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Secolo XIX: Bindi, Fioroni, Mussi, Ferrero e Turco cinque ministri sulle barricate

Primo giorno di esame per la finanziaria e, in Consiglio dei ministri, va in scena la resistenza contro i tagli annunciati

01/09/2006
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Il Secolo XIX

Primo giorno di esame per la finanziaria e, in Consiglio dei ministri, va in scena la resistenza contro i tagli annunciati. La manovra dovrà garantire il rispetto degli impegni con l'Europa, afferma il premier Romano Prodi in apertura della riunione. E non potrà subire ulteriori restyling, dice senza mezzi termini il ministro dell'Economia Tommaso Padoa-Schioppa. Insomma, 30 miliardi in un anno: non uno di più, non uno di meno. Troppi per non far venire il mal di pancia all'intera schiera di ministri.

Così, da poco prima delle 10 di mattina fino all'ora di pranzo, è un susseguirsi di rivendicazioni e dissensi, riconosciuti pubblicamente dallo stesso premier in conferenza stampa.

Fanno la voce grossa i ministri dielle Rosy Bindi («dove andiamo a prendere 30 miliardi?») e Beppe Fioroni («la scuola ha già difficoltà, non può subire nuovi tagli»). Malumori nei Ds con il ministro Fabio Mussi, che mette l'accento sulla condizione «già difficile» in cui si trovano Università e Ricerca e con il ministro della Salute Livia Turco, che si oppone all'idea che la mannaia della manovra si possa abbattere sul sistema sanitario nazionale - anche se in serata arriva la smentita dello stesso ministro: «Nessun braccio di ferro lavoro di squadra».

Il confronto, aspro, però non si sarebbe mai trasformato in una guerra, anche perché Padoa-Schioppa spiega di non aspettarsi dai suoi colleghi una valutazione della finanziaria nel suo insieme, puntando su una manovra alla fine il più possibile condivisa.

Ma, se la disponibilità al dialogo c'è, la discussione non si annuncia facile. Se ds e dl manifestano malumori, la più decisa levata di scudi viene dalla sinistra radicale. Già ieri il ministro del Prc Paolo Ferrero è stato uno degli ossi più duri, ribadendo la richiesta di «non chiudere la trattativa con l'Europa» e di aprire «un confronto nella maggioranza perché la Finanziaria è un passaggio importante». E, all'uscita dalla riunione, il ministro comunista ha scelto di andare giù duro («una manovra da 30 miliardi non si regge»), insistendo sulla «possibilità di discutere l'ipotesi di spalmare la manovra su due anni». Più laconico e meno sulle barricate il ministro dell'Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio, che assicura che sarà una manovra «equa e seria».

Clima di preoccupazione per i tagli anche fuori dal palazzo del governo. In prima linea sempre Rifondazione, ma sull'attenti anche il Pdci di Oliviero Diliberto. E se il segretario del Prc Franco Giordano pone il governo di fronte a una alternativa secca: ridurre la manovra o ricontrattare i tempi, dopo giorni di silenzio, torna a parlare Diliberto (Pdci), che condivide l'appello di Ferrero affinché il governo «apra una trattativa con l'Europa» per garantire il rientro del deficit sotto il tetto del 3% ma senza pesare sui «ceti popolari


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