Sostegno, aumentano i posti ma non ci sono specialisti " Si va avanti con i supplenti"
Sulla carta 13mila incarichi in più: senza insegnanti con una formazione ad hoc, li copriranno figure a termine. "Per i ragazzi l’effetto è devastante"
Ilaria Venturi
« Non so ancora se mia figlia comincerà la seconda elementare con la stessa maestra di sostegno, non posso nemmeno prepararla.
E se cambierà per lei sarà una tragedia: era brava e si era affezionata». Scuote la testa Barbara Montanari, una figlia di 8 anni affetta da sindrome di Down. Un’altra mamma aggiunge: «Per mio figlio epilettico era arrivato un insegnante di musica, alla prima difficoltà mi chiamava: non sapeva come fare».
Testimonianze, quelle di tante famiglie che ogni anno subiscono la giostra dei docenti sulla pelle dei loro figli disabili. Il nodo sta tutto qui: insegnanti di sostegno precari e non specializzati, uno dei mali annosi di cui soffre la scuola. E quest’anno andrà anche peggio, denunciano i sindacati.
Sul sostegno, i posti a tempo determinato (in linguaggio tecnico, "in deroga") nel 2018-2019 saranno 45mila, un terzo del totale. Altrettanti — si stima — gli insegnanti che saliranno in cattedra per occuparsi dei ragazzi disabili senza però avere un titolo ad hoc: diecimila di loro occuperanno posti "di ruolo", ma sempre come supplenti. Così, dei 13mila nuovi posti di sostegno teoricamente autorizzati per il 2018-19 ne saranno coperti solo tremila, denuncia la Flc-Cgil.
Insomma, le cattedre a tempo indeterminato, quelle di cui gli alunni disabili avrebbero bisogno ancor più dei loro compagni, ci sono. Ma saranno coperte con i precari. Possibile?
Sì perché le università che li devono specializzare non ne sfornano abbastanza (sono 9.949 i posti per i corsi di specializzazione negli atenei autorizzati dal Miur nel 2017), in più con la riforma del reclutamento alle medie ealle superiori i tempi si allungano ben oltre l’anno che prima occorreva per ottenere il titolo.
La Cisl scuola sta preparando un dossier da presentare al Miur in questi giorni: la mancanza di docenti specializzati non è omogenea, ci sono in regioni come la Calabria e la Campania, mancano in Sardegna e al Nord.
In Lombardia i posti di ruolo da assegnare entro fine mese sul sostegno alle medie e superiori sono 2.990. Ma le persone disponibili preparate ad hoc sono appena 500. E non potranno nemmeno essere assunte ora perché la loro gradutoria non è ancora stata pubblicata. L’anno scorso in Veneto l’assegnazione di 1.200 cattedre di sostegno è andata a vuoto, «e quest’anno saranno ancora di più», anticipa Marta Viotto, segretaria Flc-Cgil regionale. Il tutto in un quadro che vede gli insegnanti di sostegno passati da 110.216 nel 2014 a 154.432 tre anni dopo.
Anche gli studenti disabili in dieci anni, dal 2007, sono lievitati: all’appello alzano la mano in sessantamila in più (da oltre 174mila a quasi 235mila). Il segno di una scuola che include, modello in Europa. Ma se gli insegnanti non sono stabili e non sono adeguatamente preparati l’integrazione s’inceppa. «Per tutte le elementari e medie mio figlio ha cambiato anche più di un docente o educatore all’anno.
Quello dell’insegnante di sostegno non può essere un lavoro precario — commenta Piero Perini, papà di un ragazzo con una disabilità cognitiva — L’integrazione di cui ci vantiamo non è attuata». In Emilia Romagna quest’anno, oltre ai 5.870 posti di sostegno assegnati nell’organico di diritto, sono stati concessi 3.395 posti in deroga.
Significa il 40% di precari. E poi c’è il problema di chi cambia in fretta, dopo la nomina. «Ci sono due diritti che devono essere garantiti, quello degli insegnanti alla mobilità e quello dei bambini con disabilità alla continuità didattica. Fra i due interessi ritengo sia prioritario quello degli alunni, purtroppo oggi le cose vanno diversamente», l’amara osservazione del direttore dell’ufficio scolastico dell’Emilia Romagna Stefano Versari che reclama un intervento normativo. «Nella nostra esperienza di genitori il posto di sostegno è statospesso preso come un trampolino di lancio per arrivare a insegnare nella propria materia», racconta Barbara Bertoni, una figlia disabile. Invece, «noi chiediamo stabilità e preparazione specifica». Quello che non viene garantito e che mancherà anche al suono della nuova campanella.