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Se il pc a scuola non aiuta i ragazzi “Risultati peggiori in lettura e scienze”
Uno studio Ocse: l’apprendimento peggiora nelle classi dove si usa troppo la tecnologia
15/09/2015
la Repubblica
Corrado Zunino
Lo dice l’Ocse, che è l’organizzazione dei paesi al mondo più industrializzati: non vi è certezza che i grandi investimenti pubblici e familiari su computer in classe e connessioni internet a scuola migliorino le performance scolastiche dei nostri ragazzi. Il programma Ocse per la valutazione degli studenti, guidato da Andreas Schleicher, ha elaborato un dossier — “Making the connection” — che, tra molte cautele, sostiene: «Studenti incapaci di navigare attraverso un complesso paesaggio digitale non saranno in grado di partecipare completamente alla vita economica, sociale e culturale intorno a loro», tuttavia «i primi risultati comparativi basati sui test Pisa dicono che i quindicenni che usano moderatamente i computer a scuola tendono ad avere un miglior apprendimento dei coetanei che lo usano poco o nulla, ma quelli che lo utilizzano in modo massiccio tendenzialmente peggiorano nella lettura, in matematica e nelle scienze». Risulta, questo, nei paesi più avanzati, che negli ultimi quindici anni hanno investito forti risorse nell’informatica. Inoltre, la tecnologia scolastica spinta allarga la forbice di apprendimento (“skills divide”) tra ricchi e poveri. In Italia siamo quarti (su quaranta) nel rapporto tra condizioni economiche e performance educative: i poveri che usano troppo internet vanno davvero male a scuola.
Nelle nazioni in cui stare online in classe è abitudine si assiste a un declino della capacità di lettura, e così nell’esercizio della matematica (sedici paesi migliorano, venti peggiorano). L’Italia è settima in digital reading, alta in classifica quindi, e sulla matematica tra il 1993 e il 2012 ha guadagnato venti punti. Il risultato, secondo lo studio Ocse, è da attribuire al fatto che da noi la cultura di internet a scuola è recente e frammentaria: non facciamo parte dei paesi che hanno investito strutturalmente sull’online e quindi non avvertiamo ancora i peggioramenti scolastici che ne derivano. Ogni quindicenne italiano usa il computer in classe 19 minuti al giorno, contro una media Ocse di 25 minuti e picchi in Grecia (42 minuti) e Australia (52). Corea e Shanghai, che hanno le migliori perfomance mondiali in lettura digitale e matematica al computer, hanno pc solo nella minoranza delle loro scuole (42% e 38%).
Il dossier lascia molte domande inevase, ma tenta una prima interpretazione della questione “troppo internet non fa crescere l’apprendimento”. Uno, in nessun passaggio educativo si può prescindere da un’interazione intensiva docente-discente e la tecnologia a volte distrae da questo fondamentale «rapporto umano». Due, l’insegnamento non è ancora adeguato: un‘ipertecnologia del XXI secolo oggi si inserisce su una pedagogia del Ventesimo. Infine, i software educativi sono ancora di basso livello, «molto inferiori ai giochi elettronici» che i quindicenni nel mondo sono abituati a maneggiare. «Se gli studenti usano gli smartphone per fare copia e incolla delle risposte prefabbricate non diventeranno più intelligenti. La tecnologia può amplificare un grande insegnamento, non sostiturne uno mediocre». L’Ocse chiede agli insegnanti di diventare agenti attivi del cambiamento, «non solo per far crescere le innovazioni digitali, ma per disegnarle ». I docenti che meglio integrano computer e lezioni sono anche quelli più innovativi e vicini ai ragazzi nelle pratiche di insegnamento.
L’adolescente che usa internet più di sei ore il giorno, in classe si sente più solo, arriva tardi a scuola, la salta. E un eccessivo uso del web regala povere perfomance accademiche. Sono pochi gli studenti italiani, rivela l’Ocse, che dicono: «A scuola mi sento solo». Tra il 5 e il 9 per cento. Una sana arretratezza.