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Secono XIX: Scuola, è iniziatoil grande esodo715 prof in pensione

Il timore della riforma delle pensioni accelera la "fuga". Mille precari sperano che sia la "volta buona"

03/07/2007
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Il Secolo XIX

cattedre libere

E' IL GRANDE ESODO. In oltre settecento lasciano le scuole e vanno in pensione. Aggiungendosi ai cinquecentocinquanta che hanno lasciato negli ultimi mesi. C'è un passaggio generazionale all'interno delle aule che non si verificava da anni. Del resto, ricordano gli esperti, negli anni Settanta ci fu una massiccia immissione in ruolo con i corsi abilitanti.
Sono quegli stessi che hanno concluso il percorso. Ma una fuga così precipitosa è anche accelerata dal timore che la riforma delle pensioni precluda a molti e per molti anni questa opportunità. Così magari soffrendo, magari lacerandosi, hanno scelto di smettere. E da settembre non si presenteranno più ai consigli di classe, alle riunioni con il dirigente, agli incontri con le famiglie. Appuntamenti a volte "stramaledetti", ma da settembre, quando l'estate diventa troppo lunga e non finisce come sempre tra i banchi, saranno, per alcuni, già rimpianto. E per tanti che se ne vanno, altrettanti ne dovrebbero arrivare. In provveditorato non è ancora arrivato il numero che compone il contingente delle immissioni in ruolo. Forse maggiorato rispetto allo scorso anno. Lo si attende da settimane dal ministero della Pubblica Istruzione. Una preziosa notizia che tarda. A "coprire" quei posti lasciati vacanti sarà pronto anche l'esercito dei precari. Ben sapendo che anche questo governo ha sforbiciato gli organici e non di poco.
Quanti se ne vanno in pensione? Ci dà il dettaglio Marino Alberi, che a sua volta, lo scorso anno, si è pensionato da dirigente di una scuola media e oggi dà il suo contributo in Provveditorato, coordinando il lavoro frenetico degli uffici-pensione. Le domande iniziali erano 733, quelli che a settembre non torneranno a scuola saranno 715. Nelle medie inferiori e superiori sono 370, 120 nelle elementari, 30 nelle materne, qualche decina fra dirigenti e amministrativi, e 110 bidelli, ovvero personale Ata. Quanto ai dirigenti, spiega Alberi, quelli in pensione verranno sostituiti da coloro che hanno vinto il concorso ordinario le cui nomine avverranno in questa settimana e anche dai vincitori del concorso riservato ai soli presidi incaricati.
Davvero una grande fuga. Proseguirà anche il prossimo anno? «Dipende da Prodi», si dice negli uffici del provveditorato. Di solito una buona parte degli insegnanti va in pensione quando raggiunge i 40 anni di contributi. Va da sè che adesso c'è stata anche l'infornata anche di coloro che hanno scelto a 57 anni di età e 35 di contributi.
Paola Repetti, portavoce della segreteria Cgil Scuola teme che non tutti questi posti vacanti vadano "coperti", che succeda come in certe aziende private che i pensionamenti sono dei "risparmi" sull'organico. «Come si muoverà il ministero? Lo sapremo nei prossimi giorni quando sarà reso pubblico il documento sulla disponibilità finanziaria. Probabilmente sistemeranno i precari storici. Ma speriamo che questi pensionamenti non siano appunto il modo per rendere meno indolori i tagli della Finanziaria...Se questo avviene vuol dire che ancora una volta non si è voluto investire sul futuro del paese».
Dunque per i mille precari genovesi un po' di ossigeno.
Ma anche per i sindacalisti, che pure plaudono per questa soluzione, per la conquista così sofferta di un posto di lavoro, il cambio non sarà alla pari. «Con questi tre anni di pensionamenti perdiamo un capitale umano e professionale non da poco - dice Repetti - questi che se ne vanno sono gli insegnanti che hanno costruito il diritto allo studio di tutti e per tutti, un luogo dove si costruisce la cittadinanza. Quanto ai precari, E' una condizione che fa male a chi la vive e alla scuola stessa: sballottati così come sono da sempre una volta entrati definitivamente nella scuola sono a pezzi e non ne hanno più voglia». Intanto i sindacati, il 4 luglio, si incontrano con la direzione regionale sugli organici di fatto «Vedremo se c'è la volontà politica di coprire i vuoti».
Donata Bonometti


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