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ScuolaOggi: Dirigenti in corteo

di Antonio Valentino

04/11/2008
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ScuolaOggi

Della poderosa e multiforme manifestazione a Roma di giovedì scorso, le cronache giornalistiche hanno raccontato tutto, o quasi. Anche della coda del corteo che ancora alle 14.20, folta e compatta confluiva in Piazza del Popolo dove la manifestazione ufficiale si era conclusa già da due ore (E non era effetto ottico, come invece “le poche decine di migliaia” del Ministro Maroni che non poteva vederne di più: avrebbe dovuto raccontarlo al Premier e farsi qualche domanda. Eventualità non prevista).

Qui voglio solo testimoniare di un particolare, certamente marginale, e giustamente non ripreso in nessun resoconto o servizio, che però considero di una qualche importanza e che si presta a diverse considerazioni.

Si tratta di una minuscola scena dell’immenso corteo: uno striscione, tra i mille, rosso, con le sigle dei sindacati confederali più SNALS e GILDA e la scritta: “I Dirigenti scolastici per una Scuola Pubblica di qualità”. A reggere lo striscione, fianco a fianco, 10-12 dirigenti scolastici. E dietro, ancora altri venti (più o meno).

Dunque, uno striscione tra mille, senza particolari elementi di richiamo. Eppure quella scena, si fa fatica a crederlo, è stata fotografata, filmata, applaudita, avvicinata con incredula curiosità da numerosissime persone: o ferme ai bordi del corteo o che vi passavano vicino o che addirittura ci venivano apposta, richiamate dalle “voci” che giravano nei paraggi: “Venite a vedere!”. C’è stata addirittura qualche stornellata osannante, improvvisata che non sembrava vero. Scene di attenzione, di incredulità, ripetute per decine e decine di volte. Con richieste esplicite, alla schiera dei “portatori”, di fermarsi per una foto o per una ripresa fotografica. Gruppi di insegnanti, studenti, genitori, gente comune. E battute simpatiche, incoraggianti, meravigliate: “Anche voi! Ma allora….!”, “Ma perché il mio preside, a queste cose, mai!”.

Insomma per i dirigenti in corteo dietro il loro striscione (molti altri erano presenti, sparsi nella manifestazione), un vero e proprio – e prolungato – “momento di gloria”.

E, con la meraviglia e il piacere, i primi interrogativi, nel “drappello” (nel quale mi trovavo anch’io), chiaramente e diffusamente percepito come marziano. E un generale senso di “crisi di identità”. Perché, chiaramente, gli applausi esprimevano altro dal pur evidente apprezzamento per chi era dietro quello striscione e che vedevano per la prima volta.

Da dove allora quell’interessamento fuori del comune, quello stupore con cui la gente applaudiva o fotografava? Di cosa erano segnali? Quale domanda esprimevano?

Quella di una figura di dirigente scolastico diversa da quella che i docenti, studenti, genitori del corteo stavano sperimentando nelle proprie scuole?

L’interrogativo più ricorrente nei nostri commenti era più o meno questo: “Cosa, eventualmente, non sta funzionando nel rapporto dirigente scolastico / personale della scuola, se si è vissuti così? Da dove la sensazione di questa “lontananza” che si percepisce dietro la meraviglia di vedere presidi in manifestazione?”.

Ovviamente le generalizzazioni sono banali e non rappresentano la molteplicità del reale. Sappiamo che sono tanti i dirigenti scolastici che hanno rapporti collaborativi e positivi con i loro studenti e il loro personale. Ma probabilmente non in numero sufficiente per dare della categoria l’immagine che si vorrebbe; quella cioè di persone su cui contare, di cui fidarsi perché capaci di sintonia, perché “sentiti” come capaci di rappresentare senza paure le ragioni di una scuola pubblica che non vuole essere svenduta. Perché il popolo di giovedì scorso era questo che chiedeva.

Quelle scene ponevano dunque – se intendevamo bene – interrogativi non banali. E ci si chiedeva anche quanto diffusa fosse la sensazione di questa “lontananza” e se ci fosse un legame con il passaggio alla Dirigenza (o a un certo modo di viverla) e alla scuola dell’autonomia (o, anche qui, a un certo modo di intenderla). E ancora, se c’entrava, in tutto questo, l’immagine – di cui si sente dire in giro - di un dirigente scolastico piuttosto appiattito sugli aspetti burocratici e amministrativi. In altri termini: molto funzionario e poco dirigente.

Domande disordinate che rinviavano, come si vede, a questioni “spesse” (dall’autonomia - e a come viene percepita e vissuta - all’idea di organizzazione riferita alla scuola). Oltre a riguardare – e forse in misura prevalente - il valore, nella leadership, dell’empatia, della vicinanza, della ricerca di condivisione. Cioè dell’esserci, a scuola, come presenza fisica, ma anche come disponibilità, ascolto, preparazione, autorevolezza, e quello che ci sta dietro. E ancora: l’importanza di quel pizzico di passione che testimonia che “ci si pensa” e che “ci si crede”.

E, allora, se le domande indotte da quei volti incuriositi, da quegli applausi, da quei tanto segnali di attenzione, in quella piccola scena del corteo, erano sensate – ed era difficile negarlo -, quelle scene non possono essere archiviate con leggerezza.

Un’ulteriore considerazione va comunque fatta per evitare troppo facili colpevolizzazioni che non aiutano a capire il problema. Senza voler negare responsabilità soggettive e di categoria, bisognerà pur chiedersi: ma quante di queste carenze di leadership tra i dirigenti scolastici sono anche il frutto di politiche governative opache e demotivanti, perché senza orizzonti e senza strategie? E qui si aprirebbe una pagine pesante per i vari ministeri che si sono succeduti in questi ultimi anni.


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