Studenti meritevoli senza risorse
La Corte dei conti boccia il Miur e il ministero dell'economia sui soldi per gli universitari
Giorgio Candeloro
Poca chiarezza per il futuro, un groviglio di norme contraddittorie, carenza di finanziamenti, mancanza di progettualità.
È netto e duro il giudizio della Corte dei conti su come (e se) si spende in Italia per il sostegno agli universitari meritevoli ma privi di mezzi.
Con una delibera di fine dicembre, resa nota nei giorni scorsi, i magistrati contabili hanno indagato sul Fondo per il sostegno della formazione universitaria e sulla Fondazione per il merito, istituiti nel 2010 dalla riforma Gelmini.
Ne emerge un quadro scoraggiante: lastricata di ottime intenzioni, la strada dell'investimento di risorse per il sostegno ai meritevoli in tre anni non ha portato da nessuna parte.
L'obiettivo? Colmare la mancanza italiana di un sistema di prestiti universitari e avvicinare agli standard europei il nostro modello di sostegno al diritto allo studio.
I magistrati contabili denunciano nella loro indagine che niente di tutto questo è avvenuto: stanziati i venti milioni iniziali, mai spesi, il fondo per il merito non è decollato, mentre la fondazione semplicemente non esiste. Non un euro è finito in questo triennio nelle tasche degli studenti meritevoli.
Mario Monti, in veste di ministro dell'economia, cassò il decreto istitutivo della fondazione, mentre il «decreto del fare» del governo Letta ha dirottato le risorse del fondo verso le borse di studio per gli studenti fuorisede. Due decisioni che hanno obliterato il progetto Gelmini senza elaborarne uno alternativo.
Da qui le bacchettate della corte che ha trasmesso l'indagine alle camere chiedendo provvedimenti legislativi a breve.
Particolarmente dure le critiche all'attuale titolare dell'economia Fabrizio Saccomanni, al quale i giudici contabili chiedono se «sussiste ancora l'interesse del Mef all'istituzione della fondazione per il merito oppure in quali diversi termini si voglia proseguire l'originario progetto che prevede l'impiego di risorse prevalentemente private per premiare i capaci e i meritevoli».
I magistrati della corte ne hanno anche per l'attuale gestione della questione dal parte del Miur, accusato di scarsa vigilanza sul numero dei beneficiari del sostegno per il diritto allo studio, comunque erogato, e sull'effettiva efficacia di questo, e per il Parlamento, responsabile primo della confusione del quadro normativo.
Per i giudici si deve agire in fretta su un ambito fondamentale e delicato come quello del diritto allo studio, sancito solennemente dall'articolo 34 della Costituzione e nel quale regnano ancora la poca chiarezza e l'insufficienza o la cattiva gestione dei fondi. L'indagine evidenzia infatti che troppo spesso «all'incertezza del quadro normativo si aggiunge le riserva che riguarda le risorse finanziarie disponibili, convogliate verso un programma o un altro, senza un piano sistematico e organizzato di sostegno e attuazione del diritto allo studio. Un'accusa in piena regola di improvvisazione e mancanza di visione, trasversale agli ultimi due o tre esecutivi e legislature. Qualcuno agirà per porvi rimedio? Visti i precedenti lo scetticismo sembra d'obbligo.