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ScuolaOggi: Questione aggiornamento: è tempo di fare chiarezza

mentre scriviamo, si stanno svolgendo gli incontri per la definizione del Contratto Integrativo relativo alla formazione del personale docente ed ATA

18/03/2008
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ScuolaOggi

Domenico Sarracino

Di recente è stato approvato il nuovo Contratto di Lavoro del personale della scuola e, mentre scriviamo, si stanno svolgendo gli incontri per la definizione del Contratto Integrativo relativo alla formazione del personale docente ed ATA.
Il momento è perciò opportuno per dire, in materia, quanto da tempo andiamo sostenendo sia in sede di incontri sindacali che professionali.

Le velocissime e vastissime trasformazioni che, a tutti i livelli, stiamo vivendo e che riguardano il futuro immediato, e già anche l’oggi, sollecitano acutamente la scuola e l’intera società a rivedere contenuti e forme del lavoro scolastico e a mettere in campo rinnovate energie professionali. E per dare risposte occorrono, come tutti sappiamo, risorse adeguate, nuovi quadri di riferimento, processi di qualificato sviluppo professionale.
Se è vero, come è vero, che lo sviluppo professionale e quindi l’aggiornamento costituiscono una leva strategica dell’innovazione didattico-educativa, allora è da dire che non è più tempo dei “ma e dei “però”, bensì del “che cosa”, “ come” e “quando”.

Tutti possono notare che si è diffusa una certa acquiescenza, un barcamenarsi, un lasciar correre legato a norme che da qualche parte si interpretano in modo fin troppo accomodante se non corporativo: sicchè la “leva strategica” della formazione si attua poco, e solo da parte dei soliti pochi che, per fortuna, in ogni scuola ancora esistono.
Ma i tempi impongono che il problema sia affrontato a tutto campo e che, se necessario, si conducano le dovute battaglie di chiarificazione.
Battaglie contro che cosa? Contro un’idea, veramente “particolare”, secondo cui i Collegi dei docenti possono sì deliberare come obbligatorie per tutti attività di formazione, ma che ciascuno, poi, può avvalersi del diritto di non parteciparvi.
Davvero un bel modo di “sragionare” che può avere, come conseguenze, diverse situazioni al limite del paradosso: ad esempio, che come forze sindacali si rivendichino giustamente più risorse alle scuole per la formazione in servizio e che poi frequentemente i Dirigenti scolastici non siano messi in condizioni di utilizzarle; che si possa organizzare un’attività di formazione, deliberata come obbligatoria, a cui alcuni ritengano di non sentirsi in dovere di partecipare; oppure che si possa dare il caso che un certo docente non partecipi da anni a corsi di aggiornamento, il che significa che da anni non pratichi il confronto collegiale didattico-educativo, non approfondisca, insieme ai colleghi, gli sviluppi dei saperi e delle pratiche didattiche, le trasformazioni nei ragazzi, le problematiche emergenti, etc..

Certo il docente ha diritto all’autoaggiornamento, e ne siamo convinti; ma, affinché tale modalità di formazione sia funzionale ai bisogni della propria scuola, essa deve avvenire entro un quadro in qualche modo verificabile e riconducibile a collegialità, che preveda momenti conclusivi di confronto, condivisione ed indirizzo per i necessari accordi e per la gestione concordata dei processi didattico-educativi di istituto.

Certo, si può dare il caso che in un certo campo, materia di aggiornamento, il tale docente abbia poco da apprendere e tanto da insegnare, ma ciò ugualmente non significa che non vi debba partecipare.
Anzi, a maggior ragione, il tale docente, in quanto risorsa per la scuola, deve partecipare alle attività di aggiornamento e dare il suo contributo. E sarà cura del Dirigente e dello stesso Collegio valorizzarlo, far sì che le sue competenze diventino una risorsa per gli altri.
D’altra parte, quando parliamo delle migliori pratiche in campo di formazione, pensiamo a formule organizzative che prevedono approfondimenti nei lavori di gruppo, coordinatori dei seminari, percorsi di ricerca-azione, insomma forme variegate di formazione che superano il vecchio modello della sola lezione cattedratica e che richiedono, di volta in volta, diverse modalità di partecipazione e di ruolo, anche compensati.

In definitiva ci sembra che vada chiarita e affermata la necessità della formazione in rapporto ai bisogni identificati dal Collegio, che emergono dal lavoro scolastico e dalle finalità del POF; e se c’è una necessità di carattere generale e/o trasversale o c’è una innovazione di sistema e il Collegio dei docenti decide che su di essa si debba discutere, prendere accordi, introdurre innovazioni, allora non si può dare il caso che qualcuno dica che è libero di non parteciparvi.

La strada per il rinnovamento della scuola e per la riqualificazione del personale, non può essere quella, incerta e tortuosa, sin qui praticata e che non è nè trasparente né lineare nè efficace.
Se c’è una “questione salariale” anche per i docenti, e crediamo che ci sia, quella sin qui seguita non è la strada pagante, perché, alla fine, si finisce con il fare un gioco al ribasso.
Per una buona scuola pubblica bisogna urgentemente liberarsi dal vecchio compromesso tra un andamento lassista e i bassi compensi che ne sono conseguiti.


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