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Sud, in classe senza

In molte regioni del Mezzogiorno le lezioni riprenderanno il 24 settembre. Ma in queste aree i ritardi causati da anni di tagli dissennati sono ancora più evidenti: organici e infrastrutture sono in forte sofferenza. Quello che non manca è il coraggio e la forza dei lavoratori

22/09/2020
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Collettiva.it

Tonia Morgani, segreteria Flc Napoli

La campanella che dà l’avvio al nuovo anno scolastico è già suonata nelle scuole del Nord, mentre in Abruzzo, Calabria, Campania e Puglia suonerà il 24 settembre. È un bene che la scuola riapra, è un bene per gli studenti, per i docenti, per la formazione e crescita delle nuove generazioni. Ma siamo davvero pronti?  La necessità di riaprire la scuola è un mantra pronunciato con ossessione dalle forze di governo quale presupposto per misurare il proprio grado di efficienza e di affidabilità, mentre per le forze di opposizione esso è stato ridotto a mero strumento di propaganda elettorale, sfruttando, a proprio uso e consumo, le criticità presenti nel sistema di istruzione e formazione. Poco importa, se a quelle criticità, il nostro Paese ci è arrivato dopo anni di dissennate politiche di tagli, operate sistematicamente da ogni governo, indipendentemente dal colore politico dell’alleanza partitica e dalla collocazione all’interno dell’emisfero. Come per la sanità, improvvisamente l’attenzione del mondo della politica e dei media sembra riscoprire l’importanza e la centralità della scuola. Peccato che da anni siano state ignorate, nonostante le proteste dei sindacati e le richieste di aiuto di docenti e personale Ata.  

A cominciare dalla questione degli organici. I dati delle immissioni in ruolo di quest’anno, che i sindacati hanno dovuto insistentemente richiedere ad un’amministrazione restia a fornirli, sono drammatici: sono stati assegnati soltanto 19.294 posti su un contingente pari a 84.808 per i docenti, e 9.674 posti su un contingente di 11.323 – a fronte di una disponibilità in organico di diritto di 25.175 – per gli Ata.  Per quanto riguarda il Sud, in Campania su 4.016 posti vacanti nell’organico di diritto le immissioni in ruolo sono state appena 1.497. In Calabria 528 su 1.553, in Sardegna 583 su 2.350. E potremmo continuare.

Anche il tanto conclamato stop alle classi pollaio sembra non aver avuto alcun seguito. Di fatto gli uffici scolastici continuano ad applicare, in assenza di indicazioni formali da parte del ministero, i soliti parametri andando a formare classi per il nuovo anno scolastico con numeri improponibili: numeri che nella quotidianità sarebbero inaccettabili per una scuola che vuole essere luogo di cura della formazione dello studente, figuriamoci in un contesto ad alto rischio di contagio. A Napoli, ad esempio, si sono registrate la formazione di nuove classi con punte di 35 alunni e accorpamenti di classi. I banchi monoposto in tantissime scuole ancora non arrivano e l’organico Covid riuscirà a soddisfare solo in parte le richieste avanzate dai dirigenti scolastici. 

Alle carenze di organico si sommano quelle strutturali. Soprattutto al Sud le scuole pagano le conseguenze di anni di mancati interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, in quanto ai tagli all’edilizia scolastica si aggiungono quelli alle amministrazioni comunali, l’immobilismo forzato dei Comuni in dissesto, nonché un inesistente coordinamento tra gli enti, seppur necessario. 

I dati del Rapporto Ecosistema Scuola di Legambiente ci restituiscono una fotografia impietosa sulla qualità dell’edilizia e dei servizi scolastici. A partire dalla necessità di interventi urgenti di manutenzione straordinaria e di messa in sicurezza degli ambienti che riguarda tutto il territorio nazionale, anche se con una connotazione disomogenea. Infatti, mentre per il Nord il degrado riguarda il 28,8 per cento degli istituti, si passa per il Centro e per il Sud, rispettivamente, al 41,9 per cento e al 44,8 per cento, per crollare al 70,9 per cento nelle Isole. Il dato è ancora più preoccupante se lo si rapporta a quello di dieci anni fa, in quanto si registra un sostanziale immobilismo. 

A fronte di questa situazione a dir poco disastrosa i docenti bollati dall’opinione pubblica come una casta di privilegiati, per via delle ore di lavoro che si presumono poche – e di ferie presunte lunghe – ma con un stipendio, vero, inferiore del 40 per cento a quello portoghese e tra i più bassi d’Europa, durante la crisi sanitaria più drammatica dell’ultimo secolo sono stati accanto agli studenti nella didattica a distanza, apprendendo, su due piedi, nuove modalità di comunicazione e relazione, adoperandosi ben oltre il proprio orario di servizio. 

Dal 14 settembre, con la riapertura delle scuole al Centro-nord e dal prossimo 24 con quelle del Sud, al pari degli infermieri e dei medici, i dirigenti scolastici, i docenti e il personale Ata, affronteranno il nuovo anno scolastico con coraggio, determinazione e senso del dovere, ma anche con tanta preoccupazione e consapevolezza di non essere adeguatamente preparati e sostenuti. 

Al Sud la scuola riaprirà sperando che l’attenzione mediatica e politica non si spenga, come sempre avviene, quando i fatti non fanno più notizia. Come sindacato continueremo a vigilare, contrastare, portare avanti in tutte le sedi istituzionali e nelle piazze la voce del mondo della conoscenza affinché la scuola riacquisti la sua centralità in un paese che vuole definirsi civile.


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