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Studenti in piazza in tutta Italia contro la riforma della scuola

autunno caldo - di nuovo in piazza il 25 ottobre

11/10/2014
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Corriere della sera

Striscioni, slogan, microfoni, fumogeni. E a Torino fantocci di cartone dati alle fiamme, raffiguranti Matteo Renzi, Stefania Giannini, Silvio Berlusconi e Maria Stella Gelmini. È il primo giorno dell’autunno caldo della scuola, una tappa quasi obbligata, che condensa proteste e istanze di chi vive nelle aule e vorrebbe incidere sulle decisioni. Ottantamila gli studenti scesi in piazza in decine di città, da Milano a Palermo (tre cortei solo a Roma), per far sentire la loro voce e dire cosa manca e cosa va cambiato nella cosiddetta «Buona Scuola» di Renzi, il piano del governo per riformare l’istruzione che mette sul piatto un miliardo di euro per stabilizzare dall’anno prossimo 150 mila prof precari, ma con l’altra mano minaccia di tagliare l’organico degli Ata (ausiliari tecnici e amministrativi), di sfilare 400 milioni alle università (già stremate da un miliardo di tagli a seguito della legge Tremonti) e impoverire di ulteriori 160 milioni il fondo per il diritto allo studio.

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Studenti in piazza in tutta Italia

In piazza

La mobilitazione è indetta dall’Udu (unione degli studenti universitari) e dalla Rete degli studenti medi sotto l’hashtag #10ottstudentiinpiazza, #10O, #10Ott e #entrainscena. I ragazzi hanno chiesto «una scuola, un’università, un Paese diverso, che non è certo quello del Jobs Act o dello Sblocca Italia». Più di 6.000 studenti a Palermo, 1.000 a Cagliari, 2.000 a Perugia, 2.000 a Terni: la #grandebellezzasiamonoi e vogliamo essere ascoltati, hanno scandito, quasi all’unisono. «È ora che la politica si faccia carico delle proprie responsabilità e investa veramente sull’istruzione tutta dalla scuola all’università, è necessario che il diritto allo studio non venga più considerato come un fanalino di coda, ma diventi pilastro portante del Paese», ha detto Alberto Irone, portavoce della Rete degli studenti medi. «È necessario ripartire investendo sull’istruzione tutta, dalla scuola all’università, questo è l’unico cambiamento che chiederemo oggi nelle piazze e che continueremo a chiedere anche il 25 ottobre insieme ai lavoratori perché non possiamo permetterci di vivere nella precarietà, che ci impedisce di investire sui nostri desideri e sulle nostre aspettative», ha sottolineato Gianluca Scuccimarra, coordinatore dell’Unione degli Universitari.

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«La grande bellezza è...»: i messaggi degli studenti

«No ai privati»

Durante i cortei, a Bari gli studenti hanno occupato l’Ufficio Scolastico Regionale, così come hanno fatto a Milano, richiedendo risposte al direttore; a Roma hanno calato dalla facoltà di Ingegneria uno striscione che recitava «Tagliare fondi a università, ricerca e borse di studio non è una buona scuola» e si sono poi diretti al ministero dell’Istruzione; a Brindisi si sono fermati in luoghi simbolici, per rivendicare il diritto al trasporto gratuito. E ancora, a Pisa hanno simbolicamente tagliato il nastro dei lavori per dire no allo Sblocca Italia; a Firenze si sono fermati davanti alla catena Eataly in solidarietà con i lavori in lotta e per dire no a JobsAct e precarietà. Quasi ovunque la protesta ha avuto per bersaglio la riforma de #labuona scuola, con l’accusa che si voglia svendere la scuola pubblica ai privati. «Una mentalità vecchia, che ha contribuito a portarci al 44% di disoccupazione giovanile, a 2 milioni di Neet (persone che non studiano né lavorano) e a tassi di dispersione scolastica sopra il 17%», ha commentato dal Cagliaritano, dove partecipava a un incontro il sottosegretario all’Istruzione Gabriele Toccafondi. «Sono numeri che non possiamo permetterci, e con la riforma vogliamo invertire la tendenza, avvicinando i giovani al mondo del lavoro», ha aggiunto, difendendo la riforma scolastica proposta dal governo.

Ascolto e risposte

«Il Governo Renzi ha messo la scuola al centro dell’agenda politica italiana. E l’ha fatto dando risposte concrete prima di tutto all’emergenza “edilizia scolastica” - aggiunge Francesca Puglisi, responsabile Scuola, Università e Ricerca Pd -. Avevamo assicurato che non ci sarebbero state riforme calate dall’alto. Per questo “La buona scuola” è il patto educativo che il governo offre alla discussione del Paese intero. Lo facciamo soprattutto per gli studenti. Perché quel 17% di ragazzi e ragazze che, sfiduciato, abbandona la scuola e quel 44% di disoccupazione giovanile che affligge il nostro Paese ormai da troppi anni, impone un cambiamento».

Sindacati e precari

In piazza con gli studenti anche la Flc-Cgil, «per ridare valore sociale all’istruzione pubblica», ha spiegato il segretario generale, Mimmo Pantaleo, per il quale le scelte del governo «vogliono piegare la scuola e le università alle logiche del mercato e agli interessi delle imprese». Per Piero Bernocchi (Cobas), «dietro il fumo di 136 pagine con linguaggio accattivante e con la promessa di stabilizzare finalmente da settembre 2015 i circa 150 mila precari delle graduatorie a esaurimento, Renzi e i suoi consiglieri hanno squadernato tutto il peggio che in materia di scuola-azienda, scuola-miseria e scuola-quiz i governi degli ultimi 20 anni hanno cercato di imporre all’istruzione pubblica». Hanno sfilato anche gli insegnanti precari: grosse matite rosse in mano - «uno dei simboli della scuola che vogliono distruggere». Solidale con i manifestanti anche l’Arcigay: «Sosteniamo le istanze dei giovani di questo Paese e dei lavoratori della scuola e condividiamo con loro la grande preoccupazione per un sistema scolastico fragile, che si va via via indebolendo sotto i colpi dei tagli, di un’allarmante esternalizzazione, e di una progressiva dismissione di quel patrimonio pubblico, che lo trasforma in un bene di mercato, smantellandone la rilevanza costituzionale».


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