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Senza bocciature la scuola sarebbe migliore?

Bocciare o non bocciare, è un'alternativa che torna nel dibattito sull'educazione.

04/09/2013
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Corriere della sera

ROMA — «La bocciatura? È utile soltanto in casi rari», perché «quando si entra in una scuola, si entra per uscirne vincitori con il diploma». Parole del ministro dell'Istruzione Maria Chiara Carrozza, che solleveranno il morale agli studenti alla vigilia del rientro.
Meglio una selezione all'ingresso, con l'orientamento, suggerisce il ministro, e casomai proprio non riuscissero a seguire, «indirizzare gli studenti verso altri percorsi», che «l'estrema soluzione». Questione di motivare i ragazzi ma anche questione di sistema: «L'alto tasso di respinti in Italia è legato alla dispersione scolastica e all'incapacità delle famiglie di seguire al meglio i propri figli — ha detto ieri Carrozza al Mattino —. Insomma è un elemento di disagio del sistema educativo nel suo complesso».
Bocciare o non bocciare, è un'alternativa che torna nel dibattito sull'educazione. E in Italia evoca certi fasti scolastici sessantottini e infastidisce i sostenitori del merito. Ma è diventato negli ultimi anni, da quando sono disponibili i rapporti internazionali dell'Ocse (il prossimo alla fine di quest'anno) un tema europeo. Una questione psico-pedagogica certo, ma anche economica. Era stato nel 2008 il ministro dell'Economia Tommaso Padoa Schioppa a fornire i dati del costo per il bilancio dello Stato delle bocciature scolastiche: due miliardi e mezzo all'anno, dieci miliardi in quattro anni, ottomila euro per ogni ragazzo che deve ripetere l'anno, secondo l'Ocse.
Da allora di che cosa fare con i «costi» economici e non solo sociali del fallimento scolastico si è molto parlato. In Italia c'è stata la «stretta» sui voti (condotta innanzitutto) imposta dalla riforma Gelmini. In Europa l'ultima proposta in ordine di tempo è tedesca: la coalizione Spd-Verdi in Bassa Sassonia ha in mente l'abolizione delle bocciature nelle scuole del Land. Non sarebbero d'accordo i colleghi bavaresi: lo scorso giugno in una scuola tecnica vicino a Monaco un'intera classe ha conquistato il record negativo della bocciatura collettiva, 27 su 27 ripeteranno l'anno. Il dilemma europeo attraversa tutti i Paesi. In Francia, dove la scuola vive uno dei momenti più turbolenti degli ultimi decenni, dopo lungo dibattito il Parlamento ha approvato in primavera una legge per la riduzione progressiva delle bocciature che diventano «eccezionali». In Finlandia, il migliore sistema scolastico europeo secondo l'Ocse, come in Danimarca, Grecia, Regno Unito, Norvegia, Svezia e Cipro, la promozione è automatica fino ai 16 anni (scuola dell'obbligo) e la bocciatura è prevista solo in casi eccezionali (assenze, gravissime lacune) e concordata con psicologi e genitori. L'aria cambia nel biennio finale dove il sistema diventa ovunque più rigido.
«Il tema non è quello della bocciatura ma delle alternative che la scuola e le famiglie riescono a mettere in campo prima di arrivarci — spiega Andrea Gavosto della Fondazione Agnelli —. La bocciatura sanziona un errore di percorso e dunque bisognerebbe insistere con l'orientamento». A Torino la Fondazione con il Comune ha predisposto un test attitudinale per tutti i ragazzi delle medie pubbliche per aiutare gli insegnanti a dare indicazioni: «Chi segue i risultati ha un tasso di abbandono minimo». Ma poi servirebbero corsi di recupero personalizzati, scuole aperte il pomeriggio... Insomma, «finanziamenti e una riorganizzazione dell'insegnamento».
Certo il rischio che la scomparsa anche solo della minaccia della bocciatura porti un certo lassismo è un dubbio anche per i sostenitori del sistema più «inclusivo». I dati sulla dispersione scolastica contenuti nell'ultimo rapporto del Miur (giugno 2013) sono chiari sul rischio di fallimento del sistema: rispetto alla media europea l'Italia ha una dispersione del 18%, quasi uno studente su cinque, un tasso più alto della media europea. Dunque è venuta l'ora di cambiare, come peraltro consiglia l'Ocse («I Paesi con il maggior numero di bocciati sono anche quelli con il sistema meno efficiente»)?
A riabilitare la bocciatura è invece uno che ha dovuto «incassare il colpo», parole sue, di dover ripetere la quarta ginnasio e poi, venticinque anni dopo, ha vinto il premio Strega, Niccolò Ammaniti: «La bocciatura serve, se riconosciuta dallo studente e dalla famiglia come tale: come un momento per resettarsi, mettersi in discussione e ricominciare. Se invece è contestata, considerata come un problema da superare senza onta, allora no. Anche se fosse ingiusta, serve perché ti mette alla prova con l'ingiustizia di fondo che c'è anche nella vita».
 Gianna Fregonara
 


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