scuola dell’infanzia,almeno a quella diffusa in Emilia)senza venir messo in discussione ad ogni stormir di fronda?
Quando abbiamo cominciato negli anni ’70, a noi maestri del Tempo Pieno,veniva rinfacciato che eravamo una sperimentazione e che perciò avremmo dovuto sottoporci ad un esame per continuare ad esistere.
Dagli amici mi guardi Iddio,che dai nemici mi guardo io.
Infatti dai nemici giurati del T.P. ci siamo sempre difesi a viso aperto e abbiamo superato perfino il quinquennio morattiano. Ma da quando il governo è cambiato,lo scontro si è fatto più subdolo. Approfittando delle difficoltà economiche e politiche,nel dibattito si sono inserite delle voci che hanno cominciato a parlare di ripensamento del Tempo Pieno,che avrebbe perso la sua carica innovativa (neanche fosse il socialismo) e costerebbe troppo per poter avere uno sviluppo sostenibile(come il welfare).
Mi sento allora di lanciare una sfida a nome di coloro che come me da anni lavorano nel Tempo Pieno.
Per non lasciar spazio ai “quaraquà” della pedagogia e ai filistei della politica,propongo che si faccia finalmente questa verifica:una vera e propria valutazione esterna dei risultati ottenuti nelle scuole a T.P. Naturalmente svolta secondo tutti i crismi dei “santoni” della valutazione,in modo da non essere messa in discussione successivamente. A tutte le scuole che supereranno la verifica, in cambio dovranno essere garantite le risorse economiche e umane per poter continuare a fare egregiamente il proprio lavoro,senza che portaborse di origine e natura incerte si sentano in dovere di esprimere il loro parere,non richiesto ma vincolante, sul T.P.
In una società fondata sul libero mercato non si può certo pensare di continuare a fare il Tempo Pieno per una politica anticlassista,per una pedagogia riformatrice e nemmeno,come hanno dimostrato i fatti,nemmeno per un programma di governo riformista,si può continuare solo dopo aver dimostrato di essere i migliori sul mercato almeno per il rapporto qualità/prezzo.
Chi non riuscirà a superare la prova farà senza il doppio insegnante per classe,ma si consoli, potrà sempre dimostrare di risparmiare sulla spesa per le supplenze e su quella per la raccolta dei rifiuti con il plauso del Ministero per l’economia.
Per il tempo,a quel punto non più pieno,l’ultima moda è abbandonare i bambini all’interno di un supermercato. Se all’ora della chiusura la famiglia non dovesse presentarsi a riprenderli,niente paura,un sacco di persone sono lì pronte ad occuparsi di loro. Leggere la Repubblica di ferragosto per credere:”Prima i carabinieri gli hanno regalato una macchinina,adottandolo e chiamandolo Giorgio,come il santo del drago. Papà e mamma si faranno vivi. Altrimenti il tribunale dei minori ne troverà due nuovi di zecca”. Anche al Tempo Pieno,abbandonato nel supermarket dell’istruzione voluto dalla Moratti, toccherà rivolgersi al Tribunale dei minori?