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Sole 24 Ore: Tempi lunghi per il ddl università

Gianni Trovati

01/10/2010
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Il Sole 24 Ore

ROMA
I rettori temono apertamente la «rottamazione della riforma», le reti dei ricercatori più contrari alle novità sottolineano la «vittoria» contro il provvedimento. Da dovunque la si guardi, è chiaro a tutte le parti in causa che la scelta di far debuttare nell'aula della Camera la riforma dell'università il 14 ottobre, in ritardo di dieci giorni rispetto alle previsioni, va ben oltre le questioni di calendario parlamentare. Il 15, infatti, a Montecitorio inizia la sessione di bilancio, che può rimandare fino a novembre, se non addirittura a gennaio, il voto sugli atenei. Uno slittamento che potrebbe anche tramutarsi in affossamento per un disegno di legge presentato alle camere quasi un anno fa.
Se modificato – come appare ormai pressoché certo – il provvedimento dovrebbe tornare al Senato per il terzo passaggio parlamentare. In un periodo in cui il barometro della politica potrebbe già indicare un fortissimo rischio di elezioni.
Un rischio che basta a spiegare la reazione del ministro Mariastella Gelmini che, dopo la decisione assunta ieri mattina dalla conferenza dei capigruppo, è sbottata: «Abbiamo garantito una lunga fase di elaborazione e approfondimento – ha rivendicato la responsabile dell'Università –, abbiamo lavorato con Tremonti per assicurare le risorse, abbiamo fatto quanto era nelle nostre possibilità. Rispetto le scelte del parlamento, ma l'attività del governo finisce qui». E non è mancato un curioso fuori programma con la Gelmini che ha provato a partecipare alla capigruppo mattutina ma si è vista sbarrare le porte della sala dove si stava svolgendo la riunione, con la motivazione che all'interno fosse già presente per l'esecutivo il titolare dei rapporti con il parlamento, Elio Vito.
Di tutt'altro tenore le reazioni del Pd che ha criticato il «blitz fallito» della Gelmini. Ed era stato proprio il capogruppo democratico a Montecitorio, Dario Franceschini, a rivolgere il giorno prima un appello al presidente dell'emiciclo Gianfranco Fini affinché venisse garantita una discussione più lunga. Trovando d'accordo l'Udc. Per Manuela Ghizzoni (Pd) proprio il tempo potrebbe essere un utile alleato nell'ottica di avere dal governo «una garanzia sulla certezza delle risorse».
Quello dei fondi è uno dei grandi interrogativi che circondano la riforma. Mercoledì scorso, in una conferenza stampa congiunta a Palazzo Chigi, la Gelmini e il ministro dell'Economia Giulio Tremonti, avevano assicurato di ripristinare il taglio al fondo di finanziamento ordinario degli atenei con il decreto milleproroghe atteso per fine anno.
Ma novità sono attese anche sul testo come confermato dalla stessa responsabile del Miur. Che ha confermato di attendersi «una soluzione per i ricercatori» che rischierebbero di rimanere fuori dagli atenei. Il suo appello è stato raccolto dalla relatrice, Paola Frassinetti (Pdl), che ha definito la riforma «necessaria» e ha garantito che si proverà comunque ad approvarla entro l'anno. Il termine per la presentazione degli emendamenti in commissione Istruzione scade lunedì 4 ottobre alle 19. In quella sede, proprio attraverso la relatrice, il governo potrebbe presentare una proposta di modifica con un piano di concorsi in spalmato su cinque-sei anni che consenta a 9-10mila ricercatori di passare nei ruoli da associato.
Come detto, l'allungamento dei tempi è stato accolto con stati d'animo diversi all'interno delle università. Mentre il presidente della conferenza dei rettori (Crui), Enrico Decleva, ha evidenziato il rischio che «il conseguente vuoto legislativo potrebbe per contro prolungarsi di nuovo per anni, bloccando le procedure sul reclutamento che interessano tanti giovani studiosi meritevoli», un sospiro di sollievo è giunto dalle associazioni dei ricercatori. La rete 29 aprile l'ha interpretato come «una pausa di riflessione che consentirà evidentemente di inserire nel provvedimento anche correttivi di tipo finanziario».


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