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Senza aule né studenti, è caos esami

Tra ansiolitici e pagelle fatte a mano gli alunni terremotati preparano la maturità. I professori aspettano un segnale dal Ministero

09/06/2012
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l'Unità

Adriana Comaschi

«Prof, non sapevo che un pavimento si potesse sollevare». Di questo parlano ora, studenti e docenti. A Mirandola, S.Felice sul Panaro, Finale Emilia. L’anno scolastico si è concluso in anticipo, nei comuni vessati quando non semi distrutti dal terremoto nel modenese. Gli scrutini? Sotto le tende, nei giardini. La maturità? Il 20 e 21, come per tutti. Questo dal punto di vista del ministero. La quotidianità degli insegnanti racconta però una storia diversa. Fatta di impegno e insieme di paura costante, di registri recuperati casco in testa tra le macerie delle aule dal soffitto crollato, di pagelle compilate a mano perché non va nulla, né pc né internet. C’è chi prende ansiolitici, sfollato come i propri alunni; chi con i genitori organizza una raccolta fondi per ricostruire le elementari («adotta un pezzo di futuro», il c/c su terremotosanfelice.org); chi va a “caccia” dei propri studenti, dispersi in varie tendopoli, per sapere come va, dare consigli su come preparare gli esami.

 GIÀ, GLIESAMI «Perché non fare come a L’Aquila?». Un solo giorno di prove di maturità, magari orali. A breve si attende un decreto del ministero sul tema, «abbiamo sollecitato la massima flessibilità e alleggerimento - spiega Raffaelle Morsia segretaria regionale FLC Cgil - , per i professionali gli alunni di origine straniera ora tornati all’estero potranno recuperare le prove al ritorno». Chi consulta il sito del Miur però a oggi rimane spiazzato dal freddo linguaggio della burocrazia: si prevede solo che qualora il 20 e 21 o in una sola delle due giornate «si dovesse interrompere la prova per eventi sismici, entrambe o la sola non effettuata avranno luogo il 4 e 5 luglio». Stesso discorso per lo scritto Invalsi, confermato: «l’eventuale interruzione comporterà il rinvio alla sessione suppletiva». «Le pare una risposta sufficiente alla tensione e allo stress?», si chiede e chiede Maria Grazia Frilli, docente delle superiori e sindacalista modenese, «mi pare che a livello nazionale ci sia molta indifferenza, non si coglie la drammaticità della situazione». Come lei, molti si fanno la stessa domanda. «Conosco i mie ragazzi da cinque 5 anni , hanno voglia di studiare - premette Laura Zoccheddu, da 15 docente di lettere al liceo scientifico-tecnologico Galilei di Mirandola -.Masono preoccupatissimi. Prepararsi in una tenda è davvero difficile. E non passa giorno o notte senza una scossa, anche se fanno notizia solo quelle più forti qui si avvertono tutte». Così chi riesce a connettersi a Fb inonda di messaggi la bacheca della prof. Per chiedere consigli sugli esami o anche solo «per sfogarsi, “com’era bello avere una casa, neanche ce ne rendevamo conto». Si oscilla tra malinconia e dignità, «ho offerto loro ospitalitàma tutti mi dicono “non lascio i miei genitori”». Allora è la docente ad arrabbiarsi anche per loro, «ho fischiato Napolitano quando è venuto, lo ammetto, i 3 milioni per la parata del 2 giugno erano più utili qui». «La capacità di concentrazione semplicemente non c’è più - riflette sconsolata Maria Rosaria Esposito, da 11 anni insegnante di diritto all’istituto tecnico del Galilei nonché madre di una ragazza alle prese con la maturità-, vale per gli studenti e vale per noi. Siamo fermi ai momenti del sisma, a quel terrore. E intorno a noi troviamo il nulla: chiusi tutti i negozi, l’ipercoop come l’ospedale andranno abbattuti. I 1200 studenti del nostro plesso, che comprende anche un professionale, non sanno dove faranno lezione da settembre. E ancora prima dove potranno sostenere gli esami quelli di quinta: qui non è questione di indulgenza dei docenti, ma di logistica ». Difficile oggi immaginare di trovare una tenda da 400 posti dove tenere gli esaminandi per 6 ore, con le scosse ancora presenti. Insomma «dal ministro ci saremmo aspettati decisioni più “umane”. Poi come sempre ci atterremoalle disposizioni. Del resto siamo sotto choc, agiamo come automi». E dunque, si lavora. Per dare un segnale di normalità, dove normalità non si sa più cosa significhi. «Dal 20 maggio non abbiamo più visto i bimbi. Ma manteniamo i contatti con le famiglie - racconta una maestra delle elementari di S.Felice - Gente che ha perso casa e lavoro, tutto, ci ferma per avere i nomi dei libri per i compiti delle vacanze. C’è bisogno di riti che ridano umanità e dignità al nostro quotidiano. E allora ci teniamo la paura e facciamo gli scrutini, presto daremo le 400 pagelle. Nella mensa della tendopoli».


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