ScuolaOggi: Scuole in crisi, la protesta si estende. Come se ne esce?
C’è un solo modo. Vale a dire che il ministero appronti un piano straordinario di finanziamento degli istituti scolastici, di assegnazione delle risorse finanziarie dovute e che si sono accumulate nel corso degli anni, in modo da ristabilire gradualmente una situazione di normalità
di Gianni Gandola
La situazione di crisi finanziaria che gli istituti scolastici (scuola pubblica statale) stanno attraversando sta diventando sempre più esplosiva. Le cause sono note. Le riassumiamo per chiarezza.Le scuole hanno accumulato crediti nei confronti del Ministero a seguitodella mancata assegnazione delle risorse relative ai residui attivi dei precedenti anni finanziari (supplenze brevi, esami di Stato, ecc.),afar data dal 2006! I crediti ammontano a quasi un miliardo di euro.
A questo dato si aggiunge l’esiguità della risorsa finanziaria assegnata alle scuole per il 2010 che va ad aggiungersi alla continua riduzione dei finanziamenti alle scuole pubbliche negli ultimi anni (vedi ad esempio il finanziamento per il funzionamento didattico e amministrativo).
In questo contesto le scuole per far fronte alle spese hanno fatto ricorso alla disponibilità di cassa (vale a dire a tutti i fondi che avevano a disposizione, provenienti da fonti varie, in primis da genitori ed ente locale), in attesa di reintegrare la cassa con la riscossione delle somme dovute da parte del ministero.Assegnazione di risorse che invece non c’è stata.Tanto per indicare qualche dato: secondo le stime sindacali gli istituti vantano circa 50 milioni di credito dallo Stato nella sola provincia di Milano e si superano i 120 milioni di euro in Lombardia.
Non solo, ma il ministero con la nota del 14 dicembre 2009 sul Programma annuale ha addirittura suggerito alle scuole di utilizzare i “finanziamenti non vincolati” (fra questi, ad esempio, i contributi volontari dei genitori)per il “ perfezionamento dell’obbligazione giuridica (es. contratto collettivo integrativo d’istituto, contratti di supplenza breve, contratti di servizio per la pulizia dei locali, ecc…)".
In realtà, la disponibilità di cassa si usava anche prima, per anticipare i pagamenti di determinate spese urgenti e obbligatorie (es. supplenze), in attesa del reintegro da parte del ministero. Il “salto di qualità”sta nel fatto che ora il Miur “istituzionalizza” l’utilizzo dei fondi non vincolati (quindi in particolare dei contributi volontari dei genitori, destinati ai progetti didattici delle scuole)per il pagamento di spese di competenza del ministero stesso, ovvero spese per il funzionamento ordinario delle scuole (supplenze, fondo istituto, contratti pulizia, ecc.).
In una nota di chiarimento inviata alle scuole l’USR dell’Emilia Romagna pare discostarsi da queste indicazioni precisando che “i contributi di terzi, soprattutto quelli delle famiglie,dovranno essere utilizzati solo per le finalità previste.”Importante la precisazione, ma anche in questo caso il problema resta: se il Ministero non accredita alle scuole i finanziamenti dovuti, con quali fondi le scuole possono provvedere al pagamento delle supplenze o ad altre spese obbligatorie?
Il problema dunque è esploso nel momento in cui le scuole si sono trovate a predisporre il programma annuale 2010.Anche perché molti hanno temuto che il “suggerimento” del Ministero di inserire i residui attivi (in pratica i crediti accumulati, la cui riscossione dovrebbe peraltro avere carattere di certezza…) nel cosiddetto aggregato Z, vale a dire nella “disponibilità da programmare ”, potesse equivalere alla successiva radiazione del credito stesso da parte del ministero. Il rischio cioè, non tanto improbabile, che tali somme possano essere azzerate in futuro e mai più assegnate alle scuole.
Per questa ragione la Flc Cgil ha impugnato la nota ministeriale davanti al Tar. E lo stesso segretario della Cisl scuola Francesco Scrimaha dichiarato -a questo proposito- che “l´istruzione contabile evoca in realtà la prospettiva di una possibile ‘radiazione´ di tali residui, che noi abbiamo definito come i ‘titoli tossici´ delle scuole italiane, vittime di un´insolvenza scandalosa, di cui l´Amministrazione dovrà prima o poi assumersi la responsabilità”.
La protesta delle scuole si diffonde in tutta Italia
A questo punto lo stato di sofferenza degli istituti scolastici è generalizzato e la protesta delle scuole, dei dirigenti scolastici e dei direttori dei servizi amministrativi si va diffondendo in tutto il paese.
In genere le scuole e i dirigenti scolastici si muovono su due fronti. Su un piano “istituzionale”, chiedendo da un lato un rinvio nella compilazione del Programma annuale (come peraltro già deciso dall’USR Piemonte), dall’altro chiedendo un confronto con l’Ufficio scolastico regionale e gli Uffici Scolastici Provinciali per sollecitare un’iniziativa nei confronti del ministero.
A livello “pubblico”,rivolgendosi direttamente all’utenza, ai genitori e più in generale all’opinione pubblica, anche tramite la stampa, per dare una doverosa informazione sulla gravità della situazione in cui versano le scuole e sulle ripercussioni inevitabili per la stessa attività didattica.
Si moltiplicano quindi le iniziative che percorrono il territorio nazionale e di cui Scuolaoggi ha dato ampia informazione.A Piacenza e a Milano i dirigenti scolastici incontrano o si apprestano ad incontrare il Prefetto, al quale chiedono aiuto.
A Bologna si riunisce un coordinamento nazionale dei Consigli di Istituto e dei comitati dei genitori di varie province d’Italia (Bologna, Modena, Parma, Firenze, Venezia, Napoli, Roma, ecc.) che si propone di costituire un pool tecnico-giuridico-contabile che intraprenda anche “azioni di natura legale che consentano di ottenere quanto le scuole attendono da anni”.Lo stesso Coordinamento propone ai Consigli di istituto di valutare la possibilità di approvare una delibera che sospenda il pagamento degli oneri sociali (IRPEF, INPDAP, ecc.) fino a quando i fondi dovuti non siano stati effettivamente versati dal ministero alla scuola.
L’ASAM, Associazione delle scuole autonome milanesi, propone che i consigli di istituto deliberino di non inserire i residui attivi di competenza ministeriale nell’aggregato Z “disponibilità da programmare”, con la precisazione che nella maggior parte dei casi si tratta di spese già sostenute e pagate con il fondo di cassa disponibile, in misura prevalente costituito da fondi non statali (sostanzialmente enti locali e genitori).Stesso orientamento aveva proposto l’ASAPI
, l’associazione delle scuole autonome del Piemonte.
Ma anche qui, éscamotage di bilancio a parte, resta il problema di fondo: il mancato accreditamento delle risorse finanziarie (residui attivi) da parte del ministero.
A proposito delle spese per le supplenze, inoltre, l’ASAM precisa opportunamente che il riferimento ad un “tasso di assenteismo medio nazionale per tipologia di scuola” che il ministero avrebbe intenzione di elaborare è insufficiente, non può dar certezza di avere risorse aggiuntive e quindi è meglio affidarsipiuttosto a monitoraggi costanti dei bisogni effettivi delle scuole.
In diverse città, da Genovaa Roma, i dirigenti scolastici fanno sapere che i consigli di istituto saranno costretti ad aumentare i “contributi volontari” richiesti ai genitori per far fronte alle spese necessarie (materiale didattico, fotocopie, ecc.).Come abbiamo già osservato su queste pagine in questo modo la crisi finanziaria degli istituti (scuola pubblica statale!) si riversa direttamente sui genitori che in parte devono farsene carico e sopportarne i costi. A proposito: ma non era questo il governo che affermava “non metteremo le mani nelle tasche degli italiani” ?
A Genova addirittura si arriva ad un’iniziativa simbolica e provocatoria nei confronti delministero da parte degli insegnanti di un istituto professionale che fanno una colletta per comprare i biglietti del Gratta e vinci nella speranza di finanziare l’istituto.E così via, lungo lo stivale.
Come se ne esce?
Ora, come si può uscire da questa situazione di caos nei bilanci delle scuole e di estesa e profonda crisi finanziaria degli istituti che determina situazioni di disagio insostenibili fra il personale scolastico e pregiudica il normale funzionamento dell’attività didattica ?C’è un solo modo. Vale a dire che il ministero appronti un piano straordinario di finanziamento degli istituti scolastici, di assegnazione delle risorse finanziarie dovute e che si sono accumulate nel corso degli anni, in modo da ristabilire gradualmente una situazione di normalità.Non esistono altre vie, a meno che si vogliano intenzionalmente lasciare le scuole a bagnomaria, in mezzo alle difficoltà, riversando sul personale scolastico (mancati pagamenti) e sui genitori (aumento dei contributi volontari) i costi della crisi.In modo da mettere in ginocchio la scuola pubblica.