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ScuolaOggi: La scuola tra Formigoni e Fioroni

Formigoni ci ripropone il modello duale e la canalizzazione precoce della Moratti e ci aggiunge il buono scuola (quota capitaria in capo ad ogni alunno) per distribuire le risorse indifferentemente a scuole pubbliche e private accreditate dalla Regione.

11/06/2007
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ScuolaOggi

LA SCUOLA TRA FORMIGONI E FIORONI

Fabrizio Dacrema

Il progetto di legge regionale lombardo sul sistema educativo di istruzione e formazione ripropone il copione già visto della precedente legislatura tra le legge regionale dell’Emilia Romagna e la riforma Moratti con il prevedibile analogo braccio di ferro Governo – Regione a colpi di ricorsi e controricorsi.

D’altra parte, con buona pace di Montezemolo, basta leggere il progetto lombardo per avere conferma che la differenza tra destra e sinistra sulla scuola c’è eccome.

Formigoni ci ripropone il modello duale e la canalizzazione precoce della Moratti e ci aggiunge il buono scuola (quota capitaria in capo ad ogni alunno) per distribuire le risorse indifferentemente a scuole pubbliche e private accreditate dalla Regione.

Una scelta in palese contrasto con la Costituzione visto che le risorse pubbliche, attraverso i buoni scuola utilizzati dalle famiglie, sono utilizzate per finanziare direttamente le scuole private. Non si tratta, infatti, di un finanziamento diretto agli alunni, connesso a servizi e benefici per il diritto allo studio, ma è rivolto alle scuole accreditate, private comprese.

Una proposta destinata ad aumentare le disuguaglianze tra i cittadini, promuovere la polarizzazione tra le scuole, sia per provenienza di tipo socio-economico che per appartenenza culturale e religiosa, oltre che a riproporre un modello di sistema formativo inadeguato a rispondere ai gravi problemi del nostro paese.

Questi sono stati indicati con chiarezza nelle considerazioni finali del Governatore della Banca d’Italia nei circoli viziosi originati dalla relazione tra l’inefficacia del sistema formativo e i limiti strutturali di un sistema produttivo che chiede competenze poco qualificate.

Rispetto a questi problemi l’iniziativa di Formigoni rivela il suo significato del tutto ideologico perché il tentativo di affidare alle Regioni tutta l’istruzione e formazione di tipo professionalizzante è già stato fatto dalla Moratti ed è fallito. Non solo nell’obiettivo di assicurare a tutti i cittadini un bagaglio culturale comune di saperi di cittadinanza, ma anche in quello di potenziare i percorsi tecnici e professionali. Il procedere ondivago della riforma Moratti, tra regionalizzazione e licealizzazione dell’istruzione tecnica e professionale, ha infatti prospettato un indebolimento e una perdita di identità che ne ha prodotto perdita di appeal e di iscritti. D’altra parte l’impostazione ideologica della destra non può cambiare la storia italiana dove la tradizione alta dei percorsi professionalizzanti è statale e non regionale, come ricorda continuamente la stessa Confindustria riferendosi al ruolo giocato dagli istituti tecnici statali nello sviluppo economico del paese.

Il modello unitario proposto nel programma dell’Unione e attivato dal Governo attraverso l’innalzamento dell’obbligo di istruzione a 16 anni e la riconduzione dell’istruzione tecnica e professionale nel sistema dell’istruzione secondaria superiore, governato dalle norme generali dello Stato e dalla programmazione regionale dell’offerta formativa, risponde all’esigenza di elevare la base culturale comune di cittadinanza e di potenziare le conoscenze e le competenze necessarie per sostenere la crescita economica. Le due istanze non sono infatti in contraddizione perché una più solida base culturale è necessaria non solo per essere cittadini consapevoli, ma anche per la formazione della flessibilità mentale e dell’autonoma capacità di apprendere di cui deve essere dotato il sapere professionale richiesto per competere nell’economia della conoscenza.

La competenza legislativa esclusiva sull’istruzione e formazione professionale affidata alle Regioni dalla riforma costituzionale del 2001 non deve, quindi, essere utilizzata per costruire fallimentari sistemi di istruzione regionali, inevitabilmente inferiori e subalterni a quello statale. Occorre invece un rilancio degli interventi di formazione professionale, abbandonando i percorsi di primo livello di supplenza ai fallimenti della scuola, per migliorare il rapporto tra istruzione, formazione e sviluppo territoriale. In questo nuovo quadro la formazione professionale si sviluppa in modo complementare rispetto all’istruzione, ne completa e arricchisce i percorsi connettendoli alle esigenze del mondo del lavoro sulla base della programmazione territoriale dei profili di competenza e del repertorio nazionale delle figure professionali.

I poli tecnico-professionali, introdotti dal decreto Bersani ma di competenza esclusiva delle Regioni per l’attuazione, rappresentano una opportunità importante per potenziare la relazione del sistema scolastico e formativo con il tessuto economico locale e con i settori produttivi.

Lo sviluppo di poli formativi, governati delle autonomie locali e scolastiche e dalla concertazione delle parti sociali, può offrire un contributo decisivo, al sistema produttivo per acquisire le conoscenze e le competenze necessarie all’innovazione e al sistema educativo al fine di potenziare e arricchire la propria offerta formativa, rendendola anche più spendibile nel mercato del lavoro.

Non mancano, quindi, le materie in cui sviluppare il protagonismo delle Regioni, programmazione di tutta l’offerta formativa di istruzione e di formazione e rapporto tra questa e il mondo del lavoro sono aspetti decisivi per rimuovere i circoli viziosi indicati da Draghi, per potenziare l’efficacia e la qualità della scuola e per favorire il riposizionamento qualitativo delle imprese.

Formigoni, invece, preferisce una battaglia tutta politica e ideologica contro l’innalzamento dell’obbligo di istruzione e la riforma dell’istruzione tecnica e professionale.

A questa offensiva della destra per riportare modello duale e canalizzazione precoce devono corrispondere scelte coerentemente riformiste, graduali e anche parziali ma capaci di cambiare effettivamente le cose nella direzione del programma dell’Unione.

Il rischio, in questa fase di difficoltà del governo, è che prevalga un atteggiamento moderato subalterno agli interessi costituiti, ai centri di potere, alle lobby, incapace di realizzare l’effettivo cambiamento di cui c’è bisogno e indispensabile per non far apparire la destra come unica forza del cambiamento. Emblematica, a questo proposito, la vicenda del riconoscimento dei crediti per l’esame di stato agli studenti che frequentano l’insegnamento della religione cattolica. Un atteggiamento di subalternità alle pressioni confessionali rivelatore di un moderatismo che rischia di caratterizzare l’attuazione dei cambiamenti in corso compromettendone l’impulso riformatore.

L’innalzamento dell’obbligo senza un biennio unitario e orientativo, propedeutico alla scelta degli indirizzi e della durata degli studi dopo i 16 anni, e senza un curricolo verticale 6-16 rischia di lasciare le cose più o meno come stanno.

La lotta alla dispersione senza anagrafi degli studenti nazionali, regionali e provinciali e senza la previsione di percorsi di orientamento finalizzati al rientro nei percorsi formativi rischia di segnare il passo.

La riforma dell’istruzione tecnica e professionale non è tale se non configura una nuova istruzione tecnico-professionale (col trattino), rispondente alle trasformazioni tecnologiche e produttive e alla necessità di superare l’attuale sovrapposizione di percorsi e di titoli.

Per evitare questi rischi il sindacato intende svolgere pienamente il proprio ruolo attraverso il confronto con il governo, l’azione contrattuale, l’iniziativa territoriale.

Dopo l’intesa del 29 maggio sui contratti pubblici, ora è indispensabile la definizione di un Memorandum sulla Conoscenza, un patto di legislatura che metta in campo un piano pluriennale di investimenti che, a partire dal prossimo DPEF, valorizzi l’autonomia scolastica e le professionalità della scuola.


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