ScuolaOggi: Chi ha fatto Hara-Kiri
di Pippo Frisone
Hara-Kiri nella cultura e tradizione giapponese dei Samurai era una forma ritualizzata di suicidio. Gli aspiranti suicidi si squarciavano l’addome con una lama affilatissima, vibrando un colpo netto e mortale in orizzontale da sinistra a destra. Il colpo veniva inferto nell’addome perché secondo quella antica tradizione lì risiedevano le forze vitali dell’uomo. Seguiva la decapitazione del suicida eseguita di solito da un suo fedele assistente.
Il rituale di cui ci occuperemo non si svolge nel Giappone feudale bensì nell’ Italia contemporanea.
Nasce col cosiddetto Piano industriale del governo sulla P.A. e con l’accordo quadro separato sui nuovi modelli contrattuali del 22.1.09 ; prende il via in Parlamento prima con la Leggen.15/09 e poi col decreto applicativo n.150/09, l’ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza della Pubblica Amministrazione.
Questo rituale si consuma con quasi tutte le parti sociali, ad eccezione della CGIL, con gli accordi separati , poi nelle aule parlamentari e a Palazzo Vidoni, sede del Ministero della Funzione Pubblica.
Riforma della P.A. quasi bipartisan con le opposizioni astenute al Senato e contro alla Camera , ma sostanzialmente d’accordo. Le grandi Confederazioni sindacali, dalla Cisl di Bonanni alla Uil di Angeletti, dall’UGIL della Polverini alla Confsal, si sperticano in apprezzamenti, secondi solo alla Confindustria.
La CGILsi tirerà fuori da tutti i tavoli, in splendido isolamento.
Ma quando dai principi generali si passa alle disposizioni attuative, nell’addome squarciato del Sindacato, rimane ben poco della forza vitale.
Dopo il hara-kiri, messo metaforicamente in scena, da Bonanni-Angeletti-Polverini, è arrivata, sempre metaforicamente nel rispetto del rituale, la decapitazione del Sindacato, strenuamente perseguita dal Ministro Brunetta.
Dal 15 novembre, data di entrata in vigore del decreto 150/09, il mondo del lavoro dipendente, pubblico e privato che tanto faticosamente per vent’anni ha percorso la strada della riunificazione delle regole contrattuali, si ritrova d’un sol colpo diviso e ricacciato all’indietro, in un passato che pensavamo di esserci lasciato oramai alle spalle.
Divisioni sindacali profonde, lavoratori pubblici messi alla gogna mediatica come fannulloni, con tagli pesantissimi dei posti di lavoro e risorse sempre più scarse.
Ridotto il potere d’acquisto dei salari, con una contrattazione a due livelli che va a privilegiare quella integrativa, sempre più povera di risorse e di materie da contrattare, e dove a far la voce grossa nel pubblico impiego è sempre più il datore di lavoro, lasciando al sindacato solo le briciole.
Organizzazione del lavoro, mobilità, carriere, premi e merito, procedure e sanzioni disciplinari, vengono scippati d’un sol colpo dai contratti e regolamentati per legge.
Il centralismo burocratico che è altra cosa rispetto al federalismo, al decentramento e all’autonomia, è lì a reclamare fedeltà e ubbidienza dai suoi dipendenti e non è un caso che viene reintrodotto il giuramento all’atto dell’assunzione.
Il bastone viene esercitato a tutti i livelli : dal Ministro sui Direttori generali, da questi sui Dirigenti e da questi ultimi sui dipendenti in rigido rapporto gerarchico.
Quei sindacati che polemizzavano sulle RSU, non vedevano o non volevano vedere la trave che il Governo col decreto 150/09 gli stava conficcando negli occhi.
Certo è che se siamo giunti a questo punto, a questa deriva centralista e di rilegificazione , consegnando al potere politico tutto il pubblico impiego e la scuola, la colpa è un po’ di tutti.
Delle OO.SS. , CGIL compresa, che neppure col centrosinistra erano riusciti a mettere ordine sulle carriere per via contrattuale. Neppure quando questo era avvenuto, vedi art.29 col tanto vituperato concorsone, si è preferito dimissionare il Ministro Berlinguer e lasciare le cose come stavano.
In politica si sa il vuoto non esiste e francamente vent’anni d’inerzia contrattuale e veti incrociati francamente sono troppi.
Bisogna prendere atto di una sconfitta che è bruciante per tutto il sindacato e che è difficile recuperare nel breve periodo, anche perchè i cocci rimasti sul terreno non consentiranno nell’immediato di ricomporre quel che è stato rotto.
La ripresa dell’unità sindacale il ribaltamento del quadro politico, sono l’unica speranza che rimane a un ammaccato e incerto centrosinistra e a quanti, oggi, schierati all’opposizione, non accettano più che la nostra Repubblica, in spregio anche alla Costituzione, sia continuamente rivoltata come un calzino.