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Statali, salta la riforma Brunetta

Verso una nuova legge sul pubblico impiego: più flessibilità in uscita ma si decide con i sindacati

04/05/2012
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ItaliaOggi

Alessandra Ricciardi

Più flessibilità in uscita anche per gli statali, ma il come lo si deciderà al tavolo contrattuale, licenziamenti disciplinari tipizzati, per sottrarli alla discrezionalità del giudice, meno forme atipiche di lavoro in ingresso, tavoli di confronto tra amministrazione e sindacati per realizzare la spending review. E poi la riforma Brunetta: si ripristinano relazioni sindacali piene sul luogo di lavoro e soprattutto si cancellano di fatto le tre fasce di merito per gli aumenti di produttività, uno dei cavalli di battaglia dell'ex ministro della funzione pubblica, Renato Brunetta. Sono i punti chiave della bozza di riforma che ieri è stata presentata a Palazzo Vidoni dal ministro della funzione pubblica, Filippo Patroni Griffi, ai sindacati. Alla fine, le sigle hanno dato un via libera politico ad andare avanti, riservandosi un giudizio definitivo. Ma è evidente che la cautela con cui vuole muoversi Patroni Griffi, dopo il decisionismo di Brunetta, non può che essere apprezzata. Tra i sì, la garibaldina Cgil come la riformista Cisl. L'obiettivo di Patroni Griffi, una volta avuto l'assenso anche di regioni e autonomie locali, è di portare al consiglio dei ministri della prossima settimana un disegno di legge delega di riforma complessiva del settore pubblico. Un ddl che, partendo dalla camera, completi la riforma del lavoro privato di Elsa Fornero, incardinata al senato. Per centrare l'obiettivo, Patroni Griffi deve muoversi con grande attenzione: da un lato ci sono le spinte tendenzialmente liberiste del parlamento, dall'altro quelle tendenzialmente conservatrici della piazza. E così la proposta spinge per realizzare una vera mobilità dei dipendenti in esubero e il licenziamento di quelli infedeli e improduttivi, dall'altro però elimina le parti più invise ai sindacati: l'indebolimento delle relazioni sindacali sui posti di lavoro, a favore di un maggior decisionismo del dirigente, e le fasce di merito con le quali classificare i singoli dipendenti, rafforzando invece il ruolo del contratto. Il merito, che nello stile Brunetta non è mai decollato, causa mancanza di fondi, dovrà essere commisurato all'efficienza del servizio e non più del singolo lavoratore e pagato attraverso i risparmi del sistema. Prevista anche una revisione della formazione del personale, delle assunzioni, da farsi con un concorso unico a livello nazionale, e della dirigenza perché sia meno dipendente dal potere politico. Sullo sfondo dell'intero impianto, da completare con una serie di decreti delegati, c'è la spending review. Per tagliare il grasso senza far saltare il servizio, serve un processo di razionalizzazione delle funzioni e dell'organizzazione e i sindacati devono assumersene la responsabilità, è stato l'invito di Patroni Griffi. Già, perché il ministro spera di condurre in porto la riforma in collaborazione con i sindacati e non, come fatto dal suo predecessore, avendoli contro. Se il nuovo metodo funzionerà, sempre che venga confermato dal parlamento, lo si capirà non prima di un anno.


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