25/07/2008
GENOVA. Sabrina, 37 anni, lavora all'Università, facoltà di biologia, come ricercatrice. Precaria. «Da dieci anni vado avanti come co.co.co. ...Sono riuscita a sposarmi soltanto l'anno scorso. Non ho figli. E per comprare casa, ho potuto accendere un mutuo soltanto grazie al lavoro di mio marito, che fa l'opeartore ecologico , lo spazzino, all'Amiu. Ripensandoci, avrei fatto meglio a fare dell'altro nella vita. Per tutto questo tempo sono andata avanti sperando che prima o poi mi avrebbero assunta come ricercatrice fissa. Ora non so nemmeno se mi rinnoveranno come co.co.co.».
La paura di Sabrina, e dei circa 400 ricercatori a tempo determinato dell'Università di Genova, cui si aggiungono altri 500 impiegati - segretari, bibliotecari, uscieri - precari, è riassunta in un numero: 112. Meglio noto come decreto Brunetta, dal nome del suo promotore, il ministro per la pubblica amministrazione, o decreto antifannulloni, perché punta alla "semplificazione" e "competitività" della pubblica amministrazione, il decreto in questione - che non è stato ancora convertito in legge ed è dunque suscettibile di modifiche - prevede tagli drastici ai finanziamenti universitari.
«Cinqucento milioni di euro di tagli: le università italiane avranno meno soldi per la ricerca e per stabilizzare il loro personale», dice Stefano Boero, impiegato tecnico-amministrativo presso l'ateneo genovese e responsabile dei precari per la Flc, la divisione scuola e università della Cgil. «Mi domando come un professore del nostro ateneo, il senatore del Pdl (ed ex candidato sindaco, poi sconfitto da Marta Vincenzi, ndr.) Enrico Musso possa approvare una legge simile». La protesta estiva dei sindacati, che, se il decreto verrà convertito in legge così com'è, minaccia di tradursi in un autunno di scioperi e manifestazioni, trova larga eco nelle alte sfere accademiche. «Con tale misura - afferma la Crui, conferenza nazionale dei rettori - si determinerà una condizione finanziaria del tutto ingestibile, con effetti dirompenti per gli atenei. Si renderà sempre più difficile l'ingresso nei ruoli di giovani di valore; peggiorerà il livello di funzionalità delle Università, anche come conseguenza dell'ulteriore mortificazione delle condizioni retributive del personale tecnico e amministrativo».
Senza contare, poi, la norma racchiusa nell'articolo 16 del decreto, sulla trasformazione delle università in fondazioni private. «Così - dice Marco Broccati, della segreteria nazionale di Flc - rischiamo di perdere e impoverire il patrimonio di cultura delle nostre università, privatizzandole». Francesco Margioccomargiocco@ilsecoloxix.it
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