Sud addio, boom dei fuori sede
Svimez. i trasferimenti fanno perdere 3 miliardi l'anno
Angela Iuliano
Negli atenei del Centro-Nord 157.386 studenti universitari provenienti dal Mezzogiorno. Un'emigrazione di cervelli che causa una perdita di circa 3 miliardi di euro all'anno di consumi pubblici e privati nel Sud. L'ha calcolata la Svimez che ha valutato gli effetti economici a breve periodo della migrazione universitaria dei giovani meridionali verso gli atenei delle regioni centrosettentrionali. Nell'anno accademico 2016/17 i meridionali iscritti all'università sono complessivamente 685.065, di questi il 25,6%, pari a 175.093 unità, studia in un ateneo del Centro-Nord. La quota, invece, di giovani residenti nelle regioni del Centro-Nord che frequenta un'università del Mezzogiorno è appena dell'1,9%, pari a 17.707 studenti. Ne deriva, quindi, un saldo migratorio netto universitario pari a 157.386 unità. Dato a cui va affiancato quello dei 509.972 studenti iscritti in tutte le università del Sud.
Il movimento migratorio per fini di studio ha interessato, quindi, circa il 30% dell'intera popolazione rimasta a studiare in atenei meridionali. Gli studenti «emigrati» per motivi di studio rappresentano, inoltre, circa lo 0,7% della popolazione residente meridionale. Due le regioni con maggiori flussi in uscita in termini assoluti: la Sicilia e la Puglia, con oltre 40 mila giovani che studiano al Nord. Mentre in termini di percentuale su totale degli iscritti, i tassi migratori universitari più elevati riguardano le regioni più piccole del Sud, Basilicata e Molise con oltre il 40%, la Puglia e la Calabria con il 32% circa e la Sicilia con il 27%. «È evidente che la perdita di una quota così rilevante di giovani ha, già di per sé, un effetto sfavorevole sull'offerta formativa delle università meridionali», spiega il direttore della Svimez Luca Bianchi. «Ben più gravi, tuttavia, sono le conseguenze sfavorevoli» che derivano dal fatto che, finiti gli studi, «la parte prevalente degli studenti emigrati non ritorna nelle regioni di origine, indebolendo le potenzialità di sviluppo dell'area».
Due le implicazioni dell'esodo: «una minore spesa privata per consumi» di circa 2 miliardi annui, che i fuori sede trasferiscono al Centro-Nord, e «un'altrettanta inferiore spesa per istruzione universitaria da parte della pubblica amministrazione», stimata in circa 1 miliardo annuo. Per una perdita complessiva annua di consumi pubblici e privati di circa 3 miliardi di euro. E che ha anche un impatto sul Pil meridionale. Nel 2017 il reddito aggregato meridionale è risultato inferiore di circa 0,4 punti percentuali a quello che si sarebbe avuto trattenendo sul territorio i 153 mila studenti emigrati Una perdita che rappresenta quasi 1/3 dell'intera crescita avutasi nel 2017 nel Mezzogiorno.