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Secolo XIX:Prodi, stop alle riforme di scuola e giustizia

Il governo invia ai presidenti di Camera e Senato l'elenco dei provvedimenti più urgenti. La Cdl risponde a muso duro e promette battaglia a tutto campo Pronta l'agenda dei cento giorni: priorità a Iraq e Dpef

27/05/2006
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Il Secolo XIX

Roma. L'agenda dei primi cento giorni è pronta. Il governo ha tracciato il percorso che intende seguire nelle prossime settimane: Romano Prodi ha inviato ai presidenti di Camera e Senato un lungo elenco di provvedimenti da mettere in calendario come priorità. Ci sono il ritiro dall'Iraq e il Dpef, ci sono un decreto sulle quote rosa e una delega per la riforma delle politiche industriali. Ma non basta. L'elenco, da ieri sulle scrivanie di Fausto Bertinotti e Franco Marini, contiene una prima serie di picconate alle riforme del precedente governo.

«Passiamo subito dalle chiacchiere ai fatti», ha detto Prodi ai vice premier Massimo D'alema e Francesco Rutelli, con i quali ha concordato «un'agenda di breve termine» da attuare da qui all'estate, anche meno di cento giorni, mettendoci dentro lo stop per il referendum di giugno e la pausa d'agosto. Subito dopo, il ministro vanno Chiti ha bussato ai portoni di Montecitorio e palazzo Madama con il calendario delle misure, che già fanno gridare la Cdl alla «irresponsabilità» del governo. Insomma: un atto di guerra. Così viene considerato dal centrodestra. E in parte lo è.

Di fronte alla linea dura adottata da Silvio Berlusconi, che ha minacciato una marcia su Roma («se continuano con questa arroganza, credete che dobbiamo andare tutti a Roma?», ha incitato i supporter milanesi), Prodi ha deciso di passare ai fatti evitando di restare fermo sulla graticola a subire gli attacchi della Cdl e le esternazioni dei suoi ministri. Da qui, la scelta di stilare un piano di azione e di renderlo noto: il governo si prepara a mettere mano alla inappellabilità (ex Cirielli) e alla riforma della scuola (il secondo ciclo). Non passa inosservato il riordino dei criteri di assegnazione alle tv dei diritti sportivi.

E, fra i provvedimenti al nastro di partenza, c'è n'è anche un altro, già annunciato dal ministro Clemente Mastella: verrà"congelata" la riforma della giustizia, rinviando la data di entrata in vigore dei decreti attuativi. Il dossier del governo, inviato a Camera e Senato, suona come quindi l'inizio di un massiccio smantellamento della politica di governo attuata da Berlusconi. Fuori dall'elenco, la scure di Prodi si abbatte anche su un'opera simbolo come il Ponte sullo Stretto: «Ci sono altre priorità. Il Ponte lo vedrà mio figlio», dice il Professore durante il suo giro elettorale in Sicilia.

Le priorità di Prodi sono altre. Poiché non si sa bene qual è il reale stato di salute dei conti, decolleranno per primi i provvedimenti che non hanno ricadute sui capitoli di spesa ma ne hanno invece sul piano politico. È una risposta agli attacchi incessanti e pesanti di Berlusconi, che non conoscono tregua: «Faremo un'opposizione dura senza paura. Questi signori hanno occupato tutte le cariche dello Stato e ci sono 11 ministri comunisti, con il segretario del Pci, che ora si chiama Ds, agli Esteri».Berlusconi non si rassegna: «Sembra che la sinistra abbia vinto l'85 per cento dei voti e che l'Italia sia un paese comunista», proclama in un comizio a Milano. Ma Prodi gli replica a tono: «La disgrazia è che ho vinto le elezioni, mi dispiace e gli chiedo scusa. Le elezioni le ha perse ed è inutile che cerchi di alzare la voce come se le avesse vinte e fosse stato spodestato dal governo».

In ogni caso, il Professore chiarisce che «le amministrative non sono un test per il governo». Ma il Cavaliere resta sul piede di guerra, pronto a scendere in piazza e a marciare su Roma. Lo scontro più aspro si annuncia però in Parlamento quando si avvierà l'esame dei provvedimenti annunciati ieri. Il coordinatore di Fi Sandro Bondi è già in trincea. Le misure in arrivo? «Il segno di una totale irresponsabilità politica e della volontà di spaccare il paese. La sinistra vuole cancellare l'eredità riformista del nostro governo».

Visto che gli inviti al dialogo non fanno breccia (l'accordo sulle commissioni sembra destinato a naufragare), Prodi adotta sua volta una strategia d'attacco, mettendo così in cantiere una lunga sequenza di misure, che a palazzo Chigi dicono saranno adottate nel giro di due mesi e sembrano l'inizio della fine per alcune riforme, chiave come la scuola e la giustizia. Ma il professore deve guardarsi le spalle anche dai suoi ministri, quelli che chiacchierano troppo: «Basta chiacchiere, ora al lavoro», ribadisce Prodi in attesa di chiarire le deleghe al prossimo Consiglio dei ministri.

Le chiacchiere dei ministri offrono argomenti quotidiani alla Cdl: «Sono un'armata Brancaleone», ironizza Giulio Tremonti. I capigruppo di Fi Renato Schifano ed Elio Vito proporranno agli alleati una mozione di sfiducia contro il ministro dei Trasporti Alessandro Bianchi, accusato di simpatizzare pubblicamente per Cuba e Fidel Castro. «Bianchi? Le sue dimissioni sono un atto dovuto», dice l'Udc Carlo Giovanardi. Ma Prodi intende arginare le chiacchiere e intanto dice: «Ogni motore va collaudato. Fra un po' sentirete l'armonia, sarà come una Ducati o una Ferrari».

Michele Lombardi


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