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ScuolaOggi: Chiamiamo le cose con il loro nome: Soldi pubblici alle scuole private

Ed ora, a fronte di una scuola pubblica (statale) praticamente in ginocchio quanto a tagli di organici, riduzione di finanziamenti (funzionamento ordinario, ecc.), la Gelmini ha l’ardire di riproporre un ulteriore sostegno economico alle scuole private. Che dire? La destra fa indubbiamente il suo mestiere, ma non sarebbe ora che anche la sinistra, all’opposizione, facesse dignitosamente il suo?

20/06/2009
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ScuolaOggi

Gianni Gandola

Com’è noto la questione della “parità” scolastica fra scuole statali e non statali (private) e soprattutto quella dei finanziamenti pubblici alle scuole paritarie (private) costituiscono senza dubbio un tema delicato quanto controverso, sul quale vi sono pareri diversi e divisioni trasversali (soprattutto all’interno del centro sinistra in senso lato).
Tutto parte dal famoso art.33 della Costituzione che prevede che spetta alla Repubblica istituire scuole statali per tutti gli ordini e gradi e che enti e privati hanno il diritto di istituire anch’essi scuole e istituti di educazione ma “senza oneri per lo Stato”.
Cosa implicasse questa precisa dicitura era ben chiaro ai padri costituenti e lo è stato per quarant’anni nella storia della Repubblica per gli stessi governi a guida democristiana. Come ricorda Curzio Maltese nel suo libro “La questua” (Feltrinelli ed.) “sempre, da De Gasperi in poi la DC aveva rifiutato di finanziare con soldi pubblici le scuole e la sanità private, che in Italia significa al novanta per cento: cattoliche.” Forse non ci si è soffermati a riflettere abbastanza su questo fatto, che la dice lunga su come venisse interpretata la frase “senza oneri per lo Stato” perfino da un partito confessionale come la DC.
Per non dire delle forze politiche presenti in Parlamento. Nel 1964 un governo presieduto da Aldo Moro venne battuto alla Camera e messo in crisi proprio per aver proposto un modesto finanziamento alle scuole materne private.
Ironia della sorte vuole che sarà un governo di centro-sinistra a guida postcomunista (governo D’Alema, ministro dell’istruzione Berlinguer) ad aprire le porte, di fatto, con la legge sulla parità scolastica (legge 62/2000), ai finanziamenti alle scuole private. In realtà la legge 62 riconosceva alle scuole private paritarie di svolgere un servizio pubblico, ma non prevedeva finanziamenti in quanto tali, in quanto rifinanziava i contributi (sussidi) per le scuole elementari parificate e materne non statali previstedalle leggi del 1925 e 1962.
Il ragionamento di fondo, comunque, che sta alla base del riconoscimento della “parità scolastica” è che anche le scuole non statali (private o degli enti locali), in quanto svolgono un servizio pubblico e accettano di adempiere a determinati requisiti (strutture idonee, programmi nazionali, ordinamenti dell’istruzione, bilanci pubblici…) fanno parte del “sistema nazionale dell’istruzione”. (Salvo poi la totale mancanza di verifiche sul funzionamento effettivo di questi istituti e sul rispetto delle regole e delle condizioni previste. Per non parlare della difformità di trattamento con le scuole statali sul reclutamento dei docenti o sulla “selezione” degli alunni, a partire dalla presenza di portatori di handicap o stranieri, o ancora sul numero minimo di alunni per classe…).
Naturalmente la Moratti, ministro dell’Istruzione durante il successivo quinquennio di Berlusconi, utilizzò ampiamente la legge Berlinguer per finanziare le scuole private (scuole dell’infanzia e primarie).
La legge finanziaria del 2006 (comma 635, Finanziamenti scuole non statali) e la legge n.27/2006 (ministro Fioroni) estendono il diritto al finanziamento a tutti gli ordini di scuola, dall’infanzia alle superiori. Queste hanno diritto all’assegnazione di contributi (finanziamenti) da parte dello Stato per la funzione pubblica che svolgono, a condizione che autocertifichino (sic) di non avere “fini di lucro”.
Aperto un simile varco per i finanziamenti pubblici alle scuole non statali (chiamiamole con il loro nome: private), non stupisce che sia oggi la Gelmini ad affermare (vedi intervista al Corriere della Sera del 18.6.2009) che sta pensando ad un “sostegno economico” o bonus per chi studia alle private. “Costituzione alla mano – dice la Gelmini - voglio che tutti abbiano il diritto di scegliere se andare alla scuola pubblica o alla scuola paritaria. Quindi, siccome le scuole paritarie costano, sto pensando ad una riforma che dia la possibilità di accedere ad un bonus a chi vuole frequentarle. Un po’ come succede già in Lombardia”. La Gelmini dimentica che non è in discussione la “libertà di scelta” delle famiglie, diritto costituzionale, ma semmai la spinosa questione del “senza oneri per lo Stato”. E qui, ancora una volta, di oneri per le finanze dello Stato ce ne sono, anche se aggirati dall’ipocrita soluzione del contributo dato alle famiglie e non direttamente alle scuole. Perché, gira e rigira, lì si torna. Al punto di partenza.
Ma al di là del dibattito “politico-ideologico” sul significato del dettato costituzionale in materia (il “senza oneri per lo Stato”) pure non irrilevante e che qualche riflessione autocritica all’interno della sinistra dovrebbe riaprire, quello che è francamente scandaloso è quanto sta avvenendo proprio sotto il governo della scuola Gelmini-Tremonti (e magari da un po’ di anni a questa parte).
Occorrerebbe fare un’analisi comparata sui finanziamenti erogati dallo Stato alle scuole statali e a quelle non statali. Probabilmente risulterebbe un dato costante: progressiva diminuzione da una parte e crescita dall’altra.
Ed è proprio questo che è paradossale! Lo Stato riduce investimenti e risorse nella scuola pubblica-statale a fronte di un aumento di finanziamenti alle scuole “private” che svolgerebbero un “servizio pubblico” (sic).
D’altra parte è significativo quello che è avvenuto in fase di finanziaria 2009, ove in un primo tempo erano previsti da Tremonti tagli anche per le scuole paritarie. Tagli immediatamente ritirati al primo stormir di fronde, dopo le proteste e le minacce di mobilitazione (proprio così!) da parte dei vescovi. Ragion per cui alle scuole private sono stati assegnati 120 milioni di euro.
Ed ora, a fronte di una scuola pubblica (statale) praticamente in ginocchio quanto a tagli di organici, riduzione di finanziamenti (funzionamento ordinario, ecc.), la Gelmini ha l’ardire di riproporre un ulteriore sostegno economico alle scuole private. Che dire? La destra fa indubbiamente il suo mestiere, ma non sarebbe ora che anche la sinistra, all’opposizione, facesse dignitosamente il suo?


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