Secolo XIX: «Il governo fermerà le Università spendaccione»
dopo il piano del tesoro Il sottosegretario Modica: sì a eventuali commissariamenti, no al blocco delle assunzioni
GENOVA. L'allegra politica di assunzione e promozione del personale e il calo dei finanziamenti pubblici sono all'origine degli attuali problemi di bilancio di molte università. Non soltanto di quella genovese, che non è nemmeno tra le più malconce: Firenze, Pisa, Trieste e l'"Orientale" di Napoli stanno peggio, e su 75 atenei ben 19 navigano a vista. Il quadro insomma è grigio, e urge un restauro. Lo sostiene un documento del ministero dell'Economia, lo conferma il sottosegretario all'università Luciano Modica, con un'autocritica. «C'è una responsabilità politica. Del governo Berlusconi ma anche degli ultimi anni del precedente governo di centrosinistra e persino dell'attuale maggioranza che nel suo primo anno ha sottovalutato il problema».
I nodi sono venuti al pettine. La dinamica dei fondi pubblici alle università, anzitutto, decisa ogni anno dalla Finanziaria ma discontinua, insufficiente, indulgente con le università spendaccione, che hanno beneficiato di troppi soldi, e severa con quelle virtuose, che avrebbero meritato di più. Nonostante la penuria di risorse, alcuni atenei hanno assunto a man bassa: i ricercatori, il primo grado della carriera accademica, sono cresciuti complessivamente del 22%, i professori ordinari del 48%. E poiché un ordinario costa più del doppio di un ricercatore, le spese in personale sono aumentate, dal 2001 al 2004, di un miliardo di euro. Le norme per evitare il dissesto finanziario ci sono, ma non vengono applicate. E il governo, finora, non se n'è curato molto.
Un ministero più vigile, un'attenta programmazione delle spese da parte di ogni università e l'aumento dei fondi pubblici e degli incentivi per gli atenei con i conti in regola. Questa, in sintesi, la ricetta del ministero dell'Economia. «La condivido totalmente - dice Modica -, e ora stiamo cercando il modo migliore di metterla in pratica».
Nato a Catania ma toscano d'adozione, Luciano Modica, 57 anni, ha un profilo brillante: laurea alla Normale, quindi professore di analisi matematica all'Università di Pisa, di cui nel 1993 diventa rettore. Carica che conserva fino al 2002, quando viene eletto parlamentare dei Ds, e che ora gli procura un lieve imbarazzo. Stando all'analisi di via XX Settembre, il bilancio dell'Università di Pisa non è dei più felici e potrebbe richiedere misure urgenti misure urgenti per il ripiano del bilancio nonché, come estremo rimedio, il commissariamento dell'intera struttura.
«Condivido anche queste misure urgenti. Non dimentichiamoci però che le riguarderebbero quelle università che oltre a spendere troppo in personale si sono indebitate con mutui che non riescono ad onorare. Ho l'impressione che in nessuna università italiana si siano verificate entrambe le condizioni. Detto ciò, sono d'accordissimo con le proposte nel documento. Compreso il commissariamento, quale extrema ratio. Sul piano giuridico sarebbe un intervento molto difficile da applicare. Sul piano politico, è evidente che se le università non si mettono tutte in riga dovremo intervenire».
Il ministero dell'Economia propone anche l'aumento dei premi per le università virtuose, attraverso maggiori finanziamenti .
«Lo prevede anche il nostro programma di governo, e lo faremo. Nell'ambito però di un aumento generale dei finanziamenti pubblici agli atenei, che, al netto dell'inflazione, in questi anni sono rimasti fermi. Ma attenzione: l'aumento dei finanziamenti non può prescindere dall'aumento dei controlli. Le università hanno bisogno di più soldi, ma devono anche stare molto più attente a come spenderli. E il ministero vigilerà».
Come?
«Cominciando a far rispettare le leggi che già esistono e che sono state troppo a lungo disattese. Le università non possono spendere in stipendi più del 90% del loro Ffo (Fondo di finanziamento ordinario, il principale capitolo di entrata degli atenei, stanziato ogni anno dal ministero, ndr), e quelle che sforano non possono impegnare in nuove assunzioni e promozioni di personale più del 35% delle risorse liberate dal turnover (ogni trecento euro liberati possono spenderne appena cento, ndr). La legge c'è, e come spesso avviene in Italia la vera rivoluzione consiste nel farla rispettare».
Non si corre il rischio di bloccare le assunzioni?
«E' un rischio da evitare, e per questo se da un lato inaspriremo i controlli, dall'altro dobbiamo migliorare la quantità e la qualità dei finanziamenti. Incentivando le assunzioni di giovani ricercatori, e favorendo una corretta distribuzione dell'organico. Ultimamente, è vero, i professori ordinari sono cresciuti più dei ricercatori generando una struttura gerarchica non più a piramide ma a cilindro.
Ma questo tipo di struttura è comune anche a molte università straniere. Il fatto secondo me fuori dal comune, su cui riflettere, è che in Italia atenei grosso modo simili per qualità e prestigio - da Bologna a Genova, da Milano a Pisa - sono in condizioni finanziarie molto diverse tra loro. Segno che le università in difficoltà devono fare una seria autoanalisi. Senza una presa di coscienza da parte loro, i nostri sforzi non basteranno».
Francesco Margiocco