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Stop al pagamento delle ferie

Ma potrebbe essere un eccesso per i contratti scaduti il 7 luglio

31/07/2012
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ItaliaOggi

Antimo di Geronimo

Monetizzazione delle ferie, il ministero dell'economia blocca la liquidazione. Il 24 luglio scorso via XX settembre ha fermato i pagamenti citando l' art. 5, comma 8, del decreto legge n. 95/2012, il provvedimento di spending review da ieri approvato in sede di conversione al senato. E anche un'interpretazione del ministero dell'istruzione, secondo il quale il divieto di monetizzazione delle ferie si applica anche alla scuola (si veda la circolare del 16 luglio scorso). Il blocco non è definitivo. Si tratta di una mera sospensione «in attesa della conversione in legge del decreto legge 95/2012», che passa alla camera per il sì definitivo. La decisione è stata presa anche sulla scorta di un parere della Ragioneria generale. Ma potrebbe non essere indenne da un eccesso di prudenza. Il decreto legge 95, infatti, dispiega effetti solo dal 7 luglio scorso. E quindi, per effetto del principio di irretroattività della legge, il divieto di monetizzazione vale solo per le cessazioni che sono intervenute e interverranno dopo quella data. Pertanto, i precari il cui contratto è scaduto prima del 7 luglio hanno diritto a ricevere «il pagamento del compenso per ferie non ancora fruite». Qualche problema potrebbero averlo, invece, i loro colleghi, che sono cessati dal servizio anche dopo quella data. Magari anche per effetto di proroga del contratto in essere. La proroga, infatti, secondo la giurisprudenza, non è un nuovo contratto, ma il mero allungamento di quello già in essere. Resta il fatto, però, che i precari, quest'estate, dovranno fare a meno dei soldi delle ferie non godute (mediamente 1500 euro per chi ha avuto una supplenza a orario pieno dal 1° settembre al 30 giugno). Oltre alla grana di chi ha contratti antecedenti al 7 luglio, ì c'è il problema dei precari che lavorano con le supplenze brevi che, salvo i casi in cui il periodo di incarico includa anche le vacanze, si trovano e si troveranno sempre nelle impossibilità materiale di fruire delle ferie in costanza di contratto. Ma le questioni legate all'applicazione dall'art.5 del decreto 95 non finiscono qui. Il legislatore, infatti, ha disposto che le ferie, i riposi e i permessi spettanti al personale devono essere obbligatoriamente fruiti secondo gli ordinamenti. E che la mancata fruizione non è monetizzabile. Giova ricordare che, nel caso specifico, gli ordinamenti a cui fa riferimento la novella sono i sistemi di regole, stabilite per legge o per contratto, che disciplinano i comportamenti dei datori di lavoro e dei lavoratori. Pertanto, se il legislatore ha accomunato ferie e permessi nell'obbligo di fruizione, è ragionevole ritenere che almeno il diritto dei lavoratori alla fruizione dei permessi ne esca rafforzato. E ciò dovrebbe ingenerare l'ulteriore effetto virtuoso di evitare di esporre l'amministrazione a giudizi con sicura soccombenza, come spesso accade quando si discute in materia di assenze tipiche. Si pensi per esempio ai permessi per motivi personali previsti dall'articolo 15 del contratto di lavoro. A 17 anni di distanza dalla loro introduzione nell'ordinamento, infatti, la fruizione di questo genere di assenze tipiche incontra ancora forti resistenze da parte dei dirigenti scolastici in sede di applicazione. Resistenze ulteriormente acuite dalla difficoltà di procedere alla sostituzione dei docenti assenti, dovuta ai tagli degli ultimi anni. Resta il fatto, però, che in alcuni casi i dirigenti hanno esagerato. Spingendosi addirittura fino al punto di emettere decreti di assenza ingiustificata nei confronti di docenti che avevano legittimamente fruito di tali permessi. Tra i casi più recenti quello di un docente che, oltre a subire la decurtazione della retribuzione, aveva dovuto rifondere di tasca propria la scuola per il pagamento del supplente. Salvo rientrare in possesso del dovuto per decisione del giudice (Tribunale di Lagonegro, sentenza n.309/2012 del 04.04.2012).


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