Tagli, l'allarme delle università. «Così non paghiamo gli stipendi»
Proteste per la "cura dimagrante" da 300 milioni votata dal Senato
ROMA - Professori e studenti dicono che a questo ennesimo taglio all’università non ci vogliono credere. Dicono che la legge di stabilità avrebbe dovuto accordare 400 milioni almeno per restare nelle stesse condizioni dell’anno scorso. Dicono che questa scelta è un pugno in faccia alle nuove generazioni che vogliono studiare.Un taglio del 6% che, è lo stesso ministro dell’Istruzione Francesco Profumo ad ammetterlo, impedirà all’Italia di «formare scienziati eccellenti». I cento milioni concessi agli atenei, ripetono i docenti, non basteranno neppure a pagare gli stipendi. «E’un allarme molto alto», insiste il ministro che ora dovrà riuscire a lavorare con disponibilità così ridotte.
I RETTORI
Parla di «miopia», di «poca lungimiranza» Carlo Carraro rettore dell’università di Venezia Cà Foscari. «Ci aspettavamo da tempo questo taglio - commenta -. Non è stato deciso da questo governo che, però, lo ha confermato. Eravamo preparati e mettendo da parte le risorse degli anni scorsi, come abbiamo fatto noi, è stato quindi possibile far fronte alla riduzione dei fondi». Marco Mancini, presidente della Conferenza dei rettori, ricorda che una sforbiciata come questa non ha mai colpito le università. «Per giunta - aggiunge - da un anno all’altro. Una mazzata definitiva. Che pregiudica la copertura degli stipendi e gran parte dei servizi». Per oggi è prevista un’assemblea della Conferenza, del Consiglio universitario dei docenti e quello degli studenti. Si deciderà per la risposta. «Sarà dura», annunciano. Ma sanno che il margine per invertire la rotta è minimo.
PROF GRATIS
Negli ultimi mesi le università hanno taciuto. Speravano che il governo fosse di manica larga. Speravano che il ministro Profumo, ex rettore a Torino, sapesse manovrare le leve giuste per portare a casa finanziamenti tali da non far temere il collasso. In nessun ateneo, comunque, è stata nascosta l’aria di crisi che tira tra i banchi.
A Roma, a La Sapienza per esempio, l’anno accademico non è stato inaugurato con la solita cerimonia. Abolita per l’occupazione degli studenti ma anche per evitare di saccheggiare le casse già abbastanza sofferenti. In altre città si contano i docenti che insegnano gratis. Genova è una di queste: quasi il 60% di quelli a contratto non percepiscono stipendio.
I rubinetti, causa tagli, sono chiusi da anni. Per la stragrande maggioranza dei giovani (e non) che hanno superato gli ultimi concorsi universitari la strada è tutta in salita: anche se sono risultati idonei per i posti messi al bando non possono prendere servizio perché le università non hanno più i soldi per metterli in cattedra. Ha fatto storia la vicenda di Bari: 25 ricercatori hanno superato le prove di valutazione bandite nel 2008 ma, per oltre tre anni, non hanno potuto prendere servizio. Perché l’ateneo, a causa dei tagli, era finito tra i non virtuosi per la spesa.
Anche la sostituzione dei pensionati non è sempre garantita. Lacrime dall’Associazione dei dottorandi e dottori di ricerca: «Non vogliamo più sentirti parlare di tagli e di crisi perché proprio nella crisi la conoscenza è la via di salvezza».