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Supplenti e rischio boicottaggi, il rebus del primo giorno di scuola

Alla prova i primi passaggi della riforma approvata a luglio: il rischio è che l’opposizione dei sindacati renda complicata l’applicazione delle procedure previste

09/09/2015
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Corriere della sera

Valentina Santarpia

Edifici da ristrutturare, insegnanti da collocare, materie da valorizzare, orari da riprogrammare: il vero cantiere Italia è nella scuola, che apre ufficialmente oggi i battenti del nuovo anno scolastico. Gli studenti della provincia di Bolzano saranno i primi a tornare, oggi, sui banchi, seguiti da quelli di Milano (domani), del Molise (mercoledì) e della provincia di Trento (giovedì). Il 14 settembre apriranno le scuole di Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Friuli, Liguria, Lombardia, Sicilia, Piemonte, Marche, Umbria, Sardegna e Valle d’Aosta e il 15 settembre toccherà agli alunni delle regioni Lazio, Toscana ed Emilia Romagna. Le lezioni inizieranno più tardi in Puglia e Veneto (16 settembre). In molte classi i problemi restano quelli di sempre: come il caro-libri, che per il Codacons è arrivato a 1100 euro a studente, e il bullismo, che secondo uno studio Coldiretti/Ixé preoccupa il 45% delle famiglie. Ma molte altre dovranno affrontare le novità della riforma, tra rischio boicottaggi e procedure da applicare. Con il rischio che proprio il primo giorno di scuola scoppi il caos: i sindacati hanno già organizzato assemblee locali nelle prime ore della giornata, con il paradosso di Firenze, dove la riunione durerà 4 ore, facendo slittare probabilmente al giorno dopo il suono della campanella.

La supplentite

Saranno almeno 50 mila i supplenti in cattedra quest’anno: altro che fine della supplentite, come avevano assicurato il premier Matteo Renzi e la ministra dell’Istruzione Stefania Giannini. Il maxi piano di assunzioni per ora non produrrà gli effetti sperati. Il ministero dell’Istruzione (Miur) ha dato la possibilità ai professori di scegliere entro l’8 settembre una cattedra di una supplenza di un anno piuttosto che rischiare un trasferimento coatto. E così migliaia di docenti, sia quelli assunti nella prima fase che nella seconda che sta per concludersi, si sono orientati per quest’opzione. T anto più che l’anno prossimo sarà un anno di mobilità straordinaria, in cui tutti i prof potranno chiedere di essere trasferiti: e c’è da giurare che lo faranno i settemila che saranno costretti ad emigrare per avere una cattedra a tempo indeterminato. Con il risultato che molte classi avranno insegnanti «provvisori». In barba alla continuità didattica promessa con l’assunzione complessiva di 102 mila insegnanti.

Il rischio caos

C’è il vademecum, e c’è anche il controvademecum: la riforma approvata a luglio cammina su percorsi scricchiolanti. I sindacati hanno diramato una serie di indicazioni perché le nuove procedure della Buona scuola vengano boicottate da insegnanti e dirigenti, spacciandole per «linee di comportamento per una valorizzazione professionale dei docenti alternativa alla legge 107»: «Non vogliamo fare guerra ad una legge dello Stato- sottolinea Francesco Scrima, Cisl - ma non alziamo bandiera bianca». E così il rischio è che le decisioni più importanti, come quelle legate al piano dell’offerta formativa, rimangano impantanate nei consigli dei docenti. E’ per questo che l’associazione Dirigenti scuola Confedir ha preparato un controvademecum per riuscire a togliere i presidi-manager (o presidi sceriffi, come li hanno ribattezzati gli oppositori della riforma) dal guado, evitando sanzioni e barcamenandosi per applicare comunque la legge. Che comunque è sotto la scure del referendum abrogativo: la raccolta firme è partita.

Digitale sul filo

Mentre esiste un’app per tutto, 2 studenti su 3 raccontano di non averne mai usata una durante le lezioni. Solo il 29% dei ragazzi dice di averlo fatto, ma solo con qualche prof, magari più giovane e aggiornato. Appena il 4% dei ragazzi adopera insieme ai prof questo materiale con regolarità. E’ l’esito di un sondaggio di Skuola.net su 4 mila studenti:il campione non è indicativo, ma è vero che la strategia digitale del governo è cambiata. Dagli investimenti per gli strumenti digitali si è passati a quelli nelle reti wi-fi, nella convinzione che più che di tablet i ragazzi abbiano bisogno di connessioni. E così la Buona scuola punta sulle risorse per l’innovazione delle reti, con 90 milioni quest’anno e 30 l’anno prossimo, sulla piattaforma code.org, per portare la sperimentazione del pensiero computazionale in tutte le aule, e sulle figure dei digital makers, prof esperti che dovranno contagiare i docenti più anziani e meno preparati sulla strada dell’innovazione. Il neo di questi propositi è che l’autonomia scolastica gioca un ruolo fondamentale: e laddove non ci sono spinte interne verso il digitale, si rischia l’isolamento.

Prof funzionali o tappabuchi?

L’organico dell’autonomia potrebbe giocare un ruolo interessante: tra i 55 mila professori che entro novembre dovrebbero essere assunti per l’organico funzionale potrebbero esserci anche tanti innovatori digitali. Ma il ruolo di integrazione che questi prof potranno avere nelle scuole è tuttora oscuro: alcuni dirigenti hanno già ben chiare le esigenze delle proprie classi e stanno, da bravi manager, organizzando progetti integrativi per rinforzare ad esempio l’italiano degli stranieri oppure per aiutare un gruppo di studenti più lento in matematica o ancora per organizzare un gruppo sportivo pomeridiano. Ma molti altri non hanno idea di cosa chiedere, e, oberati dalle incombenze amministrative, finiranno per farsi assegnare quella quota di prof in più-dai 2 ai sette- per coprire i buchi di ore o evitare il ricorso a supplenze di pochi giorni. Un’eventualità che potrebbe svilire gli obiettivi dell’organico funzionale.

Dalla parte degli studenti

Più arte, musica, lingue, sport, diritto, economia, competenze digitali, educazione alla cittadinanza. E più stage - con 100 milioni all’anno per realizzarli- con l’alternanza scuola-lavoro. Ma anche scuole più sicure, con 40 milioni stanziati per i controlli a tappeto sui controsoffitti, 200 milioni per i mutui agevolati per la costruzione e la ristrutturazione delle scuole, 300 milioni sbloccati per la costruzione di strutture alternative. I propositi della riforma sono tanti per agevolare gli studenti. Ma gli interventi, spesso rallentati dalla burocrazia, fanno fatica ad essere realizzati. Tant’è che il sindaco di un paesino in provincia di Torino ha deciso di chiedere provocatoriamente l’elemosina al semaforo per raccogliere i soldi dopo che parte della lamiera di copertura è caduta per terra.


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