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ScuolaOggi-UN GOVERNO SERIO&

UN GOVERNO SERIO& A proposito del primo Decreto per la Riforma, per cercare di capirne di più qualcuno dalle pagine di ScuolaOggi ha voluto provare ad entrare nella testa del Ministro M...

13/02/2004
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ScuolaOggi

UN GOVERNO SERIO&
A proposito del primo Decreto per la Riforma, per cercare di capirne di più qualcuno dalle pagine di ScuolaOggi ha voluto provare ad entrare nella testa del Ministro Moratti (il Preside "ANPista fedele" Aristarco Ammazzacaffé, per la precisione). Pare sia stata una vera e propria avventura, con esiti e risvolti sorprendenti. Ha tentato anche, il nostro Preside, di entrare nella testa del viceministro, on. Aprea, ma l'impresa non gli è riuscita: ci ha trovato solo la frangetta (di diverso dal Ministro&). Noi molto più prosaicamente vogliamo invece porci una domanda seriosa. Vale a dire: che cosa dovrebbe fare questo governo, se fosse un governo serio? Questa è la questione che vorremmo brevemente affrontare.

Un governo serio, com'è successo in altre occasioni e in altri Paesi, non rimarrebbe insensibile di fronte al dissenso generalizzato che si esprime in larghe parti del territorio nazionale ed in particolare nelle grandi città del nord ma non solo. Assistiamo proprio in questi giorni ad ingenti manifestazioni di genitori, ad ampie mobilitazioni degli insegnanti. Le principali associazioni professionali e organizzazioni sindacali dei docenti (CIDI, Cgil.-Cisl-Uil, SNALS) e persino dei dirigenti scolastici, a parte l'ANP del nostro amico Aristarco (Andis, Snals, Cgil-Cisl-Uil), hanno dichiarato da tempo la loro contrarietà. Organismi "istituzionali" della scuola come il Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione (si chiama ancora così) e il Consiglio Universitario Nazionale hanno mosso critiche formali e sostanziali, ampiamente motivate. L'Associazione dei Comuni ha più volte espresso le proprie preoccupazioni e i punti di disaccordo. Insomma è fin troppo evidente che questa riforma della scuola primaria e secondaria di primo grado non riscuote consenso nel paese, non è condivisa. L'on. Beniamino Brocca, che citiamo spesso e volentieri perché lo consideriamo persona seria e competente (e sicuramente non "comunista"), ha più volte sottolineato il fatto, anche in polemica con il precedente governo Berlinguer, che le vere grandi riforme della scuola sono state (e devono essere) condivise, sostenute da ampie maggioranze parlamentari, opposizione inclusa, e riflettere un ampio schieramento di forze politiche e culturali. Rappresentare cioè una "mediazione" (necessaria) tra varie ispirazioni ideali, culturali, pedagogiche presenti nel paese, il risultato di un dialogo e di un confronto aperto.
Queste condizioni oggi non si danno proprio e non solo per l'opposizione politica di vetero-comunisti, neo-comunisti e post-comunisti, allucinazione costante del Presidente del Consiglio, ma perché il dissenso è ampio e diffuso soprattutto a partire dalla società civile, dagli stessi operatori scolastici, dalle forze sindacali rappresentative. Un Governo serio, in questa situazione, farebbe una sola cosa: marcia indietro. Prenderebbe atto che questo Decreto rappresenta una "forzatura", uno "strappo" per nulla condiviso e quantomeno ne modificherebbe gli aspetti più contestati (la figura del tutor, l'organizzazione oraria, i tempi scuola).

Oppure, sempre se fosse un Governo serio, convinto della validità della propria proposta o programma di politica scolastica, procederebbe senza oscillazioni, sostenendo con forza e coerenza le ragioni di fondo, culturali ed economiche, di questa Riforma. Chiamando insomma le cose con il loro nome, fuori da ogni ambiguità.
Sul piano culturale e pedagogico direbbe con chiarezza che il cuore della riforma precedente (la legge 148/90) cioè il gruppo docente, asse portante sia dei moduli che del tempo pieno, è un modello di organizzazione didattica che non funziona. O che non funziona bene. E che quindi va "superato" istituendo una nuova figura di docente, di fatto "prevalente" o comunque con ruoli e funzioni diverse dalle attuali, coadiuvato da alcuni altri docenti specialisti (inglese, religione, laboratori, ecc.). Come d'altra parte traspare nelle Ipotesi organizzative elaborate da un Gruppo di lavoro istituito dal MIUR, quando si definisce la composizione della nuova "équipe docente". Come paventa sempre Brocca, quando parla di ritorno al maestro tuttologo o alla maestra della penna rossa. Questo vorrebbe dire almeno rivendicare con coerenza un'idea e un'impostazione didattico-organizzativa nettamente diversa dal team docente, dalla contitolarità docente, dalla collegialità, nelle forme che abbiamo conosciuto in questi anni.
Così come, sul piano economico, direbbe con altrettanta chiarezza che la riduzione del tempo scuola, la flessibilità organizzativa e la diversificazione delle scelte sono (anche e forse soprattutto) funzionali a riduzioni di organico, al contenimento della spesa per il personale docente. O comunque strettamente legate.

Ma non siamo di fronte ad un Governo serio. Non si adotta né una linea né l'altra con determinazione e coerenza. Si naviga a vista, cercando soprattutto di confondere le acque. Si dice tutto e il contrario di tutto (non cambia niente, tutto resta come prima, cambia solo qualcosa, siamo di fronte a grandi "innovazioni" e chi più ne ha, di innovazioni beninteso, più ne metta&). Il tempo pieno resta, non si preoccupino le mamme che lavorano. Però resta per il prossimo anno scolastico, poi si vedrà, dipenderà dalle disponibilità finanziarie. E' un altro tempo pieno ma sempre tempo pieno è, come prima, appunto. Tutti i docenti possono fare il tutor, anche nella classe della porta accanto. Siamo tutti tutor, uno però alla fine forse sarà più tutor degli altri. Eccetera eccetera.
In compenso, a febbraio inoltrato, non è ancora dato sapere come verranno determinati gli organici nelle scuole (e la scadenza per i trasferimenti dei docenti è il 28 febbraio). Non solo, ma nessuna Circolare ha ancora chiarito con precisione cosa succederà nelle classi - non solo a tempo pieno ma anche di modulo - già avviate (quale tempo scuola, quale organizzazione didattica, conferma o meno dei docenti e in quali ruoli, ecc.). Le scuole non sanno quanti (e quali) docenti, in concreto, avranno il prossimo anno e dovrebbero definire le proprie proposte di attività facoltative e opzionali varie alle famiglie&.
Insomma una situazione di caos che non ricordiamo esserci mai stata nella scuola italiana da quando abbiamo cominciato a frequentarla. Mai un Ministro democristiano (non diciamo "comunista", diciamo democristiano) avrebbe consentito una simile situazione di caos, di sbando e di deriva della scuola pubblica statale. E allora siamo ancora colti da un dubbio, assillante: che sia proprio questo che si vuole?
Dedalus


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