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Sulle prospettive della professione docente, un'intervista di Giancarlo Cerini al mensile di Legambiente

Sulle prospettive della professione docente, un'intervista di Giancarlo Cerini al mensile di "Legambiente", in cui si parla -tra le altre cose- di contratto di lavoro, di nuovo stato giuridico, di a...

25/11/2002
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Sulle prospettive della professione docente, un'intervista di Giancarlo
Cerini al mensile di "Legambiente", in cui si parla -tra le altre cose- di
contratto di lavoro, di nuovo stato giuridico, di autonomia e di funzioni
obiettivo.

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INTERVISTA A GIANCARLO CERINI, ispettore tecnico in Emilia-Romagna e vice-presidente nazionale del Cidi (Centro di iniziativa democratica degli insegnanti).

1)Domanda
Andiamo verso il rinnovo del Contratto di Lavoro degli insegnanti. La consultazione avviata sulla nuova piattaforma sottolinea 'l'esigenza che sia valorizzata e riconosciuta l'attività svolta in aula nel senso più ampio del termine''. Non è forse riduttivo pensare ad uno sviluppo professionale legato solo all'attività 'd'aula' quando la scuola dell'autonomia richiede impegni e responsabilità anche a livello di scuola?

" Leggendo la piattaforma sindacale per il nuovo contratto si percepisce una estrema cautela nel proporre i temi dello sviluppo professionale e della 'carriera docente' e anche nell'immaginare anche nuovi profili e nuove responsabilità. Prevale la difesa del 'lavoro d'aula'. E' comprensibile. Non sono tanto lontani i tempi del 'concorsone' (era la primavera del 2000), quasi una jacquerie docente contro ogni ipotesi di differenziazione delle professionalità. La cautela sindacale potrebbe preludere ad un nulla di fatto, ma forse rappresenta il 'passo' giusto per ricostruire con i docenti il 'senso' e la 'cultura' della professione, e le diverse possibilità di una sua valorizzazione. In questa azione un ruolo decisivo può essere svolto dall'associazionismo non strettamente sindacale. O meglio, i tavoli per discutere di professione docente dovrebbero essere diversi, almeno tre.
Un tavolo 'parlamentare': lo statuto 'europeo' del docente italiano (con i connessi risvolti economici, richiesti a gran voce) non può che scaturire da una 'solenne' decisione del nostro Parlamento. E' una strada difficile, minata com'è dal contrasto incombente su tutte le scelte in materia di politica scolastica, ma non va abbandonata.
Il tavolo sindacale, invece, deve offrire un 'lodo' equo per i maggiori impegni che i docenti si sono assunti in questi anni, a partire dal riconoscimento che c'è ormai un modo diverso di vivere la propria professione (dal part-time del professionista, al mordi-e-fuggi del 'demotivato', all'onesto e invisibile lavoro del 'collega della porta accanto', alle giornate 'piene' di chi si occupa di laboratori, progetti, staff, formazione, ecc.). Una scelta che consenta a ciascuno di veder riconosciuto il proprio 'stile' professionale dovrebbe essere messa in discussione con più coraggio nelle assemblee sindacali.
Infine, il tavolo professionale: si sente in Italia la mancanza di una sede autorevole e indipendente di rappresentanza della professione docente (un sorta di National Council) ove esprimersi sulle scelte per il futuro della professione, gli standard professionali, le innovazioni curricolari, il sistema della formazione. Ma, attenzione, questa esigenza non può essere giocata 'contro' i sindacati, né può essere surrogata con Commissioni del Principe (pilotate dall'alto, come nel recente caso della commissione 'deontologia': a proposito, cosa ha prodotto dopo un anno ?). Occorre uno sforzo di pluralismo, di libertà di pensiero, di larghezza di vedute, che mal si concilia con gli attuali scenari (basti pensare alla vicenda dello 'spoil system' sin nelle nomine per gli IRRE. Seguiremo con attenzione la riforma del CNPI (Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione) che è affidata in delega al Ministro.
Da tre tavoli coraggiosi, capaci di ascoltare le voci degli insegnanti, potrebbe emergere una migliore capacità di interpretare e riconoscere il 'lavoro docente', superando quella marginalità impiegatizia in cui è confinato ormai da troppi anni."
* * *

2) Domanda
L'autonomia delle scuole ha offerto nuove possibilità agli insegnanti, richiedendo un approccio di tipo professionale. E' però una scuola più esigente: aumentano le responsabilità, si devono prendere decisioni su aspetti importanti della vita scolastica, si aprono nuovi rapporti con l'esterno, bisogna rendere conto dei risultati che si ottengono e, laddove è possibile, migliorarli. Come andrebbero rideterminati ruoli e funzioni all'interno dell'organizzazione scolastica?

" In effetti, la scuola dell'autonomia richiede ai docenti un approccio professionale al loro lavoro. Si pensi alla strutturazione dell'orario di lavoro che dovrebbe, in prospettiva, distendersi in chiave di impegni annuali. Questa discrezionalità può consentire soluzioni assai originali nel campo dell'organizzazione didattica (periodi intensivi, struttura modulare, stage esterni, ecc.). La flessibilità, inoltre, è indispensabile per favorire la personalizzazione dei percorsi, per far fronte a domande sempre più individualizzate, per avviare l'integrazione tra i diversi itinerari di formazione.
La trasformazione della scuola in senso autonomistico presenta alcune caratteristiche che influenzeranno sempre più la professionalità dei docenti:
- la centralità del processo di insegnamento-apprendimento;
- il passaggio da una prevalenza dell'aspetto trasmissivo a quello di mediazione culturale;
- l'emergere di nuove responsabilità, funzioni, compiti (ad esempio, di tutoring);
- il bisogno di conciliare l'autonomia culturale e professionale del singolo insegnante con la collegialità e la cooperazione (nel lavoro di team).
Per il docente della scuola dell'autonomia ben si adatta l'idea di un 'professionista in una istituzione', in cui si evidenzia la dimensione progettuale e collegiale del lavoro. Per realizzare un progetto educativo condiviso, con una comune assunzione di responsabilità, si richiede certamente una diversa cultura organizzativa nella scuola, l'emergere di una articolazione interna di funzioni e di ruoli. E' in questo contesto che nasce l'esigenza di funzioni o figure intermedie (dallo staff del dirigente alle funzioni obiettivo ai coordinatori di dipartimento). Esse vanno interpretate non come una nuova gerarchia professionale, ma come articolazioni funzionali utili a qualificare gli ambienti di apprendimento: l'impegno è sulle soluzioni organizzative (la flessibilità, il rapporto con il territorio, i progetti), ma il 'focus' è sul miglioramento della didattica. "
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3)Domanda
Una possibile risposta sono state le Funzioni Obiettivo introdotte dal precedente Contratto Nazionale ed in via di riconferma nel nuovo accordo per il 2002-2005, seppure con qualche modifica procedurale. Dopo tre anni di esperienza quale valutazione se ne può dare? Quali gli aspetti negativi che hanno frenato le potenzialità di questa 'figura professionale' e che cosa invece c'è stato di positivo che ha fatto fare un salto di qualità alle scuole autonome?

" La soluzione inventata con le 'funzioni obiettivo' si presta certamente a molte critiche, ma ha sollecitato un nuovo dinamismo all'interno di tante scuole (oltre il 92 % delle scuole ha attivato le 'funzioni obiettivo'). Oggettivamente, nella scuola dell'autonomia, è necessario presidiare alcune funzioni 'strategiche' affinché si possa alimentare il processo di miglioramento e di apprendimento continuo dell'organizzazione. Ad esempio, è indispensabile curare seriamente:
'#61623; la ricerca educativa e la formazione in servizio del personale;
'#61623; la progettualità educativa, metodologico-didattica e disciplinare;
'#61623; la prevenzione del disagio, della dispersione e del disadattamento scolastico;
'#61623; la documentazione dei processi organizzativi, didattici e degli apprendimenti;
'#61623; la comunicazione interna ed esterna alla scuola (genitori, Enti Locali, Associazioni);
'#61623; il controllo e il monitoraggio del Piano dell'Offerta Formativa.

L'attivazione di funzioni di coordinamento costituisce un'importante scelta organizzativa, poiché la presenza di momenti di raccordo stabile tra Collegio Docenti, gruppi di lavoro e dipartimenti, Dirigente scolastico, contribuisce ad aumentare il livello interno della comunicazione, a migliorare l'efficacia delle azioni progettuali e ad avviare forme di autovalutazione della scuola.
Importante è lo 'stile' democratico con cui ci si avvicina a questi temi. Risultano determinanti il coinvolgimento, la partecipazione, la motivazione, le competenze e la possibilità/capacità di decidere di tutti i membri dell'organizzazione. Le figure intermedie non possono essere vissute come 'i tentacoli' del dirigente, ma viceversa vanno viste come la 'nervatura' pensante della scuola dell'autonomia, in grado di mobilitare tutte le risorse simboliche tipiche di una istituzione scolastica (l'identità, la cultura, il clima, le competenze, ecc.). Certo, l'evoluzione di queste figure resta un problema aperto: si tratta del middle management, cioè dei quadri intermedi che collaborano con il dirigente scolastico nell'esercizio di funzioni prevalentemente organizzativo-gestionali o, piuttosto, sono figure espresse dal collegio dei docenti (una sorta di leadership diffusa) perché capaci di interpretare la vision della scuola, di raccogliere le energie professionali migliori e di proiettarle a vantaggio di tutta l'istituzione ?
Questo staff allargato dovrebbe operare non tanto per la propria 'promozione', ma con spirito di servizio, nella prospettiva di una valorizzazione di tutte le professionalità presenti nella scuola. Il nuovo equilibrio dei poteri e delle funzioni non è però scontato, anche per le incertezze dovute alla mancata riforma degli organi collegiali di istituto.
Il futuro immediato delle 'funzioni obiettivo' sarà affidato ad un più esplicito mandato del Collegio dei docenti. Le funzioni obiettivo rispondono al Collegio dei docenti e da questo organismo ricevono la loro legittimazione. Questa potestà si esplica soprattutto nella individuazione delle aree tematiche in cui sviluppare l'intervento (potrebbero essere rese più larghe le maglie dei 'profili' delle f.o. con un più esplicito richiamo ai temi curricolari) e nel definire i requisiti e le caratteristiche di accesso alla funzione. L'attribuzione degli incarichi continuerà a far capo al Collegio, ma non come risultante di un anonimo meccanismo elettorale, ma con la richiesta di valorizzare le competenze possedute dai 'candidati' (mediante un curriculum documentato) in relazione alle caratteristiche dell'intervento che si ritiene necessario nella scuola. "
* * *

4)Domanda
Il modello di scuola che si delinea con la legge delega Moratti sembra meno autonomo di quello odierno (riduce l'autonomia professionale, perché cancella il curricolo di scuola, introduce nei piani di studio una quota regionale, consente alle famiglie di costruire un piano di studi su misura per i propri figli') e più individualista (si organizza sul modello dell'azienda, mette gli insegnanti in competizione tra loro, accresce il potere del dirigente scolastico, elimina i consigli di classe'). In una scuola siffatta può avere ancora significato chiedere ad alcuni docenti di ampliare il loro raggio d'azione, di occuparsi non solo dei problemi della propria classe ma, in qualche misura, di quelli dell'intera scuola?

"Sono fiducioso nella capacità della scuola di regolare da sé il proprio sviluppo e di autogovernarsi, al di là delle scelte dei ministri in carica. L'autonomia scolastica è oggi riconosciuta dalla nuova Costituzione (Legge n. 3 del 18-10-2001) e questo costituisce un punto di forza decisivo: le 10.000 scuole dell'autonomia (una realtà comparabile con gli 8.000 comuni italiani) sono ormai 10.000 punti di luce accesa sul futuro del nostro sistema scolastico. Certamente, è necessario che le decisioni nazionali aiutino lo sviluppo di queste nuove responsabilità: una politica recessiva, di smobilitazione verso la scuola pubblica (penso al mancato 'concorso' per coprire gli oltre 3.000 posti di dirigente scolastico vacanti), rischia di vanificare ogni buon proposito.
Una 'buona' politica per gli insegnanti dovrebbe interrogarsi seriamente sulle loro diverse esperienze e biografie (quale sviluppo professionale ?), documentare gli eventi più significativi (quale curriculum ?), prospettare forme di verifica e valutazione dei percorsi formativi e autoformativi (quale port-folio ?), ipotizzare modelli di emersione, certificazione e valorizzazione delle competenze acquisite (quale carriera ?). Le risposte vanno cercate con equilibrio, sapendo che le posizioni tra insegnanti, sindacati ed associazioni sono ancora diverse. Occorre però uscire dalla piattezza attuale della condizione docente. Se partiamo da un'idea condivisa di curriculum 'virtuoso', sarà più agevole immaginare le possibili ricadute sul piano giuridico e professionale: dai progetti di autoformazione, all'accesso ad incarichi temporanei, alla articolazione di profili tra docenti (es.: le qualifiche di junior, senior e master, ecc.).
Oggi, la costruzione di una 'buona' scuola sta nelle mani di parecchi soggetti, il Ministro pro-tempore certamente, ma anche gli enti locali (in primis, le Regioni con le loro nuove potestà legislative), delle comunità, dei territori, degli operatori scolastici.
Di chi è la scuola ? Non può essere né di Berlinguer, né di De Mauro, né della Moratti (o tanto meno di Bertagna). La scuola è un ecosistema formativo, in cui ci sono molti attori che, interagendo, determinano la qualità dell'istruzione. L'autonomia pone questa promessa. Occorre ormai assecondare processi di riforma ecologici, con poche 'grandi opere', ma con molti 'piccoli gesti' dalla parte di chi la scuola la deve interpretare tutti i giorni. Non ci sono 'buone riforme' a prova di insegnanti 'mediocri'. Ci possono essere invece 'mediocri' riforme salvate da 'buoni' insegnanti.
Ammetto che è difficile, in questa società mediatica, trasformare queste idee in un disegno di legge. Le leggi che contano (o i nuovi programmi) oggi si preparano in 'soffici' uffici studi, o con blitz estivi; un progetto di scuola (un disegno di legge, un curricolo nazionale) deve invece diventare come una ballata popolare che va incontro alla gente, che via via cresce, cambia, si arricchisce. "


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