Scuole del Sud. Contro l'evasione più autonomia
Profumo a Napoli con il commissario UE: Ora un diverso reclutamento dei docenti
Maria Paola Milanesio
Più autonomia alle scuole, diverso reclutamento per gli insegnanti, un rapporto collaborativo tra il centro - il ministero - e il territorio - le scuole. A parlarne è il ministro dell’Istruzione Francesco Profumo, ieri e oggi a Napoli per discutere con il commissario Ue Hahn del Piano di Coesione che vede la scuola tra le priorità. «È un progetto caratterizzato da un elemento ben preciso: la ripresa dell’Italia parte dal Mezzogiorno, non più avvertito come una zavorra per il Paese, ma come un’opportunità». Il governo definisce la scuola determinante per lo sviluppo. Un obiettivo ambizioso, ma dall’Europa arriva solo un miliardo. «In realtà la partita vale circa un miliardo e mezzo. Ma al di là delle cifre, conta anche il nuovo rapporto tra ministero e scuole, università e ricerca. I progetti dovranno nascere insieme, non si tratterà, da parte del ministero, di autorizzare ma piuttosto di collaborare». Più autonomia per le scuole, dunque? «Sì, un’autonomia responsabile che si declina in quattro punti: una valutazione di tipo propositivo; un diverso governo delle scuole, passaggio obbligato nel momento in cui si afferma un nuovo concetto di responsabilità; autonomia finanziaria e gestionale; diverso reclutamento degli insegnanti». Non deve cambiare anche il rapporto tra scuola e mondo del lavoro? E come è possibile al Sud, dove la disoccupazione giovanile è altissima? «In realtà il discorso è più ampio. Penso a un rapporto costante con la scuola nel corso di tutta la vita, anche con una alternanza continua tra scuola e lavoro. Penso a una sorta di tessera a punti di attività formative, che vanno dall’infanzia fino a un’età avanzata, e che ognuno può utilizzare anche in funzione delle diverse esigenze del territorio». Va bene, ma per il presente che cosa si può fare? «Le cito un caso concreto, che ha riguardato proprio la Campania. Qualche anno fa un progetto nord-sud coinvolse l’Università Federico II e il Politecnico di Torino. La sinergia comprendeva progetti congiunti, attività di formazione in forma virtuale, tirocini in aziende. Gli studenti campani vennero mandati al nord, e quelli piemontesi al sud». La scuola pubblica al nord si regge molto sui contributi delle famiglie, ma nel Mezzogiorno accade il contrario: è lo Stato a pagare. Che cosa comporta questo, in una condizione di crisi pesantissima? «Comporta un ripensamento delle spese e degli investimenti complessivi. Prendiamo il caso dei libri scolastici: ora le famiglie acquistano i libri, ma perché non pensare a una diversa modalità di condivisione? Si possono prendere a prestito dalla scuola e poi riportarli; si può ricorrere solo parzialmente a libri su carta e per l’altra parte a volumi in formato elettronico». Quando partirà il Piano sud per la scuola? «A fine gennaio lo presentiamo all’Ue. Si può partire nel giro di qualche mese». L’abbandono scolastico è molto alto in Campania. È anche questo un tema di cui dovranno occuparsi le scuole nell’ambito della loro autonomia responsabile? «È indubbio che questo fenomeno si può risolvere solo partendo dal territorio. Se riusciremo a consentire ai ragazzi che vengono da aree difficili di restare più a lungo a scuola, daremo loro gli strumenti per essere più maturi e forti quando affronteranno il mondo del lavoro».