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Studenti, le parole per dirlo: «Ora i conti li fate con noi»

I ragazzi non aspettano. E sin dal suono della campanella si fanno sentire in viale Trastevere. Concretezza e indignazione: «Il futuro si costruisce investendo sui giovani»

13/09/2011
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l'Unità

Non hanno aspettato neppure un giorno gli studenti italiani per tornare in piazza. Prima campanella, primo sit-in davanti al ministero. E poi volantinaggi, blitz, flashmob. Gli slogan li stanno ancora cercando. «Ora i conti li fate con noi», provano a lanciarne uno gli studenti dellla Rete della conoscenza. Quelli che, durante l’estate, il governo ha fatto sulla loro pelle non sono disposti a mandarli giù. «Noi la crisi non la paghiamo », cantavano già l’autunno scorso. Un anno fa, sono stati i primi a scendere in piazza con la speranza di mandare a casa Berlusconi, insieme a Tremonti e a Mariastella Gelmini. E ora che la crisi è diventata il convitato di pietra del paese e del governo Berlusconi non sembrano voler mollare. E quindi via con le pentole suonate come cacerlozos sulla scalinata di viale Trastevere come nel “profondo” Veneto. Quelli che, almeno fisicamente, per ora, si sono avvicinati di più al parlamento, sono un gruppo di ragazzi dell’Uds. Dalla terrazza del Pincio, su piazza del Popolo, hanno srotolato uno striscione, che semplicemente invoca «diritto allo Studio». «Davanti alla crisi che sta strozzando il paese, l’unica soluzione dovrebbe essere investire sul futuro e sui giovani», spiega, sulla scalinata di viale Trastevere, Roberto Campanelli, dell’Uds. Mentre Claudia, 16 anni, accanto a lui che è un po’ più grande, racconta che nella sua scuola, li Tecnico per il Turismo Cristoforo Colombo di Roma, le prime classi ieri, tutte classi pollaio con più di 30 alunni,non avevano neppure l’aula dove stare. «Sono ancora da collocare », spiega, in burocratese: «Vuol dire che alcuni sono rimasti in palestra, altri in piedi senza banco», si corregge. «Il ministro non può raccontare favole e bugie, le nostre scuole sono invivibili, edifici fatiscenti, costi esorbitanti per i libri, classi pollaio, voto in condotta. E la manovra, tagliando fondi agli enti locali, ci nega anche quel po’ che ci era rimasto del diritto allo studio». replica Sofia Sabatino della Rete degli Studenti, che si è già data appuntamento il prossimo primo ottobre per un nuovo flashmob, diffuso, a macchia di leopardo, lungo la penisola. Prove generali della manifestazione del 7 ottobre, quando gli studenti scenderanno in piazza in tutta Italia. «Saremo ovunque per salvare una generazione», promette intanto o striscione che i ragazzi della Federazione degli studenti hanno srotolato ieri sulla scalinata di viale Trastevere. «Noi ci sentiamo le vittime di questa politica che non ci dà diritto allo studio, e ci lascia soli, senza prospettiva di acceso nel mondo del lavoro che non sia un posto precario in un call center», spiega Flavio, che quest’anno si iscrive all’università. Mentre Marta, che frequenta l’ultimo anno delle superiori, racconta una scuola, la sua, liceo Socrate di Roma, dove le classi sono troppo piccole anche per classi di 26 alunni, come nel suo caso. E dove in una famiglia normale «i soldi non bastano per comprare libri di testo che costano 40 o 60 euro l’uno». «Molti miei amici dicono che appena avranno finito la scuola scapperanno via dall’Italia», racconta Marta: «Io invece voglio restare perché ci credo ancora che questo paese si può salvare ». Come? I ragazzi di FdS lo spiegano facendo a pezzi uno dopo l’altro i cartoncini che hanno preparato. Sopra ci sono scritte le cose da eliminare per il bene della scuola e dell’Italia: i tagli lineari, la precaarietà, la disoccupazione, «l’iniquiltà di questa manovra». E poi, molto più semplicemente: via Tremonti, via Mariastella Gelmini. «Dovrebbero dimettersi insieme a tutto il governo», dicono Marta e Flavio, che hanno già pronto un consiglio per il prossimo ministro. «Parli con gli studenti, li ascolti, dopo tre anni questo governo non l’ha ancora cominciato a fare». 


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