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Scuole, esplode il caso Puglia: «Scuole chiuse fino al 5 marzo»

I comitati di genitori protestano, i sindacati e i presidi soddisfatti. Didattica a distanza fino al 5 marzo, preoccupa la variante inglese

23/02/2021
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Corriere della sera

Valentina Santarpia

Il modello Puglia fa marcia indietro. Dopo aver dato la possibilità alle famiglie di scegliere per mesi se tenere i propri figli in didattica a distanza o in classe, in presenza, il governatore Michele Emiliano ha deciso, con una nuova ordinanza, che gli studenti restano a casa. Tutti, delle scuole di ogni ordine e grado, dall'infanzia alle superiori, con poche rare eccezioni (laboratori, alunni con disabilità e bisogni educativi speciali) valutate dalle singole scuole e comunque nel limite massimo del 50% in presenza per classe. Il provvedimento, scattato sabato, avrà validità fino al 5 marzo, data entro la quale sono attese le nuove decisioni del governo. Nonostante la regione sia in fascia gialla, l'ordinanza è motivata dal «tasso di diffusione del virus» osservato nelle ultime settimane «tra bambini e adolescenti» che, «associato alla cosiddetta `variante inglese´ contraddistinta da maggiore trasmissibilità, induce a ritenere che si sia notevolmente aggravato il rischio di trasferimento in ambito familiare». Si tratta, precisano dalla Regione, di un provvedimento temporaneo che servirà anche a completare la campagna vaccinale sugli operatori scolastici. «L'ordinanza è un punto di equilibrio tra salute e istruzione», sostiene il governatore.

Il sollievo di sindacati e dirigenti scolastici

Finalmente plaudono sindacati e presidi, che avevano più volte denunciato i rischi della presenza a scuola: tant'è vero che Cgil, Cisl, Uil, Snals, Gilda e Anief hanno revocato la manifestazione di protesta in programma per oggi dopo due giorni di confronto con l'assessore regionale, Sebastiano Leo: «Nell'accordo sottoscritto con l'assessore registriamo un'importante novità che segna, una volta per tutte, un'inversione di tendenza: la Regione ha accolto la richiesta di parte sindacale di eliminare dall'ordinanza l'illegittimo provvedimento che attribuiva alle famiglie la responsabilità di adottare, facoltativamente, la didattica digitale da casa in luogo della didattica in presenza senza che gli organi collegiali delle singole scuole potessero intervenire per un'adeguata valutazione organizzativa, didattica e pedagogica». Ma se loro revocano lo scioperano, la protesta scatta su altri fronti.

La protesta di comitati e opposizione

Sono infuriati il Comitato per il diritto alla Salute e all'istruzione e Priorità alla scuola che hanno organizzato per lunedì mattina un presidio davanti a tutte le scuole per denunciare il «caos Puglia»: «Il presidente Emiliano, tra un pomodoro secco e l'altro, ha messo sott'olio i diritti ancora una volta. Nell'ordinanza odierna, scrive per quindici giorni ma sappiamo bene che il periodo potrebbe facilmente allungarsi: per ora sappiamo - sottolineano - che entro fine mese la Regione avrà dosi a sufficienza per coprire il 70% del personale e che l'efficacia protettiva del vaccino è a 21 giorni. Due conti bastano per dire che nessuna certezza vi è sulla riapertura né il 5 marzo né in un'altra data. Nessuna misura compensativa, nessun aiuto alle famiglie che abbiano esaurito permessi e congedi. Se poi il provvedimento incida soprattutto sulle donne ad Emiliano e al suo governo poco interessa». Anche i partiti scalpitano: «Su quali dati il duo Emiliano-Lopalco decide? Quale situazione grave e comprovata li porta a fare scelte così importanti per la vita quotidiana dei pugliesi? Perché siamo l'unica regione in zona gialla in cui la scuola resta chiusa? La chiarezza e la trasparenza sono quanto mai necessarie in questo caso», scrive Davide Bellomo, capogruppo della Lega in Consiglio regionale della Puglia , che insieme ai colleghi ha presentato un'interpellanza urgente sull'ordinanza di Emiliano. Gabriele Toccafondi (Iv) chiede un intervento del governo «per fissare rispetto all’apertura e alla chiusura delle scuole, criteri chiari, oggettivi, validi per tutte le regioni soprattutto inderogabili».


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