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Si recupera il 2012, ma i salari restano al palo

Tra un decreto (già varato) e un contratto (ancora da fare) ecco come il servizio del 2013 va in fumo

14/01/2014
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ItaliaOggi

Antimo Di Geronimo

 recupero dei gradoni entra dalla porta ed esce dalla finestra. Le retribuzioni dei docenti e dei non docenti, infatti, rimarranno comunque ferme agli importi in godimento nel 2013. Anche dopo il ripristino dell'utilità del 2012 ai fini dei gradoni, a cui si è impegnato il governo con la trattativa in via di autororizzazione.

Perché il dpr n. 122/2013, approvato a fine agosto dal consiglio dei ministri, prevede la cancellazione dell'utilità 2013. E quindi gli effetti del ripristino 2012, che avverrà dopo la firma di un contratto ad hoc, saranno posti nel nulla dall'applicazione del decreto. In altre parole, il nuovo contratto restituirà ai lavoratori della scuola un anno di anzianità di servizio (il 2012) eliminando il ritardo di un anno nella progressione di carriera (i cosiddetti gradoni). E il decreto 122, cancellando il 2013, riporterà nuovamente indietro di un anno le lancette dell'orologio.

Il risultato sarà quello di cristallizzare le retribuzioni agli importi del 2013. Per comprendere appieno la questione è necessario fare un salto indietro fino al 2010: l'anno in cui è stato emanato il decreto legge 78 dall'allora governo Berlusconi. Il decreto 78, infatti, è il provvedimento con il quale è stata disposta la cancellazione dell'utilità di 3 anni ai fini della progressione di carriera: il 2010, il 2011 e il 2012. Ciò ha comportato il differimento di 3 anni del termine di compimento dei cosiddetti gradoni. E cioè dei periodi di servizio al compimento dei quali si ha diritto ad un aumento di stipendio (circa 100 euro). Facciamo un esempio. Il contratto prevede incrementi stipendiali legati all'anzianità di servizio al compimento dei seguenti periodi: 8, 15, 21, 28 e 35 anni di servizio. L'entrata in vigore del decreto legge 78/2010 ha comportato uno slittamento in avanti di tre anni di tutti i relativi termini di compimento dei gradoni. Il primo è passato da 8 a 11 anni di servizio, il secondo da 15 a 18, il terzo da 21 a 24, il quarto da 28 a 31 e l'ultimo, da 35 a 38 anni di servizio. A seguito del pressing sindacale, l'allora ministro d ll'economia, Giulio Tremonti, diede l'ok a un decreto interministeriale (14 gennaio 2011) che ha consentito il ripristino dell'utilità del 2010. E quindi, il ritardo nella progressione di carriera si è ridotto da 3 a 2 anni, determinando i seguenti termini di compimento dei gradoni: 10, 17, 23, 30 e 37 anni di servizio.

Il 13 marzo 2013, poi, è stato sottoscritto un contratto ad hoc che, utilizzando parte delle risorse destinate allo straordinario (i fondi del cosiddetto miglioramento dell'offerta formativa), ha ripristinato l'utilità del 2011, determinando un'ulteriore diminuzione di un anno del ritardo nella maturazione dei gradoni. Così, per effetto di tale accordo, i termini di compimento dei gradoni sono passati a 9, 16, 22, 29 e 36 anni di servizio. Grazie al contratto del 2013, dunque, circa 80mila lavoratori avevano maturato i gradoni, sebbene in ritardo di un anno: una prima tranche con effetti nella busta paga di maggio 2013 e una seconda tranche con effetti nella busta paga di settembre.

Fermo restando che restava comunque da recuperare ancora il 2012. Per il quale è attualmente in corso una trattativa. Senonchè, il 25 ottobre scorso è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il dpr 122/2013, che cancella anche l'utilità del 2013, di fatto, ponendo nel nulla gli effetti del recupero del 2011. E proprio per effetto di questo provvedimento il mineconomia stava per riprendersi i soldi già versati ai lavoratori che avevano maturato il gradone nel 2013.

Poi, però, il governo ha fatto dietrofront. Perché, comunque, quando verrà stipulato il contratto per il ripristino del 2012, il ritardo nella maturazione dei gradoni ritornerà ad essere di un solo anno.

E quindi si ritornerà alla situazione precedente all'entrata in vigore del decreto 122, prima del ripristino del 2012. Insomma, con una mano il governo intende ridare ciò che ha tolto e con l'altra intende riprenderselo. 


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