Scuole aperte d’estate, si parte da Napoli: «15mila euro a istituto»
Il ministro Giannini presenta il progetto «Scuola al centro», per medie e superiori di quartieri a rischio di 4 città: 10 milioni di euro per impegnare i ragazzi in laboratori ed attività sportive. Per gli insegnanti «nessun obbligo, ma un compenso»
Antonella De Gregorio
Ridurre la dispersione scolastica, coinvolgere i ragazzi, dare loro un pasto quotidiano di impegno e intrattenimento nelle aree a rischio del Paese, nelle periferie da Quarto Oggiaro (Milano) a Caivano (Napoli). A questo servirà, nelle intenzioni del ministro Giannini, il progetto «Scuola al Centro», illustrato al G7 di Tokyo su educazione e ambiente. Annunciato a inizio maggio, è entrato ora in fase realizzativa: le scuole interessate hanno risposto al bando pubblicato sul sito www.areearischio. it, destinato a 4 aree metropolitane (Napoli, Palermo, Milano e Roma), «a forte processo immigratorio e per contrastare la dispersione scolastica e l’emarginazione sociale». Il finanziamento complessivo di 1o milioni di euro verrà ripartito (entro l’11 luglio) ai progetti approvati.
700 scuole
L’iniziativa riguarda scuole medie e superiori, dove i ragazzi non andranno a scuola per studiare, ma per fare «sport, musica, teatro, laboratori artistici. Tutto quello che potrebbe interessare i ragazzi, farli divertire e toglierli dalla strada», ha detto il ministro. A Napoli, dello stanziamento complessivo andranno 4 milioni e 100mila euro, distribuiti tra 275 istituti. A Roma saranno almeno 136 le scuole coinvolte (in dotazione, più di due milioni), a Milano circa 172 (due milioni e 600mila euro), a Palermo 82. In totale, quasi 700 le scuole coinvolte, ciascuna con un budget di 15mila euro. Giannini ha anche precisato che i professori «non sono obbligati, chi vorrà parteciperà», ricevendo «un compenso, ma non molto alto».
Contro la dispersione
L’idea delle scuole aperte per accogliere anche chi a scuola non ci va mai potrebbe in futuro venire estesa ad altre città o quartieri. «Eventualmente anche la domenica», azzarda il ministro. Ma per far fronte davvero al male della dispersione - tra il 27 e il 30% nell’area metropolitana di Napoli (a fronte di un dato italiano fra il 15 e il 17% ed europeo sul 10%), che conta 450mila studenti - ci vorrebbe un esercito di maestre ed educatori. «Scuola al centro» è un passo che va nella direzione giusta, ma da solo non basta. Altre energie in Campania sono state messe a disposizione dal programma «Scuola Viva», la progettazione triennale finanziata col Fondo Sociale Europeo decisa dalla giunta di Vincenzo De Luca: 105 milioni in tre anni per la formazione degli insegnanti, l’adozione di metodologie didattiche innovative, l’agevolazione di progetti di scuola-lavoro; oltre, appunto, all’apertura della scuola al pomeriggio, per accogliere studenti, ma non solo, per attività culturali, sociali e ricreative. L’apertura pomeridiana, in questo caso, è prevista per mille istituti in tutta la regione, per tutto l’anno e per almeno tre anni. Ogni scuola potrà proporre le attività da sviluppare e chiedere i finanziamenti per realizzarle. Nella distribuzione dei fondi, ci sarà un occhio di riguardo per le aree socialmente più disagiate e con i tassi di dispersione scolastica più elevati.
Autonomia
Ma di scuole che restano aperte al di là dell’orario scolastico ce ne sono già in tutta la Penisola: sono quelle autorizzate dal DPR 567 (che disciplina le attività integrative nelle scuole in virtù dell’autonomia scolastica) per realizzare i progetti più diversi, dalla sala prove, ai corsi di teatro, alle giornate dell’arte studentesca: progetti gestiti in autonomia o grazie a convenzione con associazioni, con modalità approvate dal Consiglio d’Istituto, per stabilire le responsabilità in tema di vigilanza, ordine, custodia e pulizia.
Comuni e associazioni
E poi ci sono i progetti «Scuole Aperte», in collaborazione con i Comuni. Apripista Milano, che nel 2014 ha creato un modello innovativo: il primo Ufficio in Italia dedicato alle Scuole Aperte, il primo bando per finanziare progetti, il primo vademecum. Una trentina, nella metropoli lombarda, le scuole che non chiudono quando la campanella suona la fine delle lezioni, con il coinvolgimento di 40 associazioni di genitori, e 1.200 alunni: veri «civic center» per interi quartieri. E Milano però ha contagiato tante altre realtà, da Catania a Firenze, da Mantova a Reggio Calabria, che si sono raccontate in un convegno organizzato a Milano a fine aprile dall’Anci.
Il tempo scuola
Altro è il dibattito che si riaccende puntuale alle porte dell’estate, con mamme, soprattutto delle elementari, che vorrebbero che la scuola proseguisse almeno fino al 30 giugno: ha avuto un successo enorme la petizione online di una mamma modenese. «Il mondo è cambiato, le famiglie hanno la necessità di avere una scuola aperta in estate», ha scritto la donna, logopedista, 32 anni e tre figli. Ma questo è un capitolo diverso: l’esigenza di sistemare i bambini durante l’estate, in un Paese dove i tempi della scuola non coincidono con quelli della vita; e dove le vacanze estive sono tra le più lunghe (e gli insegnanti tra i meno pagati) e ci si vede costretti a sostenere costi elevati per soluzioni alternative, dai centri estivi ai campi sportivi.
La petizione delle mamme
Non si tratta in questo caso, ovviamente, di conquistare alla scuola adolescenti recalcitranti, togliere i giovani dalle tentazioni della strada. Ma l’appello, che in poco più di una settimana ha raccolto quasi 5mila firme ricorda che d’estate: «la Francia chiude 9 settimane, tra il 4 luglio e il 5 settembre, la Germania 6 settimane tra il 7 luglio al 13 settembre il Regno Unito 6 settimane, tra il 20 luglio al 31 agosto... E noi? 12-13 settimane...».