ScuolaOggi-La "meglio scuola" in campo contro il decreto Moratti
La "meglio scuola" in campo contro il decreto Moratti Alla fine ci saranno tutti. Ci saranno le associazioni professionali degli insegnanti e le associazioni dei genitori, i partiti di sini...
La "meglio scuola" in campo contro il decreto Moratti
Alla fine ci saranno tutti. Ci saranno le associazioni professionali degli insegnanti e le associazioni dei genitori, i partiti di sinistra e di centro sinistra, diversi soggetti sociali e culturali. Ci saremo, in tanti, noi della CGIL Scuola insieme agli altri sindacati confederali. Un'ampia e meritata risposta positiva all'appello a scendere in piazza sabato 17 gennaio a Roma per il ritiro del primo decreto di attuazione della controriforma Moratti. Un appello che viene direttamente dalle scuole, da comitati e coordinamenti spontanei di genitori e insegnanti, in particolare da quella parte della società civile scolastica che si riconosce nell'esperienza del tempo pieno e prolungato e che ad essa non vuole rinunciare. Sabato prossimo sarà in campo la "meglio scuola", quella dei tempi distesi, della didattica della ricerca e delle metodologie interattive, della centralità dell'alunno e della sua motivazione, dall'attenzione al contesto e alle esigenze sociali. Quella scuola che si è diffusa e sta diffondendosi, ostacolata dai tagli alle risorse, attraverso la riforma della scuola elementare e il processo di autonomia scolastica, quella scuola orientata al successo scolastico di tutti che è stata alla base della riforma della scuola media.
Genitori e insegnanti che non si fanno imbrogliare dai tentativi governativi di rassicurare che non cambierà nulla e che, anzi, ci sarà più possibilità di scelta, perché hanno ben capito che senza gruppo docente corresponsabile, senza spazi contemporaneità degli insegnanti e con meno tempo scuola obbligatorio per tutti, la qualità della scuola avrà una caduta verticale. Gente che si chiede a cosa serve poter scegliere tra un corso di danza e uno di nuoto se tutto il percorso scolastico obbligatorio diventa compresso, rigido, trasmissivo, demotivante o se, addirittura, si è costretti a rivolgersi per le opzioni facoltative ad agenzie private (e naturalmente pagare) perché la scuola pubblica, deprivata di risorse, non può essere competitiva. Genitori e insegnanti che, invece, sono interessati alle opportunità dell'autonomia scolastica, anche in termini di offerta aggiuntiva e facoltativa, se non le devono scambiare con la qualità del percorso formativo di tutti e se autonomia scolastica significa processo positivo di generalizzazione delle migliori pratiche educative.
Della "meglio scuola" nel decreto Moratti non c'è traccia, per questo deve cadere: le riforme si fanno per migliorare, per diffondere i livelli di qualità, non per tornare a modelli superati ( scuola materna assistenziale, maestro unico responsabile di una classe, tempi compressi della scuola del mattino più doposcuola, scuola media che avvia l'utenza debole al lavoro o alla formazione professionale). D'altra parte nel decreto vi sono alcune evidenti "spie" rivelatrici della volontà "peggiorista" del governo.
Perché avviare una trasformazione radicale della scuola dell'infanzia, elementare e media senza consultare e, quindi, coinvolgere gli operatori chiamati a realizzarla ?
Perché obbligare tutte le scuole ad adottare un modello di organizzazione didattica centrato sul docente tutor, visto che ormai le istituzioni scolastiche hanno piena autonomia didattica e organizzativa?
Perché non introdurre la quota facoltativa e opzionale del curricolo oltre standard temporali (una giornata educativa significativa) e organizzativi di qualità per la scuola dell'infanzia e, nella scuola elementare e media, oltre la quota di 30 ore settimanali, riconosciuta in tutte le precedenti consultazioni come il tempo necessario per il percorso formativo obbligatorio? La risposta a queste domande è una sola: la dissennata politica sociale ed economica di questo governo prevede una drastica riduzione delle risorse per la scuola pubblica, per questo si devono imporre modelli organizzativi meno costosi in termini di organici, per questo non vi sono margini per accogliere le osservazioni provenienti dalle migliori esperienze professionali. Se questo è vero, la manifestazione del 17 gennaio deve connettersi a quella dello scorso 29 novembre, anzi considerarsi come la sua naturale prosecuzione, un' ulteriore tappa del percorso strategico avviato da CGIL, CISL e UIL contro il declino economico e sociale del paese, per investimenti e riforme positive nel campo della formazione e dell'istruzione come fattori essenziali di sviluppo. Un fatto decisamente positivo, quindi, che CGIL, CISL e UIL Scuola siano insieme in piazza sabato prossimo, una conferma del loro ruolo di soggetto politico che interviene a pieno titolo sulle questioni di politica scolastica, a maggior ragione dopo che le elezioni delle RSU ne fanno lo schieramento sindacale decisamente più rappresentativo dei lavoratori della scuola. Una risposta alle richieste di unità sindacale che vengono dai movimenti contro il decreto Moratti, che deve quanto prima superare l'attuale formula dell'adesione "di sigla" (in Veneto i confederali hanno già aderito unitariamente), pervenire ad una piattaforma comune e a un percorso di iniziative unitarie in grado di fronteggiare la non semplice fase che si aprirà dopo il 17 gennaio. Se il governo non dovesse ritirare il decreto, se cercasse di attuare dal prossimo anno scolastico i modelli organizzativi attualmente previsti, è inevitabile che si determini una pesante situazione di confusione, improvvisazione, illegittimità, conflittualità. Si dovrebbero riaprire le iscrizioni (ora possono solo essere fatte sulla base delle norme vigenti), le scuole sarebbero costrette ad attuare nuovi programmi a loro sconosciuti (Indicazioni nazionali) e non approvati secondo le procedure previste dalla stessa legge 53/03, ad improvvisare offerte formative, modelli organizzativi e nuove figure professionali, senza formazione, risorse e specifiche norme contrattuali. Il tutto in presenza di una stragrande maggioranza di operatori contrari nel merito alle novità, come dimostra il voto per le RSU. In una parola sarebbe il trionfo del caos e dell'illegittimità, una scelta che solo chi vuole portare la scuola pubblica al disastro potrebbe perseguire. Occorre ,quindi, che le organizzazioni più forti del mondo della scuola, oggi i sindacati confederali, si assumano la responsabilità politica di dispiegare a pieno la forza dello schieramento unitario per impedire che la "peggio scuola" prevalga.
Fabrizio Dacrema
(Segreteria nazionale Cgil Scuola)