ScuolaOggi: Debiti e bocciature nelle superiori, Fioroni all'attacco
Fare meglio le cose che si fanno privilegiando l'intenzionalità dei processi e l'organizzazione interna: se lavoriamo in questa direzione anche il discorso di debiti potrà svilupparsi con modalità diverse e più positive
Le dichiarazioni del Ministro di fine luglio su un possibile ripristino degli esami di riparazione pongono almeno due interrogativi: il primo sulla portata della sua affermazione; la seconda sul perché le scuole autonome, le associazioni professionali, e le stesse organizzazioni sindacali non hanno avvertito finora - per quanto mi risulta - la necessità di ripensare l'istituto dei debiti formativi, rivelatosi assai presto uno strumento non certo migliore degli esami di riparazione che andavano a sostituire (nonostante la palese e generalizzata insoddisfazione e il dispendio infruttuoso di energie al riguardo).
Sul secondo interrogativo, solo un flash per dire, se l'osservazione è fondata, che la mancata riflessione critica è essa stessa segnale di un deficit di protagonismo del mondo della scuola, rivelatore della sua crisi e di una considerazione dell'autonomia non all'altezza delle attese. Esagerato?
Un'esperienza fallimentare
Quanto alle dichiarazioni del ministro, ritengo che i dubbi sulla opportunità dell’”uscita” siano pochi. Non si può far finta di niente di fronte ad un fenomeno, quello dei debiti scolastici, che fa registrare difficoltà enormi di assolvimento. Il ministro fa riferimento ai numeri. Ma chi vive nella scuola sa che anche la stessa qualità andrebbe messa sotto osservazione critica. Nel senso che il "non recupero" non solo riguarda il 75% dei debiti (percentuale impressionante), ma che non sempre i recuperi avvengono con modalità e criteri accettabili, denotando, le pratiche correnti, più la buona volontà dei docenti e la disponibilità delle scuole che l'attendibilità dei risultati dell'accertamento.
Si aggiunga poi che il livello di collaborazione delle famiglie, nel senso del richiamo alle responsabilità in proposito, è modesto, per non dire inesistente, nella maggior parte dei casi.
Quanto alle dichiarazioni del ministro su un eventuale ritorno agli esami di riparazione, probabilmente sono stati in tanti che non hanno gradito la riproposizione di un passato non certo glorioso. Ed io tra questi. Ma penso che quello che premeva al ministro era sollevare il problema dei debiti e delle bocciature, soprattutto nel biennio e in alcune materie.
E penso che l'eventualità del "ripristino degli esami di riparazione", sia stata formulata perché, nell'immaginario di molti, gli esami di settembre si associano all'idea di una scuola più severa. E il recupero di una maggiore severità degli studi è invocata un po' da tutti. Anche se poi sul concetto di severità non sappiamo quanta unanimità ci possa essere fra quanti la caldeggiano.
Non è però di un eventuale ritorno degli esami di riparazione che dovremmo discutere, quanto del merito del problema "debiti". Che a mio avviso va affrontato sotto un duplice profilo.
Il primo: le diverse tipologie di debiti (Che possono riguardare sia materie che “non proseguono”, sia materie che proseguono ma che si sviluppano nell’anno successivo su percorsi sostanzialmente autonomi, sia anche materie che proseguono ma richiedono prequisiti/competenze che andrebbero da subito garantiti per seguire con profitto l’attività dell’anno seguente.
Il secondo: la natura (le caratteristiche) del problema. In altri termini: a quali altri problemi è collegabile e a cui può essere ricondotto, perché ne è causa o conseguenza.
Basta coi corsi di recupero: allarghiamo il quadro.
Penso però che analisi e approfondimenti non possono restringersi al solo fenomeno dei debiti, sciolto, per così dire, da altre questioni a cui si collega. Per ciò ritengo prioritaria la necessità di capire la natura del problema e studiarne i collegamenti con altri nodi irrisolti della nostra scuola. E questo non per allargare il quadro e "sfocalizzare" il problema, ma per aggredirlo, come si dice, dal versante giusto. E trovare probabilmente conferma al fatto che il problema dei debiti è il problema delle bocciature (che non è la stessa cosa della dispersione scolastica, per fortuna molto più circoscritta in questi ultimi tempi). E il problema delle bocciature è il problema di questa nostra scuola superiore che non sappiamo dove va e dei suoi insegnanti i dirigenti che non sanno dove andare.
Non starò a tirare in ballo a questo punto la centralità della motivazione allo studio, la qualità della relazione educativa e la individualizzazione dei percorsi nei processi di apprendimento. Come pure tralascio la carta del gioco di squadra del Consiglio di classe nella determinazione del successo scolastico.
Sono ovviamente cose importanti e serissime che ci diciamo da una vita, che richiedono però tempi lunghi (ma bisognerà pur cominciare prima o dopo, in modo sistematico e diffuso, se si vuole fare sul serio).
Ma vorrei che si evitasse soprattutto di parlare ancora di corsi di recupero e di sostegno. Basta. Abbiamo sperimentato che non servono a nulla. Sono solo un dispendio di soldi e di energie. Aboliamoli una volta per tutte. Dubbi?
Recuperare pratiche didattiche efficaci, investire in sviluppo professionale
Puntiamo invece tutto su pochi e verificabili obiettivi concreti.
Per esempio: le pratiche didattiche laboratoriali, attive e resposansabilizzanti.
Oppure (e anche): investiamo tutto su una cultura valutativa, a cui conseguano pratiche coerenti, per docenti e studenti, finalizzate a miglioramenti continui, definiti e condivisi. Avendo di mira i traguardi possibili per situazioni date.
O, ancora (e chiudiamo il cerchio, in questa fase): diamo importanza reale ad ambiente e clima scolastico.
Puntiamo tutto, in altri termini, a recuperare (solo in questo contesto userei il termine) la qualità dell'insegnamento, la cura del proprio lavoro. Da vedere in concreto come risultato di momenti autoformativi coincidenti con gli incontri previsti istituzionalmente tra i docenti di una scuola (le riunioni di materia e di dipartimento, i consigli di classe, i gruppi di lavoro…). Non inventiamoci altre cose. Qualifichiamo quello che facciamo. Tanto per cominciare.
L'autoformazione comunque al primo posto, a partire da un utilizzo coerente degli spazi istituzionali.
Ovviamente qui l'autoformazione è progetto. E richiede quindi una regia, un'idea mobilitante di partenza, un lavoro istruttorio volto a individuare le aree di difficoltà e le vie per uscirne o circoscriverle, risorse a riconoscimento, coordinamento e responsabilità interne, supporti esterni. E quindi, in prima battuta, un Dirigente scolastico all'altezza del suo compito.
E' questa la sfida che dovrebbe essere lanciata alle nostre scuole o, se preferite, che dovremmo lanciare all'interno delle nostre scuole, utilizzando funzionalmente le risorse che abbiamo e rivendicandone delle altre.
Il ministro ha stanziato al riguardo 30 milioni di euro. Bene. Chiediamo di investirli sullo sviluppo delle professionalità attraverso pratiche diffuse ed esperte di autoformazione più o meno guidata. A partire dalle competenze valutative (autovalutative e formative) e della didattica attiva (i ragazzi devono sapere cosa studiano, a cosa servono le cose che imparano, dove li si vuol condurre e in che modo, cosa si richiede loro e su cosa saranno valutati e in che modi e in che tempi, e sempre perché; e gli insegnanti, per parte loro, non possono continuare a ridurre l'insegnamento a spiegazione e interrogazione, come spesso ancora accade, anche se in misura meno diffusa di alcuni anni fa).
Fare meglio le cose che si fanno privilegiando l'intenzionalità dei processi e l'organizzazione interna: se lavoriamo in questa direzione anche il discorso di debiti potrà svilupparsi con modalità diverse e più positive e le cose che facciamo adesso avranno senso e produrranno in seguito forse qualche risultato in più .
D'altra parte, la misura adottata per gli esami di stato, che obbliga all'estinzione di tutti i debiti come condizione per l'ammissione, dovrebbe molto contribuire a circoscriverne le criticità.
Anche gli esami di riparazione (liberati degli aspetti non più riproponibili - come il lasciare interamente alle famiglie la responsabilità della preparazione -) potranno allora essere eventualmente ripresi in considerazione, se cambierà il quadro di riferimento.
Un'ipotesi di lavoro
Si può anche pensare a due diverse modalità. La prima, per il biennio, riconducibile alle procedure attualmente previste per l’assolvimento dei debiti, dentro però logiche professionali e organizzative innovative – che potrebbe essere quello sopra descritte - (queste modalità sarebbero d’altra parte più in linea con i criteri sia della continuità rispetto al percorso precedente, sia della maggiore responsabilità della scuola, trattandosi del nuovo obbligo scolastico). La seconda, per il triennio, riconducibile a procedure più severe - esami veri e propri (il cui superamento è condizione per l’ammissione all’anno scolastico seguente) almeno su quelle unità didattiche o moduli la cui padronanza è prerequisito per una efficace frequenza della classe successiva -; e ciò, a sottolineare la maggiore responsabilità degli studenti e delle famiglie e i più alti livelli di autonomia a cui sono chiamati.
L'importante in questa fase è, comunque, non tanto che se ne parli, quanto che ci si pensi. E non solo al Ministero. Ma soprattutto nelle scuole e nelle altre sedi di confronto e proposta.
Antonio Valentino