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Sicilia, scuola in agonia

Ogni anno l’inizio della scuola in Sicilia somiglia sempre di più all’introduzione di Io speriamo che me la cavo, il libro di Marcello D’Ortra interpretato sugli schermi da Paolo Villaggio

25/09/2012
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Retescuole

Aule sgarrupate, infissi arrugginiti o completamente assenti, banchi e sedie datate e cattedre senza insegnanti. Poi ci sono i raid, le incursioni notturne dei bulli, che distruggono quel poco di decente che c’è. E infine il fardello degli affitti che non si è risolto nemmeno dopo le confische degli immobili alla mafia.
Ogni anno l’inizio della scuola in Sicilia somiglia sempre di più all’introduzione di Io speriamo che me la cavo, il libro di Marcello D’Ortra interpretato sugli schermi da Paolo Villaggio nei panni di un insegnante del nord alle prese con una classe della provincia napoletana.

EDIFICI FATISCENTI. A Palermo gli edifici fatiscenti, quelli con l’intonaco rotto e i bagni fuori uso, sono più di 50. «Nella nostra classe ci sono enormi crepe nei muri, sembra di essere in un magazzino», racconta Giuseppe, uno studente dell’istituto comprensivo Giuseppe Scelsa di Villagrazia.
I problemi però sono anche nelle scuole dei quartieri alti, come all’elementare Mario Rapisardi dove i genitori degli alunni hanno dovuto di recente autotassarsi per chiamare il fabbro e fare applicare le grate di sicurezza alle finestre.

RAID VANDALICI. Poi ci sono i gesti vandalici. Come alla scuola Giovanni Falcone, nel quartiere dello Zen a Palermo, dove i bulli fanno irruzione continuamente durante l’anno. O alla scuola elementare Francesca Morvillo, dove nei primi 15 giorni di settembre i barbari hanno colpito cinque volte, mettendo a soqquadro tutte le aule e rubando un videoproiettore. «Hanno distrutto la serranda della finestra al piano terra, ridotto in frantumi il vetro e sono riusciti a raggiungere la classe in cui veniva custodito il videoproiettore. La situazione sta diventando insostenibile e non arriva alcun provvedimento», spiega il dirigente scolastico Luigi Caracausi.

PALERMO IN ATTESA DI 750 SUPPLENTI. E mentre il ministro dell’Istruzione Francesco Profumo ha annunciato l'invio agli insegnanti siciliani di quasi 35 mila tablet, in parecchie classi l’anno scolastico è iniziato senza insegnanti. I 191 mila alunni delle scuole in provincia di Palermo sono ancora in attesa di 750 supplenti professori. Nomine che il provveditorato non riuscirà a concludere prima di fine settembre.
Ma ritardi clamorosi si sono verificati anche nella composizione delle classi. Al prestigioso liceo classico Umberto I di Palermo, gli alunni del IV ginnasio non sapevano in che classe andare il primo giorno di scuola. «Non abbiamo avuto tempo di assortire le classi», si sono giustificati i docenti. Quest’anno infatti i tagli alla spesa del governo Monti hanno sforbiciato anche il numero di presidi e dipendenti amministrativi.
In 171 scuole gli alunni sono meno di 600 e quindi i dirigenti scolastici dovranno essere reggenti di più istituti, a volte in provincie diverse. E 250 posti di personale Ata sono stati cancellati con un rapido tratto di penna per mancanza di budget: è per questo che l’anno scolastico si è aperto nel segno dei presidi e delle proteste degli ex bidelli lasciati a spasso.

UN TESSUTO ECONOMICO E CULTURALE POCO PREDISPOSTO ALL'ISTRUZIONE
Il vero problema della scuola siciliana però sta nei numeri. In teoria in Sicilia per la scuola si spende più della Lombardia. Alle prove cognitive però gli studenti dell’isola si classificano spesso ultimi dietro i loro colleghi del nord. A questo si somma il 30% di atavica dispersione scolastica che accompagna gli istituti siciliani da anni. «Bisogna disaggregare i dati: livello scolastico e livello economico familiare sono direttamente collegati», spiega Mila Spicola, per anni insegnante a Palermo, autrice del saggio La scuola si è rotta, edito da Einaudi.

IL 44% DEI BAMBINI SOTTO LA SOGLIA DI POVERTÀ. In Sicilia infatti 44 bambini su 100 vivono sotto la soglia di povertà. «Questo significa che non hanno un tessuto socio-economico-culturale e familiare predisposto all'istruzione», continua Spicola. «Livello d'istruzione e indice Escs (indice socio economico familiare) sono direttamente proporzionali. In Sicilia dove abbiamo la percentuale più alta di poveri, abbiamo anche la percentuale più alta di dispersione scolastica. Non hanno stimoli culturali a casa, non hanno libri, non vanno al cinema, non hanno tutti i supporti accessori che aiutano un ragazzino a credere nello studio».

POCO TEMPO TRASCORSO IN AULA. Il problema è anche da ricercare nel tempo trascorso in aula che nella regione è inferiore rispetto al resto d’Italia. «Questo è il motivo più importante», racconta Spicola, «significa che i nostri alunni saranno coloro che avranno lacune in partenza rispetto ad altri e che le conserveranno negli anni successivi, perché non ci sono più le compresenze e sono inferiori anche le strutture e le risorse umane e finanziarie».

UN ANNO E MEZZO DI SCUOLA IN MENO. Perché dunque la scuola siciliana costa più di quella lombarda? «Le nostre spese in più sono solo gli affitti, non la cura degli edifici o i fondi di finanziamento e funzionamento delle scuole. Da noi il tempo pieno (cioè 8 ore di scuola al giorno) si ferma al 3% delle classi, mentre in Lombardia c'è nel 90% delle scuole. Questo significa che i nostri alunni di 13 anni hanno un anno e mezzo di scuola in meno rispetto al coetaneo lombardo».

A PALERMO 88 SCUOLE COMUNALI IN AFFITTO. COSI' MANCANO I SOLDI PER LA MANUTENZIONE
E in effetti il buco nero della scuola siciliana è rappresentato proprio dagli affitti. A Palermo per anni i padroni di casa delle scuole sono stati i palazzinari in odor di mafia favoriti dalle varie amministrazioni comunali e provinciali colluse. Affitti d’oro pagati dagli enti per immobili che appartenevano agli «amici degli amici». Oggi, dopo essere stati confiscati con la legge Rognoni-La Torre quegli immobili appartengono allo Stato. Che invece di donarli alle scuole continua ad incassare i canoni di locazione. E gli affitti continuano quindi ad essere a carico degli enti locali.

CANONI ANCHE DA UN MLN DI EURO. A Palermo su 281 scuole comunali ben 88 sono in affitto. In certi casi con canoni da capogiro, che superano spesso il milione di euro.
In pratica il Comune e la Provincia si trovano senza fondi per la manutenzione delle aule perché spendono tutto il budget che hanno a disposizione per pagare onerosissimi affitti all’Erario dello Stato, vero proprietario degli immobili dopo le confische mafiose. Perché l’Erario non dona gli immobili agli enti locali? Secondo Mila Spicola con quelle somme risparmiate «bisognerebbe seguire proprio i più deboli, uno ad uno e dedicare loro le attenzioni maggiori per equilibrare le mancanze. Ma con 30 studenti per classe e sole 4 ore di scuola come si fa?».

Giuseppe Pipitone
23 settembre 2012
www.lettera43.it

 


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