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Tecnica della Scuola: La Lega insiste: lingue e dialetti obbligatori nella scuola dell’obbligo

Il progetto di legge presentato in Senato dal capogruppo Federico Bricolo ed altri senatori del gruppo parlamentare: sono segno e sostanza della nostra appartenenza culturale. Un diritto previsto anche dalla Carta Europea per le lingue regionali o minoritarie sottoscritta a Strasburgo nel 1992.

24/05/2009
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La Tecnica della Scuola

di A.G.

"In un mondo globalizzato come il nostro diventa fondamentale trasmettere alle nuove generazioni attraverso la scuola le nostre lingue che sono segno e sostanza della nostra appartenenza culturale”: con queste parole il senatore Federico Bricolo, presidente della Lega Nord, ha annunciato di aver presentato un disegno di legge che prevede l’obbligo di insegnare nella scuola dell'obbligo le lingue e i dialetti delle comunità territoriali e regionali. La proposta di legge, che porta la sua firma e quella degli altri senatori del gruppo parlamentare, è stata presentata a Palazzo Madama."La difesa della nostra storia e della nostra cultura – ha spiegato Bricolo - passa anche attraverso l'insegnamento delle nostre lingue e dialetti nelle scuole. Per questo abbiamo presentato una proposta di legge che preveda l'obbligo di insegnamento anche di queste materie nelle scuole". Per il rappresentante della Lega ed i firmatari del progetto il ddl è tutt’altro che anacronistico e inadeguato ai tempi: “chi ci critica tenga conto – ha detto il capogruppo leghista - che la stessa Carta Europea per le lingue regionali o minoritarie sottoscritta a Strasburgo nel 1992 riconosce il `diritto imprescrittibile delle popolazioni ad esprimersi nelle loro lingue nell'ambito della loro vita privata e sociale`. Un diritto che, d'altra parte, è già garantito da tempo da molti paesi europei. Per questo – ha concluso Bricolo - pensiamo a una scuola che prepari i giovani ad affrontare al meglio il mondo del lavoro ma che li renda anche fieri e orgogliosi delle proprie radici”. In realtà il disegno di legge rientra in un progetto di istituzionalizzazione delle tradizioni locali, a cui la Lega ha sempre detto a chiare lettere di tenere particolarmente. E che quindi si impegnerà al massimo per tramutarlo in legge. In realtà, statistiche alla mano, è molto difficile che vi riesca: è il destino, del resto, della grandissima parte dei progetti di legge, in particolare quelli sulla scuola. Ma questo è un altro discorso.Il ddl fa seguito ad una proposta analoga che intende introdurre l'insegnamento del dialetto, anche se solo quello veneto, presentata nei giorni scorsi dal ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali, Luca Zaia (sempre della Lega Nord): “le lingue – ha spiegato il ministro Zaia - sono ricchezze che appartengono ai popoli e non alle burocrazie. Il veneto è lingua e ne siamo orgogliosi. Nessuno ancora è stato in grado di spiegarci perché non la si possa insegnare a scuola, così correndo il rischio di disperdere una radice, una vitalità e una cultura che invece è dovere di tutti noi curare”. La proposta però sinora ha raccolto più dissensi che consensi. Anche, un po’ a sorpresa, da parte di esponenti del Centro-Destra. Tra i più piccati quello dell'assessore regionale all'istruzione del Veneto, Elena Donazzan (An), che ha accostato il progetto di Zaia ad una “sagra paesana” e associandolo a un “provincialismo del dialetto. Non sopporto più – ha concluso Donazzan di vedere svilita e relegata al dialettismo la nostra cultura veneta”.


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