LA RIFORMA
Studenti contro la mini naja: «Si studia nelle aule, non in caserma»
Le associazioni degli studenti chiedono il bocco della riforma. «Sbagliato equiparare il semestre di leva militare a 12 crediti formativi universitari»
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Studenti contro la «mini naja». Mercoledì è arrivato il via libera dalla Camera al disegno di legge, presentato da Forza Italia, che introduce, per i giovani diplomati da 18 a 22 anni, su base volontaria, sei mesi in caserma e in strutture formative delle Forze armate. Il tempo trascorso dagli studenti in «servizio militare volontario» sarà ripartito fra corsi di studio in modalità e-learning, permanenza presso le Forze armate e apprendimento pratico. E frutterà 12 crediti universitari e un attestato di «ufficiali di riserva di complemento». Non è prevista nessuna forma di retribuzione. Ma neanche costi a carico degli studenti: vitto e alloggio sono a carico del Mef.
«Inaccettabile»
Ma da parte degli studenti si leva un coro di proteste: «Le forze politiche vogliono tornare indietro nel tempo, formare all’interno dell’Esercito è inaccettabile», dichiara Giacomo Cossu, coordinatore nazionale di Rete della Conoscenza. Insieme a Unione degli Studenti e Link Coordinamento universitario, i rappresentanti dei destinatari del provvedimento - che verrà ora esaminato dal Senato - chiedono «il blocco immediato» della riforma. «Vogliamo studiare dentro scuole e università pubbliche, non nelle basi militari», sostengono gli studenti. «Non possiamo accettare che venga introdotta un’attività di leva militare per giunta a titolo gratuito - rincara Enrico Gulluni, coordinatore nazionale dell’Unione degli Universitari -. Come altrettanto non deve farsi strada nel mondo della formazione la retribuzione del servizio militare con Crediti Formativi Universitari»
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«Insulto»
«Un insulto» lo definiscono gli studenti, che nell’ultimo anno sono scesi in piazza, a centinaia di migliaia, per chiedere al Governo maggiori investimenti nella pubblica istruzione. Non in questa direzione, però. Non per «comprendere il valore civico della difesa della patria sancito dall’articolo 52 della Costituzione quale sacro dovere del cittadino» o «il valore della difesa delle istituzioni democratiche attraverso lo strumento militare in Italia e all’estero»; o i principi della cyber difesa: tutti obiettivi contenuti nelle proposta di legge. «Il Governo dovrebbe occuparsi di innovare la didattica, garantirci gli strumenti per decidere cosa studiare per migliorare il nostro futuro e la società in cui viviamo. Invece vogliono insegnarci la cultura militare, in pieno stile da antico regime», sostiene ancora Rete della Conoscenza.
Investire sull’istruzione
«Un’impostazione militare non può migliorare l’educazione e la formazione dei giovani – dichiara Giammarco Manfreda, coordinatore nazionale Rete Studenti Medi –. Nel nostro paese è necessario investire ingentemente sul mondo dell’istruzione, dilaniato dai continui tagli degli scorsi decenni, e smetterla di farci solamente propaganda politica». Mentre Enrico Gulluni, coordinatore nazionale dell’Unione degli Universitari afferma: «Non possiamo accettare che venga introdotta un’attività di leva militare per giunta a titolo gratuito».