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Secolo XIX: Premi solo ai più bravi, chi sbaglia paga

«Siamo di fronte ad un gravissimo attacco al contratto e ai diritti dei lavoratori» ha detto Domenico Pantaleo, segretario generale della Flc-Cgil.

10/10/2009
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Il Secolo XIX

Mai più premi a pioggia, ma solo ai più meritevoli individuati attraverso una sorta di pagella; pugno di ferro contro impiegati e dirigenti lavativi che andranno incontro a sanzioni severe, fino al licenziamento; mobilità “spinta”, anche senza il consenso del dipendente; riduzione degli spazi di contrattazione collettiva. Questo e tanto altro è la riforma Brunetta della pubblica amministrazione, approvata ieri dal Consiglio dei ministri e che diventa quindi operativa a tutti gli effetti tra gli statali, dopo un iter durato 15 mesi.

«Una rivoluzione e una grande spinta per la modernità del Paese» l’ha definita il premier, Silvio Berlusconi, battendo sul tasto di «ridare fiducia e merito alle persone eccellenti, molte nella pubblica amministrazione». Una riforma «in positivo, per dare più servizi ai cittadini, più scuola, più salute, più trasparenza, più mobilità, più soddisfazione dei cittadini clienti» ha sottolineato il ministro Brunetta, rispondendo a quanti l’hanno già bollata come la riforma delle punizioni e dei tagli. Il giudizio più severo è arrivato dalla Cgil: «Siamo di fronte ad un gravissimo attacco al contratto e ai diritti dei lavoratori» ha detto Domenico Pantaleo, segretario generale della Flc-Cgil. Corso d’Italia ha annunciato che «contrasterà qualsiasi iniziativa legislativa che metta in discussione il sistema della rappresentatività introdotto con la legge alla quale aveva lavorato Massimo D’Antona. Il congelamento dell’accertamento della rappresentatività e il rinvio, deciso per legge, del voto per l’elezione delle Rsu - ha concluso il sindacato - rappresentano un’iniziativa solo politica di dubbia legittimità costituzionale».

Positivo, invece, il giudizio degli altri sindacati. La Uil condivide «gli obiettivi di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico, dell’efficienza e della trasparenza delle pubbliche amministrazioni». La Cisl apprezza la «serietà e il coraggio» dimostrati dal ministro in questa circostanza, aggiungendo che «è da lì che bisogna partire per realizzare, anche attraverso il confronto con i lavoratori, un sistema di valutazione che non ricalchi gli errori del passato». La riforma ha avuto inoltre la promozione a pieni voti nei giorni scorsi di Confindustria.

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Brunetta, visibilmente soddisfatto, si è detto convinto che la sua “cura” porterà «ad un aumento della produttività del 20-30-40-50% nell’arco dei prossimi anni». Superando così anche il gap rispetto ad altri paesi, come Francia o Germania, dove c’è meno burocrazia e dove i costi sono inferiori. E comunque, non si tratta di un testo blindato, ha spiegato: «Nessuno è perfetto, anche la riforma della pubblica amministrazione è perfettibile. La dobbiamo sperimentare e i Comuni italiani lo faranno da subito». Con «grandi risultati nell’arco di due o tre anni» si è detto sicuro Brunetta.

L’asse della riforma sono i premi al merito. Non più di un quarto dei dipendenti di ogni amministrazione pubblica potrà beneficiare del trattamento accessorio nella misura massima prevista dal contratto; e non più della metà potrà goderne in misura ridotta del 50%. Chi non lo merita, invece, non prenderà neppure un euro.

Cambiano le cose anche per i dirigenti. A loro il compito di valutare la performance di ciascun dipendente. E fin qui nulla di strano. Ma saranno sanzionati se non svolgeranno efficacemente il proprio lavoro. Anche loro, come tutti gli altri impiegati, saranno sottoposti alla valutazione di un’Authority. Ogni anno questa commissione speciale predisporrà una graduatoria di performance delle singole amministrazioni, in base alla quale la contrattazione ripartirà le risorse. I dipendenti pubblici dovranno poi abituarsi all’idea di una mobilità “spinta”. Se necessario dovranno spostarsi da una struttura all’altra, in base alle esigenze della “macchina” amministrativa, anche se non sono d’accordo. E poi occhio ai certificati medici. Perché la riforma prevede sanzioni anche di carattere penale in caso di falsi certificati medici, nei confronti del dipendente per il quale scatta il licenziamento con l’obbligo del risarcimento del danno, ma anche del medico eventualmente corresponsabile, che sarà radiato dall’albo. Finisce anche il mito dello statale con il posto sicuro. È prevista, infatti, l’estrema ratio del licenziamento nel caso del ripetersi di assenze ingiustificate, del rifiuto senza motivi del trasferimento, della presentazione di documenti falsi per l’assunzione o per essere promossi. Perderà il posto anche chi si rende protagonista di comportamenti aggressivi e molesti, o di un prolungato rendimento da “fannullone”.


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