Studio, investimento a perdere
La denuncia del rapporto Svimez: la disoccupazione degli under 24 al Sud è al 56%
Emanuela Micucci
Studiare non paga più. È quanto iniziano a credere i giovani italiani secondo le anticipazioni del Rapporto Svimez sull'economia del Mezzogiorno 2015, presentate giovedì a Roma (www.svimez.org). Una spirale alimentata non solo dal tasso di disoccupazione degli under 24 che nel 2014 ha segnato quota 35% nel Centro-Nord e 56% al Sud. Rispetto alla media europea, infatti, i giovani diplomati e laureati italiani presentano un tasso di occupazione di oltre 30 punti più basso, pari al 45% contro il 76% europeo. In Spagna, ad esempio, i 20-34 occupati con diploma o laurea in tasca, a tre anni dal conseguimento del titolo, sono il 65%, in Grecia il 44%. «Una frattura generazionale» la definisce lo Svimez, precisando che la flessione dei tassi di occupazione giovanile in Italia era iniziata prima della crisi, «in parte per effetto nei primi anni Duemila di un significativo aumento dei tassi di scolarità e di iscrizione all'università». Però dalla seconda metà del decennio, si è verificata un'ulteriore e più decisa flessione restando stabile il tasso di scolarità superiore e scendendo leggermente quello di iscrizione all'università.
Lunghi periodi di disoccupazione e inattività interessano oggi anche giovani dai profili che in passato avrebbero facilmente trovato lavoro. Diffondersi anche nelle regioni del Centro-Nord e tra i ragazzi con livelli medio alti di istruzione. Le difficoltà maggiori per i diplomati, occupati nel 38,3% dei casi contro il 52,9% dei laureati. Non solo. Nei sei anni di crisi l'occupazione dei primi scende di 22,1 punti, quella dei secondi di 17,6. Ma con un divario netto a livello territoriale: nel Mezzogiorno il tasso di occupazione è del 24,% per i diplomati contro il 46,5% del Centro-Nord, e del 31,9% per i laureati rispetto al 64,7% del resto del Paese. Cifre che non hanno paragoni in Europa. «A destare maggiore preoccupazione», spiega il direttore dello Svimez Riccardo Padovani, «è il confronto con l'Europa e i principali Paesi, che delinea un quadro assai critico del rapporto tra giovani e mercato del lavoro in Italia».
L'Italia ha quote superiori a tutti gli altri paesi di giovani solo in formazione e decisamente ancora più elevate di giovani Neet. Di contro, si caratterizza per le quote più basse di occupati in formazione e di solo occupati, con l'eccezione di Grecia e Spagna. E «il Sud si colloca in fondo ad ogni classifica europea, facendo registrare una condizione giovanile nel mercato del lavoro e nella formazione peggiore della Spagna, e persino della Grecia». Un impoverimento del capitale umano e una lunga permanenza in uno stato di disoccupazione che si sommano all'emigrazione crescente e allo scoraggiamento a investire nella formazione avanzata. Così che i 3 milioni 512mila giovani Neet, che né studiano né lavorano, nel 2014 sono aumentati del 25% rispetto al 2008: +712mila ragazzi. Di questi, quasi 2 milioni sono donne, il 55,6%, e altrettanti sono meridionali. Sebbene l'incremento registrato nel quinquennio sia molto più accentuato al Centro Nord, dove i Neet crescono del 46%, mentre al Sud è di poco superiore al 12%. Tra il 2001 e il 2014 il 70% dei meridionali emigrati al Centro-Nord e non rientrati, sono giovani, 526mila unità, di cui meno del 40% laureati, 205mila.